domenica 16 novembre 2014

MAROSI DEL CONSCIO E DELL’INCONSCIO


L’occhio interiore di Vittorio Graziosi





L’amico Gaetano Guglielmo ci consegna, con un franco entusiasmo, condiviso dalla consorte, signora Diana, un libro di Vittorio Graziosi, “L’Ombra delle onde”, edito da Crispino, ben 14 anni fa. La trascorsa gestione di Logopea-blog, affidata all’ottimo ma intransigente Giovanni Vesta (transfuga dall’associazione con un codazzo di herbes folles), poneva picchetti per la recensione di volumi che fossero vecchi più di un anno. La gestione attuale della nuova Logopea, libera -con sollievo- degli elementi parassiti, ed affrancata dalla severità estremizzante del buon Vesta, è molto più flessibile, e non si crea né limiti né barriere di tempo. Perciò esaminiamo volentieri il volume di Graziosi, di cui nulla sappiamo, se non che è nato e residente a Jesi.
La veste grafica non ci convince: riteniamo assai didascalica e scontata la turbolenza marina già annunciata nel titolo; avremmo selezionato un’immagine più allegorica, meno diretta. Neanche i caratteri giovano all’eleganza della copertina, e della quarta, biglietto di presentazione e sorta di “esca” allettante per l’ipotetico compratore.
Lo scrittore propone tre racconti, uniti dal comune denominatore dell’interiorità. I protagonisti, soprattutto gli uomini dei primi due (Serge, il calciatore di “L’ombra delle onde” e Pietro, l’infermiere di “Un gesto fra me e l’orizzonte”), scavano con schiettezza e scrupolo nel loro “in sé”, facendo emergere dal magma nuclei di coscienza liberata ma anche nodi insoluti, in attesa di possibile abreazione. Si tratta di narrazioni inclìni alla carezza poetante, sia dal punto di vista contenutistico, sia dalle peculiarità della forma. In particolare, il terzo, “Gli occhi di Dunja”, che è anche -di gran lunga- il migliore ed il più riuscito, potrebbe essere definito una fiaba stregante e amarulenta, che mette in gioco personaggi plausibili, capaci di imprimersi nel ricordo del lettore, il quale non esiterà ad affezionarcisi, ad amarli. La storia della candida contadina polacca, solitaria, emarginata e affetta da episodici ma invalidanti disturbi psichici, afferra, cattura, persuade; soprattutto commuove. Lascia, come valore aggiunto, un dubbio, un mistero che deve restare tale[ mediando dal “Così è (se vi pare)” di pirandelliano genio ], di modo che possa essere il fruitore a cercare, se proprio vuole, una risposta, nel ventaglio delle ipotesi. Chi è e da dove arrivi “Oci ciornie”, se sia una presenza reale o una fantasmatizzazione del bisogno, se abbia natura e fattezze del nostro “Mazzamauriello” delle soffitte (qui l’ambiente della sua comparsa è una stalla), se non sia piuttosto un “parto” benigno di Dunja [in tal caso raffrontata come suo alter ego patetico, dolcissimo e positivo, alla folle e furente malignità perversa di Nola Carveth/Samantha Eggar (nel film “The Brood” di David Cronenberg, 1979 –Canada)], o “semplicemente” un tenero freak (ancora una volta il cinema: qui il Tod Browning del classico USA del 1932), che si nutre di solo latte e comunica per empatia, non è mai (intelligentemente) “spiegato”. Anche il personaggio complementare di Duilio è un “diverso”: lo scrittore ce lo descrive gibboso e con uno pseudo labbro leporino, in verità causato dal calcio di un mulo. Duilio è ben inserito nell’economia della trama e rafforza l’atmosfera sospesa in una sorta di oasi idilliaca che s’irradia dalla cascina avìta. Il finale malinconico e dolente può generare un groppo in gola agli spiriti più sensibili e compartecipativi. Dunja è risucchiata inesorabilmente dal suo destino; a differenza di Serge, che rinasce dalla disidentità verso una vita più meditata e altruistica, quasi impensabile “prima”, ella non conosce riscatto, non s’arricchisce di altro senso e di altra funzione, benché tali prospettive le si affaccino proprio con l’entrata in scena di “Oci ciornie”; non le viene offerta compensazione: nel suo caso la donna viene anzi sottratta alla gioia, all’indipendenza, allo scorrere pacato e soddisfacente delle proprie giornate. 
Il pregio maggiore del racconto d’apertura, “L’ombra delle onde”, sta nella sequenza da scatto espressionista, in cui Serge “incontra” la madre reviviscente, che gli porge un libro ponderoso, enigmatico, insolito nelle mani di una modesta e sottomessa massaia, la quale poi quietamente racconta eventi stranianti, movimentati, avventurosi, incredibili; altro coup de plume il successivo incontro con un homme de nulle part, figura di vagabondo e di miserrimo pescatore, un “errante”, che gli dona l’unica preda della sua pesca; forse un messaggero che simbolicamente preannuncia la fatale svolta che di lì a poco attende il ventottenne Serge, ancora inebetito per la dipartita della madre.
Per sottolineare la spezzatura tra la vecchia vita di Serge, colpito da grave amnesia dopo un disgraziato incidente stradale, e quella che gli si delinea e prospetta per l’avvenire, l’autore sterza nella narrazione in prima persona, serbando l’amato presente verbale, preferito e adoperato in tutti e tre i racconti, rispetto al passato remoto e all’imperfetto, che danno minore immediatezza.
“Un gesto tra me e l’orizzonte” è a parer nostro l’anello debole nella piccola antologia di prose, benché il ritratto di Pietro e dei suoi ambienti prossimi (l’ospedale, la famiglia) siano credibili, quanto il suo carattere e le lineari motivazioni; fastidiosi, inutili e nocivi gli intemperanti “strilli” in neretto sottolineato, che appesantiscono per enfasi un andamento estraneo a simili speziature.
Quattordici anni sono trascorsi dalla pubblicazione del volume ad oggi, e non dubitiamo che nel frattempo lo scrittore si sia emancipato, ovviando a cadute di tono, malintesi ortografici, qualche anacoluto, incertezze non veniali nella consecutio temporum, inesattezze nelle concordanze e piccole incoerenze nello sviluppo di plot e sub-plot. Ci auguriamo per lui che abbia optato per scelte editoriali meno disinvolte, nella confezione della copertina e nell’impaginazione, dando fiducia a C.E. che mettano vivaddìo a disposizione dell’autore, per ottimali soluzioni consentanee, un efficace editing che, se fosse stato attivato all’epoca del libro in questione, avrebbe giovato e anzi magnificato il talento di Graziosi.

                                                                                           ARMANDO SAVERIANO



L’OMBRA DELLE ONDE–VITTORIO GRAZIOSI–ED.CRISPINO 2000 – PP 110 – P.N.I. (NELL’EDIZ. IN POSSESSO)




Vittorio Graziosi


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