Antonio
guardava la Donna di Quadri, gelosamente conservata e difesa fino all'ultima
mano, con la stessa voluttà con la quale sorseggiava il suo quartino di
generoso vino siciliano. Il Perugino realizzò che il cappotto era svanito,
mentre appariva sul tavolaccio quella carta che metteva fine al progetto di
vincere la posta nel piatto. Anzi, adesso avrebbe dovuto pagare l'intera posta.
E le consumazioni pure: una polpetta in punta di forchetta a ciascuno dei
quattro giocatori, un quartino di vino a testa e la “casa”, la tassa del
cantiniere per l'uso delle carte, del tavolo e dell'accondiscendente silenzio
per la presenza di un latitante ricercato nel proprio locale.
La
Cantina, la strada dov'era situata, la piazza vicina, tutto il paese intero,
era sotto la protezione di don Guido l'Alchimista. Si diceva, anzi si mormorava
a bassissima voce, che neanche le mosche volavano senza il consenso del potente
uomo di scienza. Figurarsi poi se in un impeto d'ira, mai facilmente
controllata, qualcuno avesse messo mano a un coltello, se non per sbucciare una
mela. Tutte le questioni d'onore tra uomini dovevano essere sottoposte al
vincolante parere dell'uomo col sigaro. Sigaro eternamente spento. Una prova di
ferrea volontà, da parte dell'uomo, di smettere col vizio del fumo. Un
messaggio implicito a tutti di sacrificio personale, per rimanere integro,
senza alcuna schiavitù verso il più innocente dei vizi.
I
giocatori sciamarono fuori dalla cantina, strascicando le parole che pensieri
veloci accavallavano dentro bocche all'improvviso secche e senza saliva.
Antonio
si rivolse verso il Perugino: “I debiti di gioco vanno saldati subito”.
L'ometto,
che di professione era il veterinario del paese, si era da poco separato dalla
moglie, anzi ne era stato lasciato, per via di certe sue poco ortodosse scelte
sessuali. Stava attraversando un periodo stressante che acuiva la peculiare
mancanza di educazione e ne accentuava l'indole prevaricatrice, tipica dei
deboli di carattere.
“Al
momento non ho denaro con me. Stamane ho operato una pecora, azzannata da un
lupo. Una pecora di don Guido. Quando lui mi pagherà, pagherò voi”.
“Che
voi vi sedeste al mio tavolo di gioco, senza denari sufficienti, è già una
mancanza di riguardo. Avreste dovuto dichiarare prima che il gioco iniziasse, la
quantità di denaro disponibile. Se e solo dopo, i componenti del gioco avessero
accettato e solo e se tutti vi avessero concesso fiducia, solo allora avreste
potuto giocare. Mi sembra evidente però che voi la fiducia non la meritiate.
Come non meritate di dubitare della correttezza di don Guido. Appena lo verrà a
sapere, sarete immediatamente pagato per quel che vi spetta”.
“E
chi glielo andrà a ridire? Voi, Antonio? Ma certo, siete il leccapiedi di
quella sorta di Sindaco del Rione Sanità e certamente...”
Il
Perugino non finì la frase. Mentre i due parlavano, si erano avvicinati sotto
il terrazzino della casa di don Guido. Questi, poggiato con le braccia conserte
alla verde ringhiera, con un mozzicone di sigaro spento tra le labbra, guardava
in basso e ascoltava con un simulato disinteresse gli uomini usciti dalla
cantina.
Antonio
guardò Guido negli occhi. I due si fissavano silenziosi, ma come due anacoreti
che avevano ricevuto l'Illuminazione, non pronunciarono una sola parola. Il
silenzio, rotto dal frinire di una sola cicala, dalle grida di bambini
impegnati in qualche loro gioco sulla prospiciente aia e da quelle delle loro
madri che li richiamavano e invitavano al ritorno a casa, sembrava denso di una
sostanza gassosa prossima alla solidificazione.
L'uomo
col sigaro spento sembrava suggere dal mozzicone tutta l'aria intorno. La
respirava profondamente. Quell'aria calda del pomeriggio afoso alle pendici del
vulcano che tante visioni provocava in quelle anime, le più candide e meno
difese, di coloro che si recavano a Belpasso, in visita a una Madonna che
appariva e pronunciava parole di pace e speranza per tutti i pellegrini.
Quell'aria fuoriusciva dal naso e dalla bocca dell'Alchimista pura come aria di
montagna al primo mattino. Un gelo si diffuse rapido e tra gli uomini col capo
alzato verso il terrazzino un vento come di spirito che passa, come gelo di un
fantasma, come gelo di morte, gelò le tempie.
Solo
Antonio appariva calmo nella consapevolezza e nella conoscenza di ciò che
sarebbe accaduto. Un conoscere il prossimo futuro per averlo visto e
interpretato negli occhi dell'uomo con il sigaro.
Dall'alto
calò più che la voce di don Guido, una pesantezza di parole che pochi sarebbero
in grado di portare, nelle orecchie e nei cervelli e ancor meno, nei cuori.
“Dottore,
mi farete il piacere di farmi conoscere il vostro onorario. Antonio, vi vedo
scarico a favella e scarico a coltello. Vi butto giù la mia giacca, dentro le
tasche c'è tutto l'occorrente per pagare il Dottore. Mi raccomando, non
chiedete sconti. Pagate tutto e trattenete la vostra vincita”.
23
agosto 2011 alle ore 1:28
PIO ANTONIO CASO
Pio Antonio Caso |
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