giovedì 20 ottobre 2016

Lettera d'amore di Francesca Dono



Milano, 24/03/2012


Caro, anche qui ora, mentre scrivo, la tua idea viene prima del mare che ci divide. Perfetta a questo dito indice intanto che mi ritorna come insegna luminosa fino alla nostra casa. Ti vedo seduto in quel piccolo studio. In solitudine. Nell’ovvietà dei pomeriggi accaldati di quel paese lontanissimo. Aspettare, aspettare te è un sonno leggero che s’affretta al mattino dopo e ancora all’altro dopo. E’ vita che perdo, caro amore, in ogni minuto. Sono in cucina, immobile davanti la mia solita tisana. Verso l’ennesima sera dove la solitudine cade sulle ombre che si allungano sgonfie e verso il tuo viso sfocato. Mario ieri ha dipinto il cancello che da sull’orto. Lui diceva che era ancora in buono stato ma, io vedevo il legno tarlato e stretto all’apertura della serratura nuova. Così l’ho fatto sanare per ridipingere tutto verde. Verde come il nostro orto-giardino pieno di semine e verdure tra i gerani che devono sbocciare. Mi giunge il tempo ai nostri primi anni. Ti ricordi? Adattarsi in quella vecchia casa di famiglia, improvvisati e folli con quattro cieli di sogni. Noi a tutti i costi decisi e squattrinati a stare insieme mentre dal tetto pioveva sempre dallo stesso punto. Tuttavia accucciati nell’umido del nostro letto con Zara e le sue zampe sopra l’unico cuscino della nostra camera. La nostra bestiolina pelosa. E stasera, amore mio, c’è la luce giusta proprio sulla finestra. In un certo senso entra dritta e vicino alla penombra della tua poltrona. Dietro la mensola dove svettano usurati i tuo libri di anatomia. Indosso il tuo pullover, quello a scacchi. Mi fa sostegno perché ancora inzuppato del tuo odore. Lo vezzeggio mentre mentalmente conto le tue parole, i dettagli di ogni filo rosso di quei quadrati così infilati accuratamente dentro la tua voce. Ti ho scritto che ti amo? Poco male, amore mio, lo farò adesso. Ti amo. Apri il muro dello studio e cercami con le labbra fino a diventare il ramo di questo oleandro che vedo dal riflesso del davanzale Cullarsi nella nenia del vento che vende a caso e per domani non sa ancora quale gioco immaginare. Ecco, vado a letto. Ti amo. Permettimi il bacio della buonanotte. Guardo il mio corpo nel tuo. Al di là del confine e della cartina geografica. Questa specie di voglia inattesa l’ho chiamata “sindrome del follicolo”. Non ridere. E’ in onore al mio essere femmina quando ti penso tra le pagine sfogliate della mia carne. Si, senza pudore. In quella nudità crespa e bianca che va e viene. In ogni caso una marea. Potremmo pensarci con questo scatto d’istante: complici allo specchio di questa stanza per la nostra fame di sesso e di anime. Dimmi che mi vorresti voluttuosa ma sempre contraddittoria alle mie enormità difettose. So che tutte le mie idee balzane ti meravigliano. Io, poi, dimentico appena dopo. Tu sai già. Sono pensieri. Pensieri fuori dal quotidiano. Esclusi da ogni ora ordinaria. Scivolano. Scivolano senza ordine e senza meta. Mi sembra di scrutare i tuoi occhi accovacciati dentro la vena calda del cuore. Sotto il lenzuolo che va a formare il tuo calco e mi respira accanto. Pochi giorni, amore. L’ultima prova della distanza.
Ti bacio.

FRANCESCA DONO




Francesca Dono

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