mercoledì 1 ottobre 2014

L'IGNORANZA REPRIME I DIRITTI

Replica alle accuse mosse contro la sentenza a favore dell'adozione da parte della coppia gay





Premettendo di non aver letto la sentenza in merito all'adozione della bambina di 5 anni da parte della coppia omosessuale, mi è parso opportuno sottolineare, quantomeno, l'ignoranza degli uomini politici e l'ottusità di chierici e loro più estremisti sostenitori, cercando di dare un'interpretazione all'art. 44 della L. 184/1983, sostituito dall'art. 25 della L. 149/2001.

Tale art. dispone:
   I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell'art. 7:
a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre; 
b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell'altro coniuge; 
c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall'art. 3 comma 1 della L. 5 feb. 1992 n. 104, e sia orfano di padre e di madre; 
d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo. 
   L'adozione nei casi indicati nel precedente comma è consentita anche in presenza di figli legittimi. 
   Nei casi di cui alle lettere a) e c) e d) del comma 1 l'adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato. Se l'adottante è persona coniugata e non separata, l'adozione può essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da parte di entrambi i coniugi. 
   Nei casi di cui alle lettere a) e d) del comma 1 l'età dell'adottante deve superare di almeno diciotto anni quella di coloro che egli intende adottare. 

Considerato che l'art. medesimo è rintracciabile nel Titolo IV della legge di cui sopra, disciplinante dell'adozione in casi particolari, ritengo sia necessario ricordare quando l'adozione, in generale, sia consentita. 
Richiamando il comma 1 dell'art. 7, non è ancora chiaro quando si presenti l'istituto dell'adozione e questo perché "L'adozione è consentita a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità ai sensi degli articoli seguenti.".
Quando si presenterebbe lo stato di adottabilità? 
Art. 8: Sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori in situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.
Si tratta di una situazione di fatto. Va, quindi, valutata caso per caso, considerati - anche, ma non solo - i due commi successivi dell'art. medesimo, che non cito solo per non dilungarmi nel discorso - ma che, allo stesso tempo, rappresentano un incipit alla polemica da me portata avanti - e per evitare di distogliere l'attenzione dal nostro tema centrale che è, per l'appunto, l'adozione in casi particolari. 
E dunque, il comma 3 del neoarticolo 44 prevede che solo nei casi a), c) e d) l'adozione sia consentita a chi non è coniugato (la coppia della fattispecie concreta).
Escludendo, pertanto, il caso b) non richiamato, ci potremmo interrogare su quale punto in particolare si sia fondata la sentenza del giudice.
A mio parere, il primo e il terzo caso andrebbero scartati, dato che la minore in questione non è orfana di padre e di madre né affetta da handicap (così come richiederebbe la L. 5 feb. 1992, n. 104).
Per esclusione, non rimane che appellarci al quarto caso circa la constatata impossibilità di affidamento preadottivo. 
Ritengo - sempre ricordando di non aver letto la sentenza, ma spinto dalla passione per la più antica attività della scienza giuridica, l'ermeneutica - che la sentenza si sia basata su quest'ultimo caso. 
Quando questa misura, preliminare all'adozione, deve ritenersi impossibile? 
Quando vi sia una situazione di fatto - e ancora una volta ci richiamiamo al caso concreto - in cui il minore, pur in stato di abbandono, non riesca ad essere affidato ad una famiglia adottiva. Anziché collocarlo in istituti, si preferisce darlo in adozione a persone anche singole (pensiamo un nonno o una zia) con cui il minore abbia instaurato rapporti affettivi. O ancora, quando manchi lo stato di abbandono. Può sembrare paradossale, ma, è proprio questo il caso, dato che la bambina è stata concepita mediante procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, vietata in Italia, ma avvenuta all'estero e dato che non versava in stato di abbandono. 
Si è dimostrato come, quindi, la Magistratura abbia applicato la legge al caso concreto. 
Sentir dire che i giudici si starebbero sostituendo al legislatore o che i giudici dovrebbero applicare la legge oppure che il Presidente dell'Unione giuristi cattolici italiani, Francesco D'Agostino, subordina la sua "qualifica" di giurista alla sua fede religiosa, accusando la Magistratura di violazioni del diritto e cito le sue parole: "Si sta confermando con evidenza che le più grandi decisioni di carattere etico e bioetico in Italia le prendano i giudici anziché il legislatore", allora non posso che replicare che costoro sono rimasti fermi ad una mentalità Sette-Ottocentesca, ad una concezione "montesquieuana" della Magistratura come semplice "bouche de la loi".
Occorre, invece, ricordare: che diritto e realtà non sono la medesima cosa (se così fosse, perché parlare, allora,  di diritto?), ma che il diritto è "vivente"; che la legge non è l'unica fonte di produzione del diritto, legge che è stata strumento operativo delle dittature e che ha richiamato il fenomeno del c.d. "eterno ritorno del diritto naturale"; che la norma giuridica da applicare al caso concreto non ha un significato, ma, come sosteneva il giurista Giovanni Tarello, è un significato. La norma è frutto dell'interpretazione delle disposizioni contenute in un atto normativo (ad es. la legge).
Se il giudice fosse solo un mero esecutore, perché fargli appello? 
Sono proprio queste barriere dell'ignoranza e del potere che vanno abbattute, se si vuole garantire l'etica dai "grandi" richiamata e consentire che i diritti siano garantiti e tutelati. 
Diritto di qualsiasi bambino alla famiglia, prima di tutto, perché è la famiglia il principale nucleo formativo della persona. 
Art. 315 c.c. Stato giuridico della filiazione - Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico.
Che equivale a dire: tutti i figli hanno gli stessi diritti. 


                                                                            Alex Saveriano

1 commento:

  1. Se i politici temporeggiano non capisco perché poi se la prendono con i giudici. Io non penso mai che i giudici nelle sentenze siano equi o giusti: sono uomini che possono sbagliare o agire in malafede. Nel caso specifico però non rilevo nulla di tutto questo, perché solo un pazzo in Italia si assumerebbe una responsabilità simile se ci fosse malafede. Pertanto la deduzione è che i politici sono bravi soltanto a fare propaganda sui problemi delle persone e non hanno alcun interesse nella loro risoluzione. Anche i cattolicissimi o presunti tali, sembrano dimenticare il concetto di "libero arbitrio" e non lo applicano mai. La fede è tale se qualcuno ci crede e non per imposizione, altrimenti si passa da un stato di diritto a uno stato etico, in parole povere ci poniamo sullo stesso piano delle dittature mediorientali.
    Il laicismo è l'unica via che consente l'applicazione del libero arbitrio, almeno io non ne conosco altre...

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