sabato 13 giugno 2015

MARIO MORELLI AL TEMPO DI LEDA



Un bioritmo scarselliano per la mitica metafora






Scartabellando tra gli annosi fascicoli che, in casa nostra, accumulano polvere di saggia (provvidenziale) conservazione e nutrono generazioni di vivacissimi ‘pesciolini d’argento’, è saltata fuori, proprio mentre di Mario Morelli ci occupavamo, una nostra recensione sul suo primo libro di poesia, “I Fuochi di Leda”.
L’articolo venne pubblicato sul quotidiano Il Roma nel lontano 30 ottobre 1996, e noi, che crediamo un po’ nelle coincidenze e molto di più nei ‘segni’, lo riproponiamo su codesto blog tal quale come apparve, anche per fare giusta quadratura del cerchio sulla poetica del maestro di Grottaminarda, medico e alchimista della parola lirico/epica.
“ La giovane Casa Editrice Delta 3 presenta, con Mario Morelli, il primo poeta degno di interesse, se si solleva un’eccezione per Antonietta Gnerre. Anche la grafica di questa silloge denota gusto e maggiore professionalità. 
Mario Morelli è inclíne ad un bioritmo scarselliano, che ci rimanda, appunto, al romanzo lirico del poeta fiorentino ‘Torbidi amorosi labirinti’ e più ancora al poema ‘Pavana per una madre defunta’.
Un verso colto e giocoso, che carezza un barocco ammodernato e che ammicca ad un metalinguaggio cesellatore, filosimbolista, disobbediente a tentazioni d’ardita indecifrabilità. Sicché il linguaggio infiorettato ma esente da smerlettature tediose ci fascina e non ci respinge, né c’invischia nel labirintico sperdersi fra rovi di parole troppo impreziosite, troppo smerigliate. L’eleganza e la suggestione vengono tuttavia raffrenate dall’abuso di esclamativi, che persino la liberalità del verso maltollera, a causa del potere retorico che l’interiezione incontrollata può effondere.
La fenomenologia dell’io poetante rimane sospesa tra essenza materica e tensione verso il mito e il sogno d’impronta a tratti wagneriana. Testori e Celine appaiono i referenti più immediati di Morelli, nato a Grottaminarda e laureato in medicina e chirurgia. E riecheggia, in non pochi tratti lirici, l’istanza psicodolenziana di Patrizia Valduga, giacché essi hanno atmosfere da poemetto e reggono senza eccedenze, a parte il veniale peccato di una garbatissima, qua e là sottesa o esplicita infatuazione della parola. 
Perché la metafora del mito di Leda? 
In fondo la copula col cigno eccita la fantasia senza turbare il sonno: è una melodia di acque e sospiri, di nitore e di struggente dono dei giorni virginali trascorsi fra ingenue illusioni e affioranti, misteriosi imbarazzi. 
Dal quasi innocente e pittorico connubio fra la vergine e il nume-cigno scaturirà l’uovo delicato e decisivo da cui erompe la bellezza irresistibile, umana e mortale di Elena.
I fuochi non sono il possesso del sapere e del modellare un pensiero-sentimento, un’emozione-energia, verso impervi, sfrontati sentieri che potrebbero condurre al perfettibile? O alla caducità in forma di parola?
Partecipi, il poeta Mario Morelli, a meno concorsi e si affidi di più all’impegno solitario, discreto, nobile, della ricerca del logos, della ‘bella eleutheria’ cui sembra predestinato. Gli auguriamo le migliori fortune.”
E cosí si è verificato. Il poeta di Grottaminarda si è astenuto dai certamina e da ogni gara di presenza, non ha infoltito i pellegrinaggi ad eventi mondani, finalizzati a farsi vedere dal critico alla moda o dal santone che dirige riviste di prestigio o frequentemente vi appone la firma, come fanno in tantissimi, soprattutto poetesse che predicano bene e razzolano male; si fanno venire ogni sorta di malore quando a loro conviene astenersi, e risorgono dalla fossa di Lazzaro ogni qual volta annusano il convegno ‘giusto’, che da un lato contribuisce a ri-affermarle come protagoniste del canone letterario (secondo loro), dall’altro consente un contatto ravvicinato con l’eccelso personaggio di turno, che tentano di indurre (nelle manovre lecite o grazie agli artifizi piú maliziosi) a prefare i loro inediti o ‘ristampandi’ carteggi.
Mario Morelli è fuori del coro, ancor piú –qualora fosse possibile– di Annamaria Gargano, la quale comunque non di rado aderisce a progetti scolastici; l’ultimo, organizzato nel maggio appena sgocciolato via presso il liceo classico ‘Pietro Colletta’, diretto dalla rusticana preside La Pietra, e caldeggiato appassionatamente dalla intraprendente prof.ssa Sacchetti (che tuttavia snobba Wanda Marasco e il Versipelle), in opportuna e rapidissima aderenza alle nuove norme didattiche, le quali prescrivono lo studio più attento e completo del Novecento agli insegnanti di discipline umanistiche, abituati a fermarsi a Montale, appena citando Pasolini e ignorando mostri sacri come Amelia Rosselli o Vittorio Bodini (per non parlare degli stranieri), ha visto, tra qualche frastuono e inciampo dovuto ad assenza di direzione artistica, gli studenti alternarsi al virtuale podio per pappagallare sulle schede critiche (elaborate dai professori e spacciate per proprie) e declamare, senza dizione e senza la minima impostazione ‘comme il faut’ (fatta eccezione per un morbido e dinoccolato giovanottello dalla zazzera ‘scapigliata’ che segue gli insegnamenti dell’ottima attrice/preparatrice Ilaria Scarano, e per un paio di nostre ex socie logopeane, peraltro transfughe vigliacche e maleducatissime ingrate, che qualche reminiscenza dei nostri sforzi di emanciparne la sprovvedutezza hanno conservato), morceaux piú o meno lunghi, piú o meno (da noi) risaputi, con l’accompagnamento musicale di Sofia Santosuosso e quello canoro di tre colleghe, di cui ci sfugge al momento l’identità: bravissime tutte, comunque, le fanciulle.
Va aggiunto che l’associazione culturale Logopea organizza, tra “Il Versipelle”, “Librazioni” e “Hystrio”, all’incirca una quarantina di eventi all’anno; e non un unico, striminzito, babelico ‘omaggio’ in chiusura d’anno scolastico, ai fini di dimostrare, starnazzando vivacemente nel megafono, attenzione, dedizione, competenza conoscitiva del corpo docente in materia poetica e sete di crediti da parte degli allievi, improvvisamente rivelatisi, dalla notte al giorno, fan di strofe e sonetti,  agguerriti e consapevoli estimatori di Cristina Campo, Vivian Lamarque, Luigi Fontanella, Milo De Angelis, Maurizio Cucchi, Ciro Vitiello, Gregorio Scalise, Nanni Balestrini, Valerio Magrelli, Giampiero Neri & Compagnia bella…E nonostante sia di diritto tra le massime autrici, Annamaria Gargano non è l’unica poetessa in Irpinia. Cosa sanno queste insegnanti e questi ragazzi di Claudia Iandolo, Antonietta Gnerre, Rosa Di Zeo, Monia Gaita, Giovanna Iorio, Agostina Spagnuolo?
Mario Morelli ha preferito, nel tempo, coltivarsi per tracciare, nella sua poesia autentica e pregevole, ipotesi di vita senza fissità di suggello, rivendicando un’autenticità che altri s’ingegnano malamente a confezionare e a spacciare in versi in realtà sfibrati e sfilacciosi. Nei tre libri che sul blog abbiamo esaminato, il medico-poeta ha stabilito la propria residenza etico-letteraria e ha inciso la sofferta identità di scrittore –tra fragilità, mescolanza di eros, disinibizione e ‘piccanteria’, ricordi primèvi, realtà delle radici personali, induzioni antropologiche, bivî, morsi/rimorsi, certezze discolpate e dubbi colpevolizzati, rivendicazione di forza e di re-sistenza, sgusciante debolezza di fronte al Mistero, carezza verbale e scatto d’arsura emozionale-.
La poesia, in fondo, è questo: un colloquio con se stessi (nei varî gradi di schiettezza e di confessabilità) e un soliloquio (nelle altrettanto sfaccettate possibilità di denudamento) di fronte all’incuriosita concentrazione dei lettori.

                                                                                       ARMANDO SAVERIANO 



MARIO MORELLI –I FUOCHI DI LEDA –ED. DELTA 3 –GROTTAMINARDA (AV) – I EDIZ. 1996 –PP 94 – L. 10.000



BIMBA

La luce della notte
assorbe la tua immagine:
ti sognavo meno bella
bimba assaporata
sulle sporche rampe;
ti impenavo come fuoco
attorcigliandoti tra
le mie forti vampe!
Vaga ora la tua natura
persa è la mia memoria:
ho finito di giocarti
sei scomparsa
persa è la mia storia:
ho finito di stamparti
sei morta!
Ora giochi sola
per l’ombra antica
della tua favola
e mi hai negli occhi
quando ti dai
e con la bocca candida
sorridi frivola!

*

RISVEGLIO

È in me la paura di me
sprofondo manmano nel nulla,
alle spalle ho immagini, volti,
e agli occhi si leva l’alba
che mi saluta con la sua gioia fasulla!

*

LA MADRE

Madre: m’ami come
d’ardore io ti respingo!

*

IN ME

In me vedrai come si perde
quel che tu ancora chiami amore!
In me vedrai spegnersi la luce del cuore!
Vedrai come rovina la speranza
e io le dico addio in lontananza
come se non fosse mia
come se fosse da mille anni andata via!

*

I FUOCHI DI LEDA

Se Leda canto
alle piccole ore:
gemendo vengo
e nel sole mi asciugo!
I cristalli della mia libido
persi per ciottoli e macchie:
per l’amore d’amante infído
mi strappo la pelle dal cuore
della sanguinolenta lotta
e alla stretta di mano
solo della morte mi fido!

*

LA BALLATA DELL’UOMO IN GENERE

Chiuso nel cappotto nero:
è tanto tempo che aspetta!
Si poggia al tronco severo
e scorda pure la sua fretta.
È chiuso dentro il suo pensiero,
fugge ancora un’altra vetta,
perché sa inutile
la sua vita, e più inutile
la sua giovinezza!
Sta ancora laggiú dove
un mondo non si staglia,
dove il sole spacca le cove,
dove le mucche rifiutano la paglia,
che mai piú se ne allontanerà
del tutto, perché la sua vetta
è un sogno del tutto superfluo,
il sogno di una vita superflua,
senza nemmanco
una piccola carezza!

MARIO MORELLI



Mario Morelli



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