martedì 5 novembre 2013


METTERE LA PROPRIA PELLE SUL TAVOLO

Mariastella Eisenberg  intervista il “Maestro in ombra” Giampiero Neri


Il “Parolario” è un Festival di letteratura e cultura che da tredici anni propone autori e temi di discussione sempre interessanti e di altissimo livello nella splendida cornice del lago di Como;
l’edizione di quest’anno, che si è tenuta dal 29 agosto al 08 settembre ha presentato in apertura due incontri particolari, quello con Enrica Caretta e il suo “Passadondolo”, notevole lavoro sulla lingua italiana e le parole desuete, e quello con il poeta Franco Loi, che ha introdotto il tema del sogno su cui nei varii incontri si sarebbe discusso, seppure in diversi contesti.
Per la poesia, oltre alla presenza di Loi –di cui si è fatto cenno- c’è stata Donatella Bisutti, che in collaborazione con La Casa della Poesia di Como ha trattato un tema molto intrigante dal titolo “La poesia è un orecchio”, ed infine Giampiero Neri; per l’incontro con Neri ci si è avvalsi della collaborazione di Antonio Gnoli e Alessandro Rivali che hanno dialogato con Pietro Berra.
Alessandro Rivali è l’autore dell’ottimo saggio su Neri, edito da Jaca Book nella collana Saggi di letteratura, dal titolo emblematico “Giampiero Neri un maestro in ombra”, e di lui occorre ricordare la lunga frequentazione personale col poeta, la notevole produzione poetica e scientifica, nonché l’impegno profuso nella consultazione della sterminata bibliografia che riguarda Neri.
Già, perché di questo poeta, definito con modestia tipica della sua riservatezza “maestro in ombra”, il Rivali ha tenuto presenti –come riportato in bibliografia- ben trecentotrenta interventi italiani e stranieri, oltre le monografie canoniche di Berra, Surliuga, Marcheschi ed altri.
Il 4 settembre alle ore 19.00 nella settecentesca Villa Olmo è stato presentato il volume di Rivali, con la partecipazione al dibattito dello stesso Neri, che in conclusione di serata mi ha rilasciata una sorta di intervista: in realtà quasi una chiacchierata a due voci riepilogativa dell’incontro.

D.   A tutti coloro che si avvicinano alla poesia, soprattutto ai giovani, cosa puoi dire sul ruolo del poeta oggi?
R.   Il ruolo di una voce che si faccia ascoltare, come “di uno che grida nel deserto”, ma che non si sente un unto del Signore, ma solo un uomo tra i suoi simili: comunque sempre una voce fuori del coro.

D.  E cosa è la poesia per te?
R.  La poesia è verità, essa non può prescindere dalla verità. Chi fa poesia deve tener conto dell’aspetto formale, ma prima di tutto viene la verità, anche e soprattutto se dolorosa. La poesia è una pietra d’inciampo, una forma di opposizione alla superficialità delle chiacchiere; essa è un’esigenza dell’animo umano e sarà sempre ricercata dall’uomo che persegue la verità.

D.   Nel tuo ultimo libro “Il professor Fumagalli ed altre figure” ricordi spesso l’architetto Terragni e il suo lavoro: cosa avvicina un poeta a un architetto?
R.   Il Terragni, coetaneo di mio padre, frequentava casa nostra; un amico di famiglia, insomma, le cui opere furono per me ben presto fonte di interesse e curiosità. Molti critici, in effetti, hanno spesso sottolineato l’impianto razionale e geometrico della mia ricerca, in cui ho cercato di inquadrare temi drammatici come la morte e il male: le strutture architettoniche come elementi poetici, elementi portanti.
Il rigore del rapporto prosa/poesia, che ho sempre pensato fosse il miglior risultato realizzabile, ovvero una prosa poetica, questo rigore io lo vedevo nell’architettura del Terragni, purtroppo un incompreso, ai suoi tempi.

D.  Sei, dunque, poeta del male e della morte?
R.  Mi riconosco poeta del male, di cui spesso la morte è corollario; la crudeltà come elemento di verità del poeta, che fa testimonianza dell’esperienza. Come nel caso di vicende privatissime di dolore e morte che si dimostrano un motore potente per l’elaborazione psichica e intellettuale: si fa così poesia per trovare il rigore e mettere ordine in sé e nel proprio caos doloroso.

La vicenda umana di Giampiero Neri ha fatto esperienza diretta e dura del dolore e della morte, ma la sua poetica del rigore e, in una, della assoluta accettazione di tutte le verità, anche le più sofferte, c’insegna a perseverare sulla strada della poesia come mezzo di conoscenza, per riuscire –come diceva Celine- “a mettere la propria pelle sul tavolo”.
Una nota interessante, per concludere, all’architetto Terragni, ai nostri giorni ampiamente rivalutato e riconosciuto un maestro a livello internazionale, l’Espresso della prossima settimana dedicherà un inserto riepilogativo della vita e dell’opera: Neri “un maestro in ombra”, Terragni “un maestro anzitempo”!
                                                                                                            
Mariastella Eisenberg

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