martedì 27 gennaio 2015

CAPRIGLIA NELLA STORIA


Una indagine meticolosa e appassionante








Alla base di un’operazione come questa, affrontata e portata brillantemente a termine da Agostina Spagnuolo, ci deve essere “studium”, che per i latini equivale a “passione”. E poi interviene il rigore della ricerca, aspetto puntualmente osservato dall’autrice del volume: “Capriglia Irpina/Appunti di Storia di Vita Quotidiana-dalle origini ai nostri giorni”. Non è un’impresa facile calarsi nei panni di ricercatrice storica, per il tempo che la mole del lavoro esige. Ma Agostina Spagnuolo, ben lungi dal lasciarsi scoraggiare, si è rimboccata le maniche, determinata a “scoprire” le radici del paese natìo, l’humus antroposociale di un piccolo territorio con tutte le carte in regola per affermare l’incidenza del suo peso specifico nel panorama degli eventi magniloquenti o in sordina, che hanno caratterizzato un flusso epocale e impresso pagine di cui tener debito conto.
La scrittrice non declina l’interesse per la poesia, con cui si è fatta conoscere al di là del circoscritto territorio irpino; ha altresì prodotto un lungo, gustoso racconto di squarcio sulle origini proprie nel microuniverso rurale di tanti anni fa, assecondando la spinta che voleva raccogliesse il guanto per esprimersi compiutamente anche in prosa. Per la quadratura del cerchio, eccola hic et nunc precisa indagatrice del passato del luogo in cui vive e cura i propri interessi, privati e letterari, con la stessa disinvoltura con cui la sua preparazione scientifica le ha permesso di formare, a scuola, giovani menti. Ha rivelato da sempre talento per la scrittura, oltre che vocazione per matematica e biologia.
Nel bel volume edito da Per Versi di Grottaminarda (AV) Agostina riesce a rendere gradevole e scorrevole un argomento di complessa strutturazione, sicché oltre a costituire uno strumento utile allo studioso, esso può essere affrontato piacevolmente dal lettore profano nel settore della manualistica. A partire dall’allettante copertina, che immortala, nella foto dell’ing. Mario Spagnuolo, l’ariosa veduta del paese da sud-est, come identicamente appare dal terrazzo dell’abitazione dell’autrice. La poetessa/romanziera/storiografa ha scelto, a mo’ di exergo, un brano descrittivo del Sac. Don Ugo Spiniello (1970): “Un bivio, che si stacca a 7 chilometri (da Avellino), dalla nazionale Avellino-Benevento porta a Capriglia. Salendovi ed affacciandosi alla piazza Municipio si scorge Avellino sottostante; di fronte vi è il massiccio del Terminio, mentre all’orizzonte si vede il cielo limpido di Napoli. Affacciandosi poi dalla piazza San Nicola che si trova più in alto, davanti alla chiesa parrocchiale, si vede, verso nord, Benevento, che si confonde nel lontano orizzonte, ai monti del Taburno. Di fronte si staglia imponente la montagna del Partenio col suo famoso e antico santuario di Montevergine, dal quale la bellissima Madonna Bruna con i suoi occhioni sembra che guardi tutti gli Irpini per benedirli e proteggerli”.
Il volume è dedicato ai vecchi, che rappresentano la roccaforte mnestica del paese, e ai giovani, i quali ne ignorano l’avventura d’origine nei suoi passaggi e nelle evoluzioni; di conseguenza, potranno imparare ad amare un suolo che chiede di essere affidato alle custodie cautelative e migliorative del futuro. È questo il messaggio di Agostina Spagnuolo, che attraverso i 38 capitoli del testo, le note e l’utile bibliografia, rende molto di più che un doveroso omaggio al territorio, molto di più di un atto diremmo laicamente devozionale.
Agostina rende pertanto un grande servizio al paese di Capriglia, consegnandolo alla visibilità, nelle asciutte esattezze delle vicende urbane e umane, percorrendo all’indietro gli anni, gli usi, i costumi, le mentalità, gli accidenti e le fortune; attraverso autorevoli fonti di ardua consultazione e decifrazione (sovente i documenti apparivano deteriorati o danneggiati da agenti esterni, come l’umido o la chiarìa solacea), vieppiù incoraggiata ad addentrarsi nei penetrali delle origini, la Spagnuolo traccia, disegna, completa, perfeziona una attendibilissima mappatura, senza deviare mai dall’obiettivo di lasciar parlare i documenti, anzi di lasciar raccontare ai carteggi, alle iscrizioni, ai tabulati, ai certificati, agli esposti, agli elenchi la vita di Capriglia in Capriglia. L’aver compulsato gli annali del Regno delle due Sicilie, sotto la dinastia borbonica, ha messo per esempio in luce aspetti positivi, di esemplare civiltà e non di retrograda oppressione di stampo reazionario: i monti frumentari, prima forma di “banca”, nata per aiutare il popolo e non per dissanguarlo, accordavano mutui in granaglie ai coloni privi di mezzi, con interessi minimi; per inciso, le risorse di un monte frumentario ebbero a soccorrere “gli accomodi” alla Chiesa Madre del comune agli inizi del XIX secolo, sostenuti dal 1838 al 1859. Si favoriva, inoltre, la “cura de’ projetti”, il mantenimento cioè di quei nati abbandonati o non riconosciuti dai genitori naturali per vergogna o per condizione di estrema povertà. Non ultimo, l’istituto del maritaggio, che consentiva alle fanciulle non abbienti di contrarre dignitoso matrimonio con reddito adeguato; poiché spesso il numero delle giovani donne sprovviste di dote era alquanto elevato, si ricorreva all’estrazione a sorte mediante ‘il bussolo’.  
Per quanto concerne le radici primève, gli etimi, nell’Archivio Abbaziale di Cava dei Tirreni esiste un documento del 956 d.C. che attesta l’esistenza di Capriglia fin d’allora. La Spagnuolo riporta un brano dello storico Scandone: “Di un piccolo centro abitato di tal nome (Capriglia) si può documentare l’esistenza sin dalla metà del secolo X. Doveva essere, in origine, costituito dai ricoveri estivi di pastori di capre e dei loro greggi (‘caprile’: stalla delle capre; plurale: ‘caprilia’)”. Secondo lo storico Jannacchini, nel 968 si trova la prima volta nominata Capriglia, il cui etimo non va però fatto risalire all’incisione della dicitura ‘Cara Pila’ sotto un marmo raffigurante un uomo e un giovanetto togati, nel luogo di un sepolcreto di illustri personaggi avellinesi; argomento suffragato dallo storico Galasso, il quale sostiene che il toponimo non va dunque ricercato nell’epigrafe ritrovata nel XIX secolo, la quale, oltretutto, sarebbe stata giudicata falsa dall’insigne archeologo Th. Mommsen. Al riguardo, la ‘Pila’ era la colonna mortuaria che si apponeva nei sepolcri; in particolare la ricercatrice cita l’iscrizione mortuaria incastrata nel campanile della matrice chiesa di Capriglia (e riportata dal Pionati), innalzata ad un ‘augustale’ abellinate, Lucio Niso Augustale ( “gli augustali” formavano una casta di sacerdoti che venne istituita per onorare la dinastia augustea, dacché ad Augusto, ancora vivente, si tributarono onori divini. L’investigazione della Spagnuolo è accuratissima, fa luce su equivoci, ambiguità, informazioni saltabeccanti e restituisce equilibrio alla verità. Apprendiamo, tra le tantissime curiosità, anche lessical-grammaticali, la scelta del sito del camposanto (l’11 marzo 1817 viene emanata la legge n. 655 “che prescrive lo stabilimento di un Camposanto in ciascun comune dei dominî di qua del Faro”), l’epidemia di colera del 1836, la tassa sul macinato, la questione delle nomine dei ‘maestri/maestre’ di scuola nell’Ottocento, quella dei medici ‘condottati’ e delle levatrici, il ‘venditore privilegiato’ di Sali e Tabacchi, gli inventari dei Beni Comunali, i capitoli matrimoniali risalenti al 1791. E via via il verbale di un parlamento dell’Università di Capriglia (dal 1236 al 1806 le istituzioni municipali del Mezzogiorno ebbero il nome di ‘università’ – ‘universitas civium’); il sequestro del Feudo da parte del Regio Fisco, nel settembre del 1775, non essendoci eredi o legittimi successori; e così la restaurazione dei Borboni nel Regno delle Due Sicilie con la conservazione delle disposizioni del Decennio Francese. Quindi i mutamenti avvenuti a partire dal 1861, con l’Unità d’Italia, le difficoltà e i bisogni della popolazione, la povertà, le gabelle elevate e insostenibili, i flagelli nel raccolto (come la peronospora), il fenomeno dell’emigrazione nelle Americhe. Gli stessi nonni dell’autrice, materno e paterno, seguirono tale iter, per ritornare in patria, dopo anni di lavoro, comprare un po’ di terreno e ricostituire la famiglia. 
La Spagnuolo ha elaborato una quantità impressionante di materiale, nelle fruttuose peregrinazioni dall’archivio parrocchiale della Chiesa Madre di Capriglia, all’Archivio di Stato di Avellino, a quello di Napoli, alla biblioteca Abbaziale del Loreto per consultare il regesto delle pergamene di Montevergine e quant’altro. 
Illuminanti i capitoli sui ‘Luoghi pii’ (tali gli ospedali, gli orfanotrofi, i monti di pegni, i già citati monti di maritaggio, i monti di elemosine, le arciconfraternite, le cappelle laicali, le opere che sotto qualunque denominazione erano addette al sollievo dei ‘projetti’, degli indigenti, degli infermi; a tal riguardo la ricercatrice ha estrapolato dai bilanci comunali le cifre stanziate, secondo la volontà e le disposizioni espresse dal governo borbonico); sull’‘Alienazione del vicolo detto di San Cristoforo’ (acquistato, con il placet della Giunta comunale per 24 ducati dal sacerdote don Antonio Evangelista); sulla ‘Vendita di tronchi di vecchie strade’(in numero di 14 nelle rispettive contrade di Vicolauri, Embriciera, Fontanelle, Vigna, Santo Vammessa, Casazza); sui ‘Regolamenti comunali degli anni 1898/99’; sulle ‘Opere pubbliche nella prima metà del Novecento’(progetto per edilizia scolastica nel 1916; costruzione di una strada, anno 1926, con deliberazione del Podestà Ernesto Evangelista; via via nel 1951 si effettuano i lavori di completamento dell’edificio comunale e si avvia la costruzione dell’edificio scolastico a San Felice; nel 1953 si costruiscono abitazioni per lavoratori sulla Via San Sebastiano, gestione Ina casa; nel 1956 si delibera per la sistemazione della strada S. Antonio, una delle principali strade interne del comune di Capriglia; nel 1957 si progetta per la costruzione della fognatura nell’abitato, con il Contributo della Cassa per il Mezzogiorno, istituita con l. 646/10 agosto 1950; al 1961 risale l’approvazione del progetto dell’elettrodotto, etc. etc.). 
Da non sottovalutare, infine, la riproposizione dei modelli espressivi del linguaggio scritto in voga, che restituisce costrutti, stili, vocaboli e forme verbali in disuso, interessantissimi per il filologo; sono riportati altresì brani in un latino colto (es. pag. 16/17), quello della Chiesa, dei ceti aristocratici privilegiati e delle scuole, contrapposto alle espressioni genuine dell’animo popolare.
L’opera degna è stata debitamente presentata a Capriglia, il 7 dicembre 2014, nella chiesa madre di Capriglia San Nicola di Bari con tanta meritata soddisfazione dell’autrice, alla presenza del dott. Fiorentino Alaja dell’Archivio di Stato di Avellino; si è onorata della partecipazione del vescovo S.E. Francesco Marino; si è non per ultimo giovata della ‘lectio magistralis’ dell’inclito prof. Francesco Barra.   


                                                                                              ARMANDO SAVERIANO                 


AGOSTINA SPAGNUOLO – CAPRIGLIA IRPINA – ED. PER VERSI, GROTTAMINARDA (AV) – 2014 – PP 160 –  EURO 12.00  






Nessun commento:

Posta un commento