giovedì 13 giugno 2013

Gente di Debrecen


Impressione #1

Le mani trattengono l'infinito se stesso
Szandi studia italiano a livello elementare. Non parla quasi per niente nessuna lingua se non la propria, l'ungherese. Va in giro con un libro di frasi fatte scritte in italiano che illustrano situazioni tipiche della vita quotidiana, un frasario acquistato a buon mercato in un negozietto che suole adulare la clientela con quell'aria di vita vissuta, d'antica memoria, sfoggiando oggetti che attendono di vivere una seconda vita.
Szandi ama tutto ciò che è suono e gestualità: sarà per questo che si lascia penetrare dalla lingua italiana. "Imádom", ripete spesso, "l'adoro". Esterna i pensieri con la limpidezza e la gratitudine dei suoi occhi azzurri, quasi trasparenti, vividi, trasognati, lasciando presagire mondi lontani che cercano bellezza tra le crepe del suolo e delle anime, ferite aperte nelle periferie di Debrecen. Ascolta canzoni di tutti i generi, esprimendo apprezzamento per qualunque cosa interpretata da italofoni: si trastulla sulle note di Negramaro, Laura Pausini, Fabrizio Moro, Anna Tatangelo, Ligabue, Negrita. Il senso delle liriche le sfugge, vorrebbe comprenderle ed il desiderio implicitamente espresso travalica l'umana comprensione, trasparendo da ogni poro incuneato nella candida pelle, finanche offerto dal dilatarsi delle iridi contornate d'ebbrezza lucente. Non è ancora pronta alla compenetrazione di quegli squarci comunicativi. Essi ancora aleggiano per lei poco sopra l'oceano del mistero. Ma da tali limiti non si lascia intimorire e, imperterrita, continua ad ammiccare all'amore del sapere. Tutto è suono, melodia, farneticazione di qualche arcana ed esotica fantasia: l'Italia è sentimento, l'Italia è vibrazione di corde profonde dell'essere, l'Italia è vita, l'Italia è sogno. E Szandi si lascia scuotere dai fremori di una vita che l'attende così come recita un'incisione sulla propria pelle, un minuscolo tatuaggio impresso sull'avambraccio che le ripete giornalmente "La vita ti aspetta". Szandi le corre incontro col sorriso e l'abbraccia con tutta la forza della sua minutezza; ne osserva le cicatrici e ne ride gioiosamente. E' il sollievo di poter guardare avanti a connotare la sua persona, passato e presente sono come colori spremuti sulla stessa tavolozza, mescolati con la maestria di chi ha imparato dal destino ad affrescare la propria esistenza. Szandi la condisce di petali sonori elargiti dalle sue originali esalazioni: emula voci, stride le altrui sciocche fantasie represse, deride le storture dell'umana incomprensione ed imita le orripilanti brutture con fare grottescamente compiaciuto. Eppure ogni qual volta si addentra sul serio in significati velati d'umana verità si commuove, come quando l'udito ha accolto per la prima volta le note de La Canzone di Marinella di Fabrizio De Andrè con traduzione ungherese al fronte delle proprie orbite: Szandi s'è portata le dita all'altezza degli occhi lucidi nel tentativo di arginare le emozioni colanti sul viso. In certi istanti ti osserva gravida di gratitudine e smottante imbarazzo: non conosce le parole adatte, non dispone combinazioni per poter dipingere il proprio stato d'animo, eppure non prova il minimo senso di vergogna nel pronunciare i propri sentimenti. Così, improvvisamente, ti afferra la mano e, spiegandola come un'ala d'uccello, la ripone sul proprio petto all'altezza del cuore, lì dove la vita pulsa più forte e non vuole sentir ragioni.


Federico Preziosi


1 commento:

  1. Adoro osservare le persone, guardare la gente e andare oltre ti permette di scoprirle un po'. Nella gente ci vedo sempre tante storie e questo racconto breve è un pezzo di storia e di vita. Molto bello!!! g+ e ovviamente mi unisco ai vostri lettori ;)
    ciao ciao

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