martedì 16 agosto 2016

L'UOMO COL SIGARO SPENTO - Racconto di Pio Antonio Caso


















Antonio guardava la Donna di Quadri, gelosamente conservata e difesa fino all'ultima mano, con la stessa voluttà con la quale sorseggiava il suo quartino di generoso vino siciliano. Il Perugino realizzò che il cappotto era svanito, mentre appariva sul tavolaccio quella carta che metteva fine al progetto di vincere la posta nel piatto. Anzi, adesso avrebbe dovuto pagare l'intera posta. E le consumazioni pure: una polpetta in punta di forchetta a ciascuno dei quattro giocatori, un quartino di vino a testa e la “casa”, la tassa del cantiniere per l'uso delle carte, del tavolo e dell'accondiscendente silenzio per la presenza di un latitante ricercato nel proprio locale.
La Cantina, la strada dov'era situata, la piazza vicina, tutto il paese intero, era sotto la protezione di don Guido l'Alchimista. Si diceva, anzi si mormorava a bassissima voce, che neanche le mosche volavano senza il consenso del potente uomo di scienza. Figurarsi poi se in un impeto d'ira, mai facilmente controllata, qualcuno avesse messo mano a un coltello, se non per sbucciare una mela. Tutte le questioni d'onore tra uomini dovevano essere sottoposte al vincolante parere dell'uomo col sigaro. Sigaro eternamente spento. Una prova di ferrea volontà, da parte dell'uomo, di smettere col vizio del fumo. Un messaggio implicito a tutti di sacrificio personale, per rimanere integro, senza alcuna schiavitù verso il più innocente dei vizi. 
I giocatori sciamarono fuori dalla cantina, strascicando le parole che pensieri veloci accavallavano dentro bocche all'improvviso secche e senza saliva. 
Antonio si rivolse verso il Perugino: “I debiti di gioco vanno saldati subito”.
L'ometto, che di professione era il veterinario del paese, si era da poco separato dalla moglie, anzi ne era stato lasciato, per via di certe sue poco ortodosse scelte sessuali. Stava attraversando un periodo stressante che acuiva la peculiare mancanza di educazione e ne accentuava l'indole prevaricatrice, tipica dei deboli di carattere.
“Al momento non ho denaro con me. Stamane ho operato una pecora, azzannata da un lupo. Una pecora di don Guido. Quando lui mi pagherà, pagherò voi”.
“Che voi vi sedeste al mio tavolo di gioco, senza denari sufficienti, è già una mancanza di riguardo. Avreste dovuto dichiarare prima che il gioco iniziasse, la quantità di denaro disponibile. Se e solo dopo, i componenti del gioco avessero accettato e solo e se tutti vi avessero concesso fiducia, solo allora avreste potuto giocare. Mi sembra evidente però che voi la fiducia non la meritiate. Come non meritate di dubitare della correttezza di don Guido. Appena lo verrà a sapere, sarete immediatamente pagato per quel che vi spetta”.
“E chi glielo andrà a ridire? Voi, Antonio? Ma certo, siete il leccapiedi di quella sorta di Sindaco del Rione Sanità e certamente...”
Il Perugino non finì la frase. Mentre i due parlavano, si erano avvicinati sotto il terrazzino della casa di don Guido. Questi, poggiato con le braccia conserte alla verde ringhiera, con un mozzicone di sigaro spento tra le labbra, guardava in basso e ascoltava con un simulato disinteresse gli uomini usciti dalla cantina. 
Antonio guardò Guido negli occhi. I due si fissavano silenziosi, ma come due anacoreti che avevano ricevuto l'Illuminazione, non pronunciarono una sola parola. Il silenzio, rotto dal frinire di una sola cicala, dalle grida di bambini impegnati in qualche loro gioco sulla prospiciente aia e da quelle delle loro madri che li richiamavano e invitavano al ritorno a casa, sembrava denso di una sostanza gassosa prossima alla solidificazione. 
L'uomo col sigaro spento sembrava suggere dal mozzicone tutta l'aria intorno. La respirava profondamente. Quell'aria calda del pomeriggio afoso alle pendici del vulcano che tante visioni provocava in quelle anime, le più candide e meno difese, di coloro che si recavano a Belpasso, in visita a una Madonna che appariva e pronunciava parole di pace e speranza per tutti i pellegrini. Quell'aria fuoriusciva dal naso e dalla bocca dell'Alchimista pura come aria di montagna al primo mattino. Un gelo si diffuse rapido e tra gli uomini col capo alzato verso il terrazzino un vento come di spirito che passa, come gelo di un fantasma, come gelo di morte, gelò le tempie.
Solo Antonio appariva calmo nella consapevolezza e nella conoscenza di ciò che sarebbe accaduto. Un conoscere il prossimo futuro per averlo visto e interpretato negli occhi dell'uomo con il sigaro.
Dall'alto calò più che la voce di don Guido, una pesantezza di parole che pochi sarebbero in grado di portare, nelle orecchie e nei cervelli e ancor meno, nei cuori.
“Dottore, mi farete il piacere di farmi conoscere il vostro onorario. Antonio, vi vedo scarico a favella e scarico a coltello. Vi butto giù la mia giacca, dentro le tasche c'è tutto l'occorrente per pagare il Dottore. Mi raccomando, non chiedete sconti. Pagate tutto e trattenete la vostra vincita”.

23 agosto 2011 alle ore 1:28
PIO ANTONIO CASO




Pio Antonio Caso


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