IL FILO DELLE BEFFE
DICI DI
DETESTARE LE INVETTIVE
Contro
le arrampicatrici versificanti
Di detestare dici le invettive se in specie son le mie
Claudia cara
Preferisci il minuetto nel salone cerimonioso delle danze
Fra patentate d’ogni furberia sedicenti poetesse epilettiche
scrittrici
Che ingiuriano la dignità sorridendosi a chiostra di
squalo
Come Hannibal
Lecter Andy Albury Monsieur Landru
Disprezzi le meschine e vero è che sono a te
inferiori
Queste précieuses
ridicules per indigenza lessicale
Rachitismo etico spirituale Ti battono però stakanoviste nell’insistenza
A piallar le chiappe inchiavellate su poltrona aurea
seggiola scranno
Senza ritegno se presente al convegno è quella eminenza
Che buona tornar potrebbe agli interessi letterari
loro
In bella vista stanno impettite vuote sottovuoto
spinto solenni
Inquiline della prima fila tutte le volte che la
vanità è in vetrina
A tutto
pronte le matricolate maneggine
Pur d’ingraziarsi con posticcia allegrezza e il
bacio dell’amplesso
Il potente di turno il critico influente Quando però alle marrane
D’ammosconarsi al vischio non conviene si fanno
martiri
Degli impegni familiari scovano appuntamenti dal
dentista
Denunciano la sciatica deplorano l’artrite delle
nuvole basse
Si lagnano del sole alto del vento cialtrone della
mancanza
D’aria della neve della pioggia della grandine del
ciel sereno
In verità hanno solo i gomiti spellati a furia di
farsi largo
Geishe o viragini in orti e lavatoi altrui Difficile che
Stiano ferme un attimo le colga un colpo in fronte cancerosi
Al fegato provato da compromessi intrighi bassi
espedienti
Catene d’intrallazzi in sotterranee bolge Sciamano sbirluccicando
Nei raduni giusti
organizzano premi gaglioffi purché s’accresca
L’indubbio lor dubbio
prestigio purché si sappia che a tirare
I fili sul carrozzone poetante del Mangiafuoco dello
Svengali
Del Dottor Moreau di Morel siano loro sempre loro
Inevitabilmente loro
Ah se ne sanno e quante le canaglie
In coppia agiscono fateci caso le baldraccone
Sian Gatto e Volpe sperticate inde(o)centi alla Fosca Sorellanza
Faìna e lince a questo o quel consesso
d’intellettualoni
Amore simulano artificiosamente le briccone grezzo
entusiasmo
Annacquata passione colerosi complimenti per
l’altrui opera
L’altrui percorso l’agire Se ne impipano smorfiando noia e stizza
Dietro faccia di suora dalla voce roca sotto il
ghigno perimetrato in nero
Delle labbra inspugnate di sfaccimmeria tra le
ciglia
Imbordellate di rimmel e velluto congestionate o
cadaveriche
Stuccate nella friabile cordialità sbrindellona
preconfezionata
Non di rado divengono queste macchiette ritagliate
La sacra Trimùrti accogliendo se
beninteso gliene cale sodale
Maschio trattato a mo’ di cicisbeo Hanno le larghe intese con
Il fregnivendolismo il manuale Cencelli sfogliano
dell’ipocrisia
E ben lo sai o Claudia stanca d’inimicarti la casta
sciagurata
Rivendicando ieri appena la distanza da zoccole erremosce
reading
Provinciali per sorvolar regina ben altri empirei e
consessi
Spaventata dall’embargo dal discrimine dall’emarginazione
Dall’ostracismo dal torvo spauracchio di solitudine
e invisibile
Sei stata veterana dell’indignazione scissionista
fiera eroina
Polemista Solgenitsin in gonnella Achmatova Cvetaeva
Mariella Mehr
Sul fronte della qualità schifando a buon diritto scarpe & mazzelle
E mai l’orgoglio il tuo ubertoso petto disertò Ma adesso
Abdichi allo sdegno tempestoso il the servi e le
tartine a
Tavolino con la floscia merlettaia fessalavata che veste come kosovara
Sorbisci bornie fandonie il borbottìo infruttuoso
poppacentrismo
Autodistruttivo delle usurpatrici di creativa
genuinità
Delle scotennatrici di gusto delle fallimentari
inguaiate
Inarrendevoli irredimibili femmes savantes pur di
Venire accolta
ma io correggo tollerata nel tiaso
Delle disonorevoli
vestali unte da Madonna la Scrittura
Annunciate dalla Pizia della collusione frivola
bramosa
Con i più vili mercati del baratto che immerda e
impiscia
Che gliene frega alle autoincoronatesi duchesse
tristanzuole
Sovrane morganatiche di scòrtico e scalcagno
Ilari tragiche parodie alla Bozzetto e Jacovitti
O Claudia mia non t’impeciare
JULIEN DE SUBERCEAUX
* * *
UNA
CHE SI CREDE
A T.F.
Hai
faccia paciocca di merciaia al bancone
Che
taglia due nastri e ti cambia il bottone
Oppure
in corsia caposala felpata
O
dentro la scuola segretaria applicata
Bidella
rubizza con beota sorriso
Che
oltre alle medie non varcò il paradiso
Ti
piace la rossa che sa di cipolle
La
lodi l’ingaggi per letture sue molle
Regalale
allora un buon deodorante
Sollievo
agli astanti persino al mio Dante
Non
basta il versetto che bea la famiglia
Non
basta il temino che arranca e sbadiglia
Per
fare di te poetessa scrittrice
Va’
a fare le pettole E chiamati Bice
GIANNETTO
MALESPINI
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