mercoledì 16 novembre 2016

CATALDO SENZA PIZZA - Racconto di Pio Antonio Caso






Pesce Fritto aveva due ingressi, uno sulla Marina e uno su Via Garibaldi: sull'uscio di questo, don Peppino Albano, il proprietario, e alcuni camerieri osservavano il passaggio della Madonna Addolorata.
Pesce Fritto e il Gambero erano i due ristoranti più famosi di Taranto.
Ma Gesù Cristo cominciava a dargli fastidio, specialmente a don Peppino Albano, che roso dall'invidia, aveva pronosticato la chiusura in tempi brevi a Peppino, che gli aveva replicato: "Da noi ci sarà sempre un posto da lavapiatti per te".
Tra i camerieri ce n'era uno dall'aspetto particolare: Cataldo, soprannominato Senza Pizza, che sembrava un pinguino vestito da uomo.
Il fatto era che don Peppino, ristoratore del tempo, aveva una maniera particolare di gestire i propri affari: la mattina si faceva colazione tutti insieme, cuochi e camerieri, con l'acqua sale, cioè il pane raffermo del giorno prima, inumidito con l'acqua e condito col sale, e nient'altro; per divisa le giacche bianche erano di misura unica, cioè extralarge. Il conto poi, era ad personam: se il cliente sembrava danaroso, i tubettini alle cozze si trasformavano in rubini, la frittura in diamanti e la cifra del conto assumeva dimensioni da bilancio di stato. Ma Pesce Fritto era un'istituzione e i veri tarantini dovevano andarci almeno una volta in vita loro.
Pasquale e Maria, una sera di fine febbraio 1952, avevano cenato lì, ben bevuto e ben mangiato, avevano preso la carrozza a cavallo di Mimino Camposanto e, una volta a casa, avevano concreato Tonino.
Si partoriva in casa, con l'aiuto dell'ostetrica, che diventava la comarella. Quella che prese Tonino si chiamava Anna Miceli. Una donna emancipata, per quei tempi. Una delle prime donne di Taranto a guidare l'auto, fumare in pubblico e a non mostrare quel timore tutto casalinga nei confronti dei maschi.
Pasquale e Maria festeggiarono con una cena da Pesce Fritto la nascita del loro undicesimo figlio, invitando Anna Miceli. A servirli Cataldo.
Cataldo era alto poco meno di Sciaboletta, il re Umberto. Portava i capelli, imbrillantinati, pettinati all'indietro, che gli davano l'aspetto di un motociclista col casco di cuoio in testa. La giacca bianca, di tante misure più grandi della sua taglia, gli cadeva al ginocchio. Il papillon nero gli strozzava la gola, nonostante il ripetuto gesto con l'indice, tra collo e camicia, per allentare la pressione sulla giugulare, che col tempo era diventato un vero e proprio tic nervoso. Un tovagliolo appoggiato sull'avambraccio lo faceva sembrare un ussaro appena sceso da cavallo, tanto strana era l'andatura che il cameriere teneva, tra la cucina e i tavoli, portando i piatti avanti e indietro per il lungo corridoio del ristorante.
Cataldo aveva tre figli, venuti al mondo grazie alla concorrente di Anna, la signora Fumarola.
Questo, Anna, non poteva sopportarlo. Lei si considerava la Sant'Anna di Taranto.
Non perdonando a Cataldo l'oltraggio, Anna cominciò a stuzzicarlo sin dal momento della comanda.
"Avete la pizza?" – giocando sul doppio senso, Anna intendeva mettere in imbarazzo il timido cameriere.
"Non la serviamo, signora. Questo è Pesce Fritto, non una pizzeria".
"Allora, se non avete la pizza, siete senza pizza!".
"No, signora. La pizza ce l'abbiamo, ma non la serviamo a chicchessia".
"Maleducato, screanzato, villanzone: come vi permettete di offendere una signora?".
"Io non volevo offendere nessuno. Mi avete chiesto se avessimo la pizza e io vi ho risposto educatamente che non l'abbiamo".
Mentre si svolgeva questo dialogo serrato e stralunato, entrava Ignazio Campese, il guardiano del ristorante, addetto alle auto parcheggiate davanti all'ingresso. Questi sentì e memorizzò tutto.
Alla fine della cena, Ignazio si affacciò per chiamare Cataldo ed avvisarlo che la carrozza di Camposanto era arrivata per riportare Pasquale e Maria a casa:
"Tu, Senzapizza, avverti Gesù Cristo che la carrozza è arrivata: e a quest'ora è già un miracolo. Per te, però, non ci sono speranze: senza pizza sei e senza pizza rimani!".
Tra i presenti scoppiò una fragorosa risata. Anna aveva uno sguardo trionfante.
Cataldo ebbe altri tre figli, tutti presi dalla Miceli. Ormai però il nome gli era stato dato e gli rimase per il resto della vita.


PIO ANTONIO CASO




Genitori di Pio Antonio Caso














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