giovedì 22 gennaio 2015

VERSIPELLE 13: DEVOZIONE ALLA VITA E NON ALLA VANITÀ DELLA VITA





Parafrasando il titolo di un articolo che parlava di Neftali Ricardo Reys Basoalto, vero nome del poeta che tutti conosciamo come Pablo Neruda, la Poesia è distesa oceanica che racchiude la grande forza della speranza.
Anche quando i suoi sacerdoti, i suoi officianti, i suoi fedelissimi disperano.
La Poesia ha attraversato epoche, ere, ha cavalcato imperterrita il tempo immune alle procelle, allo sgomento degli avvenimenti più sferzanti, è sopravvissuta agli sterminî, allo stigma dell’indifferenza, all’umiliazione della deminutio, all’imbarbarimento della morale, alla siccità dei valori, alla desolidarietà degli uomini sempre più fratricidi e ciecamente votati all’autodistruzione.
Il suo destino è il Viaggio, con innumerevoli soste e nessuna meta, senza bisogno di riconoscimenti e di ricompense. È in questo spirito che procede la sua attività il Versipelle di Logopea, sancendo ogni volta la facoltà e il diritto alla mutazione, prerogativa intima ed etimologica di questa R-esistenza alla moltiplicazione del Male e del Banale che sempre vanno in coppia, irreggimentando con facilità i loro proseliti.
Nel vocabolario del filone narrativo ‘slipstream’, “versipelle” è il licantropo; nel linguaggio virtuale della poesia, “versipelle” è la capacità mutante di un versificare vivo, vivace, che non s’incrosta in un modello sino a marcire, ma che esplora, si rigenera in forme “altre”, sempre inedite, diversissime, sorprendenti. La poesia è Proteo, alleva e risolleva le menti e le anime, segue gli eventi, indaga nel profondo, s’industria a descrivere l’indescrivibile, conosce momenti mirabili e sa approfittare delle proprie cadute, trova nell’oscurità un percorso di dignità, di riscatto, combatte l’assopimento nella foresta dei torpori e delle brutture, dove imperano le demagogie coi mille fascinosi inganni e dove gli orchi della manipolazione, della disinformazione e della sottile violenza di un potere, che ha asservito coscienze e tecnologie, diffondono vapori ipnotici.
La Poesia vuole parlare alle nuove generazioni, dedite alla nullaggine, rimbecillite dalle mode che del capriccio e dell’astruso hanno fatto il loro tempio degli affari, si rivolge ai tecnocrati che non sanno più cos’è il giardinaggio della parola, l’orto del pensiero legittimo, coerente, corretto e produttivo, l’intreccio di ratio e di emotività…E altro ancora.
Il Versipelle oppone la sua voce di devozione alla vita e non alla vanità dei circoli dell’Avere, chiama a sé, in trincea, autori di ogni fascia d’età, sensibili e promotori di metamorfosi, mai dimentichi del passato, immersi nella realtà, innocente e rea, come danzatori di spade che non smettono di assumere i rischi di riempire il vuoto con polpa di note, lasciti, messaggi, onde di ricettività e un cuore d’ascolto, intelligente nel bello.
Giunto nel 2015 al tredicesimo appuntamento, il Versipelle ospita il Gran Visir di Sant’Anastasia, Giuseppe Vetromile, irroratore di campi soleggiati, pronto a introdurre il canto e la noèsi di Carla  
De Falco, mentre la giovane Melania Panico fa sgorgare la profezia orgogliosa e dolente di Cassandra e Rita Pacilio sgomitola fra tenerezza e vibrare di scudiscio le ardenze del fallo che sente nelle vene; Davide Cuorvo offre un bracciale o forse un serto di assolutezza fra osmosi di angoscia e smantellamento delle pene affettive e delle tagliole esistenziali nell’ossimorica raccolta “Il frastuono del silenzio”. Per la prima volta, Cosimo Caputo visita il cantiere versipellare e rivela le aureole e le aure, i crucci e le difficoltà della sua carriera di poeta cesellatore e di critico brillante, che ha abbracciato ed è stato abbracciato da una fede laica senza scarto alcuno. Viene affiancato da Raffaele Urraro, possente incolonnatore di un verso altrettanto auratico e nocchiero di convincenti disvelazioni, tra l’altro critico elegante che con perizia e tensione passionale aggiunge un illuminante tributo al suo preferito Virgilio: il poeta di “A Silvia”, “L’Infinito”, “La sera del di’ di festa”, “Il passero solitario”, “ La ginestra”, “Il tramonto della luna”, “L’ultimo canto di Saffo”, “La quiete dopo la tempesta”, “Il sabato del villaggio”, “Il canto notturno di un pastore errante dell’Asia”, protagonista del film di Mario Martone, “Il Giovane favoloso” (definito capolavoro ed effettivamente exploit d’incassi, ma a parer nostro spacciato per cinema d’autore, mentre è un lungo, convenzionale e brullo mattone didascalico, visto più per dovere di circostanza e per appartenenza al coro che non per curiosità intellettuale da eserciti di insegnanti impomatati e di vizze cacoje). Un altro Raffaele, ospite fisso degli incontri ormai mensili se non quindicinali, è il serafico Stella, che fonde realismo sentimentale a tecnoscienze, sacro e ctonio, visionarietà pittorica ad attitudini introspettive, affinando gli strumenti chirurgici di una poesia dalle epifaniche suggestioni.
Il teatro si rinnova in sketches nuovi, in duetti e monologhi che mettono in pista con maturità assemblante le vocazioni e i virtuosismi di Michele Amodeo, Christian Cioce, Antonio Mazzocca, Hera Guglielmo, Mena Matarazzo; la spiritosa Ilia Caso modula negli stilemi della Commedia dell’arte una briosa e puntuta Mirandolina, per “rispondere” adeguatamente alle misoginie dell’ “Orso” cechoviano; Rita Pacilio e Davide Cuorvo inscenano “La sposa infedele” di Garcia Lorca, nella migliore traduzione e tradizione di questo brano rovente e sincretico, dove pulsione e romanticismo, rigoglio stilistico e materia dionisiaca hanno ali in sussulto.
L’incontro è fissato per sabato 24 c.m. alle ore 16.30, presso i locali del Centro Sociale “S. Della Porta”.

                                                                                               ARMANDO SAVERIANO

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