METTERE LA PROPRIA PELLE SUL TAVOLO
Mariastella Eisenberg intervista il “Maestro in ombra” Giampiero Neri
Il “Parolario” è un Festival di letteratura e cultura che da
tredici anni propone autori e temi di discussione sempre interessanti e di
altissimo livello nella splendida cornice del lago di Como;
l’edizione di quest’anno, che si è tenuta dal 29 agosto al
08 settembre ha presentato in apertura due incontri particolari, quello con
Enrica Caretta e il suo “Passadondolo”, notevole lavoro sulla lingua italiana e
le parole desuete, e quello con il poeta Franco Loi, che ha introdotto il tema
del sogno su cui nei varii incontri si sarebbe discusso, seppure in diversi
contesti.
Per la poesia, oltre alla presenza di Loi –di cui si è fatto
cenno- c’è stata Donatella Bisutti, che in collaborazione con La Casa della
Poesia di Como ha trattato un tema molto intrigante dal titolo “La poesia è un
orecchio”, ed infine Giampiero Neri; per l’incontro con Neri ci si è avvalsi
della collaborazione di Antonio Gnoli e Alessandro Rivali che hanno dialogato
con Pietro Berra.
Alessandro Rivali è l’autore dell’ottimo saggio su Neri,
edito da Jaca Book nella collana Saggi di letteratura, dal titolo emblematico
“Giampiero Neri un maestro in ombra”, e di lui occorre ricordare la lunga
frequentazione personale col poeta, la notevole produzione poetica e
scientifica, nonché l’impegno profuso nella consultazione della sterminata
bibliografia che riguarda Neri.
Già, perché di questo poeta, definito con modestia tipica
della sua riservatezza “maestro in ombra”, il Rivali ha tenuto presenti –come
riportato in bibliografia- ben trecentotrenta interventi italiani e stranieri,
oltre le monografie canoniche di Berra, Surliuga, Marcheschi ed altri.
Il 4 settembre alle ore 19.00 nella settecentesca Villa Olmo
è stato presentato il volume di Rivali, con la partecipazione al dibattito
dello stesso Neri, che in conclusione di serata mi ha rilasciata una sorta di
intervista: in realtà quasi una chiacchierata a due voci riepilogativa
dell’incontro.
D. A tutti coloro che si avvicinano alla
poesia, soprattutto ai giovani, cosa puoi dire sul ruolo del poeta oggi?
R. Il ruolo di una voce che si faccia
ascoltare, come “di uno che grida nel deserto”, ma che non si sente un unto del
Signore, ma solo un uomo tra i suoi simili: comunque sempre una voce fuori del
coro.
D. E cosa è la poesia per te?
R. La poesia è verità, essa non può prescindere
dalla verità. Chi fa poesia deve tener conto dell’aspetto formale, ma prima di
tutto viene la verità, anche e soprattutto se dolorosa. La poesia è una pietra
d’inciampo, una forma di opposizione alla superficialità delle chiacchiere;
essa è un’esigenza dell’animo umano e sarà sempre ricercata dall’uomo che
persegue la verità.
D. Nel tuo ultimo libro “Il professor Fumagalli
ed altre figure” ricordi spesso l’architetto Terragni e il suo lavoro: cosa
avvicina un poeta a un architetto?
R. Il Terragni, coetaneo di mio padre,
frequentava casa nostra; un amico di famiglia, insomma, le cui opere furono per
me ben presto fonte di interesse e curiosità. Molti critici, in effetti, hanno
spesso sottolineato l’impianto razionale e geometrico della mia ricerca, in cui
ho cercato di inquadrare temi drammatici come la morte e il male: le strutture
architettoniche come elementi poetici, elementi portanti.
Il rigore del rapporto
prosa/poesia, che ho sempre pensato fosse il miglior risultato realizzabile,
ovvero una prosa poetica, questo rigore io lo vedevo nell’architettura del
Terragni, purtroppo un incompreso, ai suoi tempi.
D. Sei, dunque, poeta del male e della morte?
R. Mi riconosco poeta del male, di cui spesso
la morte è corollario; la crudeltà come elemento di verità del poeta, che fa
testimonianza dell’esperienza. Come nel caso di vicende privatissime di dolore
e morte che si dimostrano un motore potente per l’elaborazione psichica e
intellettuale: si fa così poesia per trovare il rigore e mettere ordine in sé e
nel proprio caos doloroso.
La vicenda umana di Giampiero Neri ha fatto esperienza
diretta e dura del dolore e della morte, ma la sua poetica del rigore e, in una,
della assoluta accettazione di tutte le verità, anche le più sofferte,
c’insegna a perseverare sulla strada della poesia come mezzo di conoscenza, per
riuscire –come diceva Celine- “a mettere la propria pelle sul tavolo”.
Una nota interessante, per concludere, all’architetto
Terragni, ai nostri giorni ampiamente rivalutato e riconosciuto un maestro a livello
internazionale, l’Espresso della prossima settimana dedicherà un inserto
riepilogativo della vita e dell’opera: Neri “un maestro in ombra”, Terragni “un
maestro anzitempo”!
Mariastella Eisenberg
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