lunedì 15 settembre 2014

UN SOLO RIFLESSO PER CINQUE - Niente di nuovo sotto il sole di Caserta

Cinque fonti per un’uniformità di dettato. Se era tra i fini dell’editor imprimere rigorosa omologazione  stilistico/lessicale al libriccino “Incontrati a Caserta”, siamo compiaciuti nel comunicargli il successo. Lello Agretti, Rosanna Bazzano, Roberto Ceccarini, Mariastella Eisenberg, Alfonso Marino sembrano appena usciti, in blocco, da un seminario di scrittura, allettati da una pubblicazioncina collettanea tanto squisita e distinta quanto, ai fini di una dicibilità poetica, inutile. Ci si aspetterebbe, dai contenuti e dalle estetiche dei singoli, una luccicanza d’impronta, una siderale distanza tra le personalità e il modo di percepire il Reale, un’attitudine desiderante tesa all’unicità, una promiscuità d’uso del logos e degli organi di senso: cinque sangui ebbri dei propri irripetibili, irraggiungibili misteri; cinque corde capaci di far vibrare la propria creaturalità ein grinsend Schweigen, nel sogghigno del silenzio. Si ha invece l’impressione, la forte impressione, che i cinque autori si siano accordati nel dare uguale esistenza/definizione/evocazione/sistemazione alle sfere dell’in sé e dell’intorno, del circostante, strettamente allacciati nella stessa grammatica, sacerdoti che officiano la medesima ritualità liturgica. La poesia è onnivora, sfaccettata, ha il possesso del tono, un sound irriproducibile che mette in guardia dall’impossibile emulazione, dal disturbante effetto di identicità. Ogni voce sia e resti inconfondibile, anche quando si appartiene ad una scuola, ad una corrente comune. L’editore incontra a Caserta, nell’autunno del 2013, cinque cloni, che non si differenziano nell’impronta, che non rivelano ricerca industriosa nella dottrinale vittoriosità della parola, che in definitiva si accucciano soddisfatti senza considerare ostacolante e appiattente (una allegorica entrave) l’ermeneutica dei testi. Il poeta si sottopone…si dovrebbe sottoporre ad una dura prova, sempre rinnovata per riproporre la propria identità, o le metamorfosi di essa, se si volessero accogliere e condividere le nostre teorie di proteofacoltà, di versipellanza, che percorre/ono piste altre- o vivaddìo ne inventa/ano- senza interpellare disidentità, affermando anzi l’origine del segno, la radice portante, reificando bensì l’etimologia del poièin: ricerca incontestabile, inarrestabile, sperimentazione senza soluzione di continuità, plurilinguisticità, pluristilisticità, in barba ai limiti, semmai sotto l’egida savia dell’aspetto e dell’essenza dubitativa che presiede la conoscenza e l’etica letteraria nel comporre.
Una plaquette, proprio in onore alla sua esiguità, dovrebbe segnalarsi come pepita aurea nell’arena poetica, armata di composizioni che eccellono per originalità, circolazione e rotazione interna in natura, coscienza ed effetti di dissomiglianza; la sua destinazione esemplare dovrebbe attingere all’arsura dell’attesa quantomeno degli addetti ai lavori, oppure centrare la vellicazione di una curiositas in grado di intrigare e quindi di attrarre il fruitore occasionale; purtroppo a nostro avviso in questo teatrino della parola non c’è scatto, non c’è torsione, non c’è inferno e nemmeno vertigine malinconica; non c’è dramma e conseguente sfinimento, ma un asilo della mollezza, un ostello della parola che è inconsapevole della sua rinuncia al dire o all’affermarsi. Gli antologizzati abitano il mancamento; l’inanità li pratica in un discorso sull’assenza: ne fossero almeno in parte coscienti, stabilirebbero un dialogo e forse un’intesa con il lascito pesante della negazione dei “movimenti”, recuperando l’urgenza di un’agogica poetica, che spinga alla curva, al colore, al vivo suono lontano dai ristagni delle ovvietà. Spiace a noi il coinvolgimento di una poetessa d’autentica cifra, com’è Mariastella Eisenberg, in tanti altri momenti maestra della nominazione tra parola e segno, manifestamente in grado di respingere l’abdicazione antropologica e morale, tanto metaletteraria quanto esperienziale, a quell’applicare e vivere la “sentenza” di Hölderlin “poeticamente abita l’uomo”. Un’occasione di spreco. Un vero peccato.
Ogni sezione è illustrata da un’immagine, eseguita o scelta in accordo con l’autore: Lello Agretti pare preconizzi la metempsicosi quanto mai azzeccata in una chiocciola stilizzata insolitamente dinamica nella matita; è attivo nell’organizzare eventi dal taglio originale e predilige deliziose auto-edizioni in tiratura bassissima, riservata a chi ritiene amici; Rosanna Bazzano si distingue almeno per il piglio vivace delle note biografiche, e ci risparmia con intelligenza i riferimenti o peggio la stucchevolezza dell’elenco di premi conseguiti e antologie in cui è inserita; la sua immagine è un cuore che s’ala e ascende all’indistinto; Roberto Ceccarini viene giustificato da noi per la citazione della sua presenza in antologie, perché non la lascia nel vago, e ne è vieppiù autorizzato dal prestigio dei curatori (Neri, Cerquiglini, Mascolo, Alborghetti, Ariano); sceglie una tavola di Tito Coluzzi; Mariastella Eisenberg non si fa venire il mal di testa, lambiccandosi il cervello nel selezionare un dipinto o nell’eseguire ella stessa uno scippo: “tratta” un particolare in negativa di una storica foto effettuata in occasione della mostra fotopoetica santamariacapuaveteranense “Il poeta nudo”, ma casca nello standard dell’aggiunta a tutti i costi, in chiusura della bio, della famigerata, detestabilissima frase “poesie e racconti sono presenti in antologiche”; Alfonso Marino, simpaticissimo scavezzacollo senza età, tratteggia Kafka, ci ricorda le sue propensioni per la poesia visiva e ci informa sulle sue traduzioni in napoletano di Emily Dickinson e di A. de Saint-Exupéry, il che ci sembra interessantissimo. Ben fa a riportare la sua apparizione sulle riviste “deComporre” (creatura in costante affermazione/espansione del gruppo formiano Condreas/Lucciola/Simeone/Cervone) e “Patapart Rivista dell’Istituto Patafisico Partenopeo” (riferiamo un aneddoto: l’esibizione di una copia di tale rivista a casa di un’ospite salernitana d’adozione suscitò sgomento e sdegno in una stordoluta, impreparata e vanesia astante, peraltro autoreferenziale fino alla morbosità, la quale definiva la realtà patafisica una cellula massonica equivoca, sconveniente e potenzialmente pericolosa!); ci complimentiamo con lui per l’attenzione riservata alla sua opera da due eminenze intellettuali: Stelio Maria Martini e Giorgio Agnisola. In copertina del libello quadrato, un’opera ficcante di Gerardo Del Prete.  

                                                                                                          ARMANDO SAVERIANO



INCONTRATI A CASERTA - AA.VV. Alla Chiara Fonte Editore - 2014 - Pag.32 – Pubblicazione non venale



L’ANGELO
Dai campi della giovinezza vieni,
metà del cielo ancora t’appartiene,
eppure ac-cadi.

O sono io che salgo
pateticamente avvinto,
battagliando furioso?

Lello Agretti

*

L’ASSENZA
Il mare, piano, mi fa respirare
e il sale asciuga la marea del cuore.
E pare quasi si possa sorridere
della distanza tra l’essere e il sembrare,
della tua assenza, così necessaria
a chiamare ogni scoglio per nome.

Rosanna Bazzano

*

quando le stanze resteranno
vuote e i divani verranno vestiti
da teli bianchi e stanchi
chiediamoci se è stato o non è stato
-che ogni tanto ci verrà da pensare:
“non in questa vita …
non in questo avamposto”.-

Roberto Ceccarini

*

Mani
in acqua si cercano
forme mozze
d’amanti correnti senza sosta
in un giorno
parlato solo dalla notte.

Mariastella Eisenberg

*

Corsa impazzata.
Sopra, un cielo
ingorgato di stelle.
Calma d’aria intorno
cicaleccio e memoria.
Un altro tempo
timoroso crudele
senza affanni

Alfonso Marino

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