domenica 25 agosto 2013

RITORNO NOTTURNO A BERLINO

Sono da solo che aspetto il treno che mi porta a Schöneberg. Sono solo io nella stazione. Saranno le 3 e mezza e non c'è nessuno, io solo. Ho un po' paura. Ma forse non mi succederà niente. Credo. Tira vento, ma non fa freddissimo. Io comunque ho la calzamaglia.
Passa ora un treno merci spettrale, dalla violenza inaudita, dal fragore che impaurisce.
Ho pisciato a bordo binario, nella parte iniziale della stazione che scende verso i binari. La suspense era a mille, ma mancavano otto minuti all'arrivo del treno. Ora vedo entrare in stazione due tizi, ma il tempo di abbassare gli occhi per scrivere e sono scomparsi. Li riabbasso di nuovo e arriva il treno. Ora mi sento più sicuro. Spero solo di non addormentarmi, ma questo mi rende troppo nervoso, e non mi farà addormentare.
Devo arrivare a Schöneberg. Sono le 4. Lì poi devo cambiare sulla S42 e poi ad Hermannstrasse ancora cambiare per la U8 e quindi a casa. Ma che avvilimento! Ero a cinque minuti a piedi da Mexikoplatz, ho preferito prendere un bus che portava a una fermata S-Bahn. Ma due fermate più indietro. Se fossi andato a piedi lì, sarei in viaggio già da mezz’ora. Tornerò all’alba.
Mi guardo riflesso nel finestrino. Ho un bel ciuffo e il giubbotto di pelle mi dà l’aria di un rocker: RIT IT UP! Mi sento affascinante, speriamo di esserlo anche domani. Mi serve sicurezza nel corteggiare, non devo essere impacciato perché forse ho davvero un certo fascino che posso esercitare (non solo il fascino intellettuale, troppo dipendente da una parola che qui mi è grande ostacolo).
Forse con quella piccola messicana posso fare qualcosa. Matias non mi capisce, ma lui è fidanzato. E poi su di me lei esercita il fascino della piccola messicana con cui Kerouac ha una relazione all’inizio di On The Road. E forse su di lei io esercito un fascino italiano. Quel fascino che credevo tutte le donne qui cercassero, e che io esercitassi di per me, ma di fatto così non sembra, almeno fino ad ora.
Sto scrivendo tutte queste cose che non hanno importanza solo per farmi compagnia. In questo, carta e penna mi sono amici antichi. Viva l’antico! Io non voglio scrivere codificando tutto al computer! Ma vogliamo mettere la soddisfazione di una mano stanca dopo una lunga scrittura! Che soddisfazione dà quella mano! La stessa che a un contadino può dare la stanchezza per un campo ben arato. Che magnifica concezione della scrittura c’è dietro l’indovinello veronese!
Stavolta però veramente scrivo perché non ho niente da fare.
Sono arrivato e per fortuna ho trovato subito il treno. Adesso mi sento più tranquillo, anche perché vedo volti più buoni intorno a me. In stazione anche se sapevo di essere solo mi guardavo sempre alle spalle, avevo paura. Forse una paura immotivata. Adesso sono più sereno. Sono più vicino a casa. Domani mattina dovrei andare in palestra. Spero di farcela. Poi tutto dipende da questo pranzo cui sono stato invitato. Dovrò essere più spigliato, ma già a scrivere, dire così, mi viene ansia. E se stessi sbagliando tutto? Vabeh è comunque una buona occasione per flirtare. Con lo sguardo soprattutto, come giustamente mi fa notare Matias. Credevo di sapere tante cose, e invece non so nulla. Non saprei corteggiare una ragazza, soprattutto senza il supporto linguistico. Anna fu un'eccezione, mi cascò addosso e io sapevo di piacerle. Ecco io questo devo capirlo da solo. E lo devo capire da solo attraverso lo sguardo altrui. E a quel punto, come ha fatto Matias quella volta che mi ha raccontato, posso partire in quarta e baciare. Ecco, a me mancano queste zampate, senza essere grossolano. 
Adesso sono in metro, sono le 4 e mezza. Tra pochi minuti partirà il treno. I divanetti qui sono molto più comodi delle S-Bahn. Ci sono dei turchi che parlano a voce alta con la loro antipaticissima parlata. Ora mi sento davvero stanco. Forse per questo il divanetto mi sembra così comodo. Inizio ad avere mal di testa. Spero di non averlo domani, visto che quando faccio queste ore la mattina (o pomeriggio) dopo ce l'ho sempre.
Ora sono partito e manca davvero poco a casa. E poi le 4 sono passate, adesso è orario di lavoro per i poveri macchinisti di tram e metro e per i poveri autisti di bus.
Sono solo stanco. Voglio solo il letto e il pigiama. Non riesco più a scrivere. Arrivo ad Hermannplatz. Il tratto a piedi per fortuna è corto, ma so già che sarà faticoso.
C'è un casino nella stazione, un principio di rissa che si concretizza all'uscita mentre vedo due piccole bellezze bionde.
Scrivo e cammino. La cosa mi sveglia, anche se scrivo malissimo. Ma rimango stanco.
Ora però sono a casa. Davvero. Felice che la turca non sia ancora arrivata. Scrivere mi ha aiutato. Sarebbe stato un viaggio lungo e pesante da fare da soli. Sono le 4 e 47. Il giorno è oramai il 27 novembre.


Angelo Iermano

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