TANGO A TUTTO TONDO
Il
tango argentino, nelle sue colorite, sanguigne declinazioni passionali,
sbrigliate, nostalgiche, altamente coreografiche, è stato il protagonista del
terzo appuntamento della stagione al Teatro Verdi di Brindisi, martedi 29
dicembre 2015, alle 20,30.
“Revelaciόn:
a la sombra de un tango, abrázame por siempre”, proposto dalla Compagnia
italo-argentina “Anita”, su coreografie di Laura Roatta, Romina Levin e
direzione artistica di Adriano Mauriello, strepitoso performer già Acadèmico
honoris causa dell’Academia Nacional del Tango a Buenos Aires, patria
riconosciuta di una danza stregata, che nel settembre 2009 l’Unesco ha
dichiarato Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, si è rivelato uno
spettacolo di poliedriche rifrazioni, denso di metafore e simboli, icone e
sottotracce: avvalendosi delle note originali di Lisandro Adrover, e inserendo
una ‘variatio’ di “E lucean le stelle” di Puccini dalla Tosca, sonata col
bandoneon, la rosa scenica si schiude subito, testo e regia collaborano nel
titillare e dirigere l’emozione verso connotazioni e significazioni forti, i
ballerini sprigionano l’anima palpitante e irredenta, non limitandosi ad un
disegno esteriore, ma dimostrando effettiva metabolizzazione di un personale
tragitto interpretativo. Non dunque asciutti materiali metateatrali, ma
pulsazioni vivide di cuori, viscere, rovente sangue in corsa verso il climax
drammatico e struggente. Il tango non conosce lieto fine, balena e si smarrisce
in mille vibrazioni dello spirito/carne, si fa di volta in volta esplosione di
gioia, o Stimmung, atmosfera, disposizione umorale che è nostalgia apparentata
con un refolo d’angoscia, un presentire che turba; si snoda nelle più
differenziate sequenze, magiche, abbaglianti; il tango diviene la propria
personale e collettiva Heimat e la milonga la sua Landschaft, lo sfondo, il
‘paesaggio’.
Carlos
Gavito, il più grande tanguero del mondo (spentosi nel 2009), afferma: “Il
tango è un’ossessione. Per il tanguero è una parte della vita come mangiare e
dormire. Erotica, inquietante e malinconica, la danza coinvolge non solo il
corpo ma anche l’anima. Il segreto del tango sta in quell’istante di
improvvisazione che si crea tra passo e passo. Rendere l’impossibile una cosa
possibile: ballare il silenzio.”
E
dal libro di Elia Barcelò (“Cuore di tango” ed. Voland): “Non c’è altra
attività civilizzata in cui il maschio della specie umana possa marcare ciò che
desidera e in cui la donna decida di seguirlo, consegnandosi fiduciosa, sicura.
Il tango argentino è l’unico contratto che non si può rompere.”
Non
ultimo, Jorge Luis Borges dedica memorabili parole alla definizione di tango:
“Vi sono cose antiche in quegli accordi, il tango sfida gli anni affaccendati,
di polvere e di tempo, l’uomo dura meno della più leggera melodia, ed il tango
crea un torbido passato ch’è irreale e in parte vero, un assurdo ricordo.”
Vero
è che in Borges il tango s’impregna di valenza mitologica, oltre che
antroposociale, essendo espressione di un popolo che si sforza di tracciare un
filo identitario; nell’immaginario del grande autore ha rudezza epica; si
ballava per le strade, nei sobborghi di Buenos Aires, le arrabas; la sua lingua
era lo slang degli immigrati, il lunfardo. Fatale che la strada di Borges
s’incrociasse con l’altro magnetico innovatore della cultura argentina, il
musicista Astor Piazzolla, che incorporò nel tango elementi del jazz, mentre
nella tradizione si identificava con il bandoneon; inoltre sia Borges sia Piazzolla
si distaccano dalle propaggini e dalle derivazioni sentimentali proprie di
Carlos Gardel, negli anni ’20 e ’30 del Novecento.
Adriano
Mauriello, già diplomato nel 1997 in Danze Caraibiche all’ A.N.M.B., per la
F.I.D.S. si diploma nel 2001 in Tango Argentino, Milonga, Tango Vals; percorso
d’ascesa che adesso lo conduce al ‘teatrotango’, ov’è sinergica la linea
narrativa del dramma, che riporta, nel quadro e nel climax della gelosia, della
rabbia e della vendetta, il tango alle origini, quando aveva polmone
arrabalero, apparteneva alle casas malas, al luccichío del coltello, al sangre
e al vino, prima di venire importato in quella che fu considerata la sua
seconda patria europea, Parigi, che ne raffina il carattere sensuale, per
dilagare a Berlino, Vienna, Roma, Londra e assurgere a “pensiero triste che
balla”, secondo Enrique Santos Discepolo. Mauriello qui innesta la vicenda
narrativa del ‘teatro nel teatro’ di pirandelliana ascendenza: durante le prove
matura il dramma che esploderà in un paradosso temporale, in distinta
alternativa (un songe, una rêverie, un delirio immaginativo della protagonista
disperata?) siglata però sempre dalla morte: prima del protagonista maschile,
Alejandro, poi della partner femminile, la contesa Catalina, ad opera del focoso
e stravolto Pedro (interpretato dall’attore Davide Cuorvo, reduce da Pinter e
Eros Alesi).
Le
scenografie di Gennaro Vallifuoco e le musiche dal vivo dell’Orchestra Anita
Tango, gli splendidi costumi di Miguel Mancera (uomini) e Tango Fashion by Emanuela
Pansera (donne) fanno il resto. Il M° Vallifuoco ha genialmente realizzato la
parziale ricostruzione dell’ingresso del Teatro Colόn di Buenos Aires e
l’ambiente simbolico, quasi sospeso, metafisicamente, in una bolla
spazio-temporale (l’adyton del café Tortoni); riadattando in una versione
attuale gli antichi elementi scenotecnici greci classici, i periaktoi, ha dato
una pennellata di collegamento tra un ieri atavico e l’oggi. Lo spettacolo
catalizza il respiro del pubblico, lo rapisce nel paso doble o nel rutilìo
roscio degli ombrelli (los paraguas), provoca con le impertinenze e le malizie
e i toni sensuosi delle coppie di ballerini, parla loro attraverso i codici dei
tre linguaggi, musicale, spaziale, canoro, a cui si aggiunge quello narrativo,
crea una partitura perfetta, anzi una (abile) tessitura di senso. E c’è anche
un altro movimento, che è quello formale della ‘poesia’ del gesto, del
carattere delle intenzioni, grazie all’equilibrio del ritmo e dell’armonia, che
addirittura si fanno ‘parola’, dialogano con gli spettatori, aprono a nuove
prospettive, caricano di ulteriori significati: le emozioni suscitate divengono
lirici vortici di senso.
Questa
rivisitazione teatrale del tango, la contaminatio dei generi dovrebbero
schiudere a Mauriello le porte del Teatro Tango a Milano, con sede presso ‘La
Scala della vita’; grazie allo scrittore/giornalista Paolo Pietroni, per la
prima volta in Europa nasce un teatro ispirato al tango (analogamente ripensiamo
al Tango Teatro aperto da Marcelo Guardiola nel 1999 a Buenos Aires); uno
specifico spazio ove celebrare e sperimentare il tango in tutte le sue
coniugazioni: addirittura alcuni Canti della Divina Commedia e la Mandragola di
Machiavelli si prestano ad essere riletti attraverso il filtro tanguero. Per
Pietroni, presidente del Teatro Tango, autore di due pièces, “Segreti” (regia
di Elisabetta Vicenzi) e “Artemide”, il tango non è ‘un pensiero triste che
balla’, ma “un tripudio di gioia, è arte dell’incontro, filosofia”.
Una
sottolineatura personale a Florencia Beltramo, che tocca – carismatica – il
diapason dell’‘entregarse’ nelle sequenze con ‘Alejandro’ e rivela gran classe
e limpida rarefazione, oltretutto essendole affidato lo scheletro del dramma,
che le consente di tirare il filo della trama nei quadri tra reale e fiabesco
nella milonga “El Deseo”. Si fa notare Giada Cambría, che – diplomata alla Mara
Fusco Lyceum di Napoli – studia recitazione a Roma presso “La Fonderia delle
Arti”, diretta da Giampiero Ingrassia.
E
di rigore vanno segnalati: Antonio Piccoli (San Giorgio a Cremano), Daniela
Orlacchio (maestra di danza, Terracina), significativi nelle coloriture;
Michele Lobefaro ed Emanuela Benagiano (entrambi di Bari), di estrema pulizia
nei mezzi espressivi; gli argentini Walter Suquia e Ayelen Sanchez,
dall’interpretazione raffinata e stringente; Luca Morale e Francesca Santangelo
(maestri di danza, Napoli), iconici con molta eleganza (la Santangelo bella
voce solista nella coreografia dei paraguas); Antonella Devastato e Francesco
Menichini (Marigliano) vibranti, nel sapore della stilizzazione; Michele Cicala
(diplomato alla Mara Fusco Lyceum di Napoli), estroverso senza sbavature, molto
in linea con il ritaglio della sua caratterizzazione.
E
‘chapeau’ al tenore Nunzio Fazzini, dall’intensa attività e dalla cifra
eclettica, (diplomato al Conservatorio di Pescara, laureato in Discipline
Musicali – Canto, docente presso la Scuola Civica di Musica di Montesilvano dal
2004, e direttore nel 2007).
Actors
coach Fiorella Zullo, reduce dalla tournée con la compagnia di Carlo Buccirosso
nello spettacolo “Una famiglia quasi perfetta”; Direttore di scena, Dario
Simone; Direttore audio/luci, Franco Ferrari; Visual effects, Antonio Cola;
Fotografi di scena, Davide Pica e Domenico Summa.
ARMANDO SAVERIANO
Adriano Mauriello e Florencia Beltramo |
Walter Suquia e Ayelen Sanchez |
Da sinistra: Daniela Orlacchio, Adriano Mauriello e Lisandro Adrover |
Francesca Santangelo e Luca Morale |
Emanuela Benagiano e Michele Lobefaro |
Nunzio Fazzini |
Da destra: Davide Cuorvo, Laura Roatta e Florencia Beltramo |
I musicisti e il tenore |
Una delle coppie di tango: Luca Morale e Francesca Santangelo |
L'attore e i ballerini poco prima delle prove. Da sinistra: Antonio Piccoli, Davide Cuorvo, Giada Cambria, Michele Cicala, Daniela Orlacchio |
Una veduta esterna del Teatro Verdi di Brindisi |
Una veduta del pubblico poco prima dell'inizio dello Spettacolo |
Il cast al completo |
Una veduta interna del Teatro Verdi di Brindisi |
Da destra: Adriano Mauriello, Laura Roatta e Lisandro Adrover |
Una delle coppie di tango: Michele Lobefaro e Emanuela Benagiano |
Una delle coppie di tango: Walter Suquia e Ayelen Sanchez |
L'attore Davide Cuorvo e la ballerina Giada Cambria |
Il M° Adriano Mauriello con l'attore Davide Cuorvo |
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