martedì 10 dicembre 2013

SCOPE DI SAGGINA E OMBRE ANCESTRALI

SCOPE DI SAGGINA E OMBRE ANCESTRALI

Il ritorno di Luigi Boccia alla narrativa d'effetto


La Janara, di Luigi Boccia
Prefazione di Pupi Avati.
Ed. Il Foglio, pagg. 76, 10 €  
Dopo i romanzi Paura.  ( trascurabile) e il promettente, raffinato Confessionale nero, Luigi Boccia ha prodotto una serie di racconti (prevalentemente sul modello americano, d'ispirazione Mathesoniana, Barkeriana, Kinghiana ) davvero eleganti e pregevoli, con un impianto narrativo urticante e spaventoso.
Altresì ha curato le antologie : Fame - La Trilogia cannibale - La stagione delle follie e Malefica.
Nel 2005, per i tipi de Il Foglio edizioni, ha dato alle stampe il racconto lungo La Janara, che si giova dell'ambita introduzione di Pupi Avati.
Il regista rivolge generose  attribuzioni al romanzo breve di Boccia.

La Janara è corredato dalle inquietanti illustrazioni di artisti e maestri del fumetto: da Alberto Dal Lago a Mirko Benotto, da Daniele Rudoni a Massimo Semeraro, per citarne alcuni.
La narrazione incede in un crescendo di flashback, sensazioni allucinanti e grumi di dubbi, che Boccia definisce ”piaghe della mente”.
Partendo, nella sua fase italiana, da una leggenda rurale, com'è nello stile di autori del brivido di casa nostra (Nerozzi, Sclavi, Barbato, Altieri, Santamaria), Boccia esplora i meandri della psiche umana, tentando di districarsi tra le lacerazioni e i lividi della protagonista, Francesca, e i suoi dubbi, apparentemente frutto di paranoia.
Non siamo, però, alle prese con le pagine di Rosemary's baby (Ira Levin), perché racconto e personaggio principale tradiscono una certa “stanchezza” di narrato, come se lo scrittore avesse in più punti stiracchiato i passaggi di malavoglia.

Luigi Boccia
Se Boccia si fosse davvero appassionato alla vicenda che ha scelto di raccontare, si sarebbe immerso nel mondo dei suoi personaggi, restituendoceli ricchi di storia, motivazioni, spinte irrazionali come gli “atti gratuiti" ripresi dal Pirandello di Non si sa come, a sua volta ispirato dal grande Dostoevskij de I demoni, o da Sologub de Il demone meschino.
Tuttavia soprattutto i personaggi di contorno, i comprimari, il fratello Martino e la vicina di casa, che vorrebbe essere inquietante, Rosanna, restano malgrado l'autore ai margini di un sottobosco che contiene, ma non esprime, tenebre, paura o urla.
A mio avviso, il racconto manca dell'efficacia di sviluppo che avrebbe potuto avere. Anche quando Boccia decide di virare alla suspence del noir, lasciando per strada le premesse horror, più aderenti al dark fantasy o allo slipstream.
Il capovolgimento di genere avviene come un coup de théâtre annunciato, alquanto prevedibile, in tutta onestà.

L'edizione, pratica ed elegante nello stesso tempo, con l'inquietante ovale opera del M.° Alberto Dal Lago, presenta un editing non accuratissimo, con non infrequenti refusi e scollature grammaticali ( spiaccicare parola-per spiccicare parola).
Il racconto è, malgrado qualche appunto, gradevole alla lettura. Ma siamo ben lontani dallo standard a cui ci ha abituato il bravo Boccia.
                                                                                                                        Giovanni Mercurio

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