domenica 18 agosto 2013

Food appeal | Allusioni alimentari

Ironia, polemica, attrait intelletual-rivoluzionario nella metarealtà di Bianciardi, mediato brillantemente dall'attore e regista irpino Salvatore Iermano


Giovedì 22 c.m., appuntamento al Carcere Borbonico,  in cortile, ore 21.30, con la trasposizione teatrale di La solita zuppa, un racconto di Luciano Bianciardi, ribattezzato Food appeal | Allusioni alimentari dal curatore Salvatore Iermano, che lo interpreta e dirige. Iermano, attualmente allievo del Conservatorio Teatrale diretto da Giovan Battista Diotajuti, a Roma, con un curriculum sostanzioso alle spalle, nonostante la verde età, è un lettore onnivoro con l'inclinazione a scovare e riscoprire testi poco rappresentati o imbrigliati nelle deplorevoli maglie della dimenticanza, mentre invece meritano di essere sottratti allo scaffale delle polveri. È il caso del controverso autore di La vita agra, il grossetano Luciano Bianciardi, che ci ha lasciato una densa, variegata raccolta di racconti: Il peripatetico e altre storie. Food appeal contiene ed estrude lo spirito amarulento, ribelle, esilarante e surreale di Bianciardi, a cavallo tra la commedia, con riuscitissimi ritratti patetico-grotteschi, e lo spunto riflessivo satirico-drammatico sui formalismi, le ipocrite convenzioni di una società capovolta,  dove la trasgressione e il tabù non provengono più dal sesso infernalizzato, ma dall'altrettanto demonizzato appetito gastronomico per pietanze divenute fuori legge. La stessa passione per il cibo si trasforma in autentica perversione. Iermano si attiene alla linea iconoclasta di Bianciardi,  ne metabolizza la cruda-crudele ironia,  ne rispetta, con intuizione particolarmente felice la distonia del protagonista tra sentire e trasgredire, autocolpevolizzarsi e cedere all’anarchia di sensi e pensieri come già l'accoppiata Tognazzi-Lizzani nel 1964 con la versione cinematografica di La vita agra

I disagi,  gli imbarazzi, le insofferenze nevrili, i sotterfugi del personaggio interpretato da Iermano tessono un costrutto paradossale,  tra divertimento e inquietudine: le cadenze di commedia da costume incastonate in una distopia che raschia l'urto psicologico,  mentre ammicca alla metafora ludico-comica, ne svelano un tessuto complesso,  tenuto insieme dall'azzeccato amalgama di ironia e di asprezza, senza sbilanciamenti o concessioni a sbavature ridanciane, che il giovane regista-interprete riesce a dosare ed a pilotare con coerente disinvoltura. Non ci resta che accogliere con favore e fervore il ritorno di un autore fondamentale nella narrativa d'epoca del memorialismo di anni che sancirono il trionfo dell'economia tanto aggressiva quanto oppressiva (e ingannevole) mentre si coccolavano idee anarchiche destinate a fare i conti con una realtà blindata, sapiente nell'irradiare le proprie sirene,  fino al distoglimento degli impulsi rivoluzionari. E non ci resta che applaudire il talento di un ragazzo, Salvatore Iermano,  che ha davvero votato la propria esistenza alla soddisfazione del bisogno primario dell'arte scenica e scrittoria.

ARMANDO SAVERIANO


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