lunedì 20 maggio 2013

SCELESTA MATER

Studio di Oreste

Il personaggio gioca il suo ruolo tra senso della fatalità e collera trattenuta per l’ineluttabile, che l’ha trasformato in matricida. Si rivolge alla sorella Elettra; spesso, però, scivola nello straniamento. Suo malgrado, testimone e vittima di una pulsione erotica. Schiantato dalla dannazione.

Reggia di Micene.

W.A.Bouguereau, Oreste perseguito dalle Erinni
ORESTE Elettra! Quel che doveva accadere è compiuto. Quel che tu di terribile hai covato in segreto negli anni terribili ha arriso allo scopo. Soddisfatto sarà l’oracolo… e Zeus… signore degli dei… si dirà pago della mia azione. 
Ho onorato nostro padre, Agamennone… Ho versato libagioni sulla sua  tomba negletta, priva di rami di mirto, e memore delle più spoglie esequie. Vi ho deposto una ciocca dei miei capelli. Guardami.
Elettra, guardami!
Hai basso lo sguardo, sorella. I tuoi occhi temono dunque di incontrare i miei?
Ma sono un uomo, adesso. Grazie a te. Il solo erede del trono usurpato.

Ho vendicato il sangue paterno tradito, versando quello vilissimo dell’inetto concubino di Clitennestra.
Non più protetto dal corpo di guardia, campione nei talami illegittimi e pavido di fronte alle armi, mi ha chiesto pietà. Tremava tutto, accosciato ai miei piedi. Mi si è avvinto alle ginocchia. Quella mancanza assoluta di dignità, di virilità, mi ha nauseato. È allora che l’ho colpito. Ho levato la spada nell‘urgente bisogno di spazzare via dal mondo un essere tanto spregevole. Approfittando della mia lontananza, forte dei favori di Clitennestra, si recava sulla tomba del re, gettandovi ingiurie e sassi. Ebbro di vino e di sesso, biascicava tracotante: “Vieni, Oreste, vieni a prenderti quel che ti spetta!”
Ebbene, son qui, cane,  gli ho sibilato. Vengo a prendermi la vendetta, e tu prendi ora la mia spada!
Ancora mantieni in terra lo sguardo, sorella! Non puoi… non sai dunque sostenere la vista del tuo tanto invocato germano, il giustiziere di cui tu hai contribuito ad armare il braccio, nutrendolo di furore mentre gli raccontavi dei soprusi di Egisto, dell’empia condotta della madre?

Mi hai strappato le illusioni dell’adolescenza! Ho ucciso per te, Elettra. E per me. Apollo e Zeus non mi lasciavano scampo! Ho ucciso per il nostro popolo infingardo, incapace di opporsi al dominio blasfemo di Clitennestra, assassina del re, appena tornato, trionfante, da Troia distrutta, coperto di fama e di oro, inconsapevole di ciò che l’attendeva proprio nella sua casa!
Ma so che non per Egisto codardo, l’adultero schiavo delle lascivie della regina, trafitto là, davanti al mio trono, provi turbamento…
Guardami, in nome di Zeus! 
Non è di Clitennestra il sangue di cui sono lercio. Non della madre sciagurata che ordì l’inganno e l’omicidio. Perché fu ella… e lo sai… tu eri presente nell'atto in cui la rete da pesca fu fatta calare dall'alto da Egisto, sul corpo ignudo di Agamennone, immerso in pigri lavacri nelle tiepide acque profumate, nella vasca azzurra approntata dall’infìda consorte… fu ella, con sorprendente violenza, a pugnalare l’inerme, sbigottito re… fu ella a colpire, colpire, colpire furente, esaltata…a continuare a immergere il coltello feroce, lordo del sangue metallico e denso, nelle membra impaniate, ormai  immote, inoffensive…E seguitò a farlo, incurante dell’indolenzimento del braccio mulìebre, anche dopo che la vita  aveva abbandonato quelle spoglie odiate, e a lungo, a lungo…
A lungo ella infierì.
Con il volto devastato da un ghigno folle, tripudiante di mostruosa esultanza.

No, Clitennestra non ha chiesto grazia al figlio che tu allontanasti da Micene per impedire che venisse soppresso dagli infami amanti! Ella non si è sottratta al castigo… presaga forse di una onirica visione che rivelò alla mia vecchia, buona nutrice Gilissa…e che la fedele balia mi riportò…Clitennestra aveva infatti sognato che l’ombra di Agamennone, strappato lo scettro dalle indegne mani di Egisto, lo aveva piantato nel suolo e che da esso era germogliato un viluppo di altissime piante fronzute che avevano gettato nella notte perpetua l’intera Micene.
Mi è venuta incontro. I suoi occhi viola hanno retto gli aghi di disprezzo, di schifo e di dolore nei miei. Ha schiuso le belle labbra, dipinte come quelle di un’etèra, ma non ha emesso suono. Ha poggiato le sue mani calde sui miei fianchi e mi si è fatta accosto. Nel frattempo la veste le si era sciolta sul seno. Quasi… mi porgeva la bocca lubrìca…
Il suo umido sospiro mi vellicava il mento.
Ho lasciato cadere la spada senza sentire il rumore dell’acciaio contro il marmo… non avvertivo altro che il rombo del sangue che ruggiva dalle orecchie alle tempie. Mai avevo veduto donna più bella, più indifesa, eppure più insidiosa di quella. Il seno latteo, colmo, ansava lievemente, sfiorandomi il petto. Ella portava i lunghi capelli di rame gettati sulle spalle, le piovevano fino al cinto. Profumavano di gelsomino e genzianella. Io… non potevo lasciarmi distogliere da quella malìa… da quegli occhi che sono esattamente i tuoi…come pure le rubre chiome, la figura fiera, voluttuosa.
Provavo… attrazione e potente repulsione per quella femmina… la mia indecente genitrice, colei che mi aveva partorito diciotto anni prima… e che, infante, non si sarebbe fatta scrupolo di lasciare alle cure mortali del viscido Egisto.

Le mie mani si mossero ferme, all’unisono, dotate di volontà propria, a carezzare il collo spudorato su cui pulsava una docile vena di smeraldo. Com’era vellutata, la pelle, ed elastica e soda… com’erano disarmanti quegli occhi tanto grandi da ospitare una polla di malinconia nella quale credere e precipitare…!   
In un lampo… ho visto… ho condiviso il suo dramma per la perdita dell’adorata Ifigenìa, che Agamennone a tutti i costi volle condotta all’ara sacrificale, affinché i venti negligenti fossero propiziati e gonfiassero le vele delle navi ansiose di partire alla volta di Troia. Credo che di noi figli Clitennestra abbia amato solo lei…
Ho capito quanto le fosse intollerabile l’umiliazione di subire il ritorno dello sposo guerriero, supremo distruttore di Ilio, che seco conduceva, come preda di guerra, la principessa veggente, la disgraziata Cassandra. Costei sapeva del destino che avrebbe accolto il suo rude violatore, Agamennone, ma non parlò, non lasciò trapelare indizio alcuno.
Fu quella la sua vendetta per lo sterminio del popolo di Ilio orgogliosa, ridotta dagli Argivi, con il tranello, a un cumulo di fiamme crepitanti e di ceneri bigie.
Guardami, dunque. Adesso!

Clitennestra… era preparata a quel momento, all’incontro ferale… si aspettava che sarei tornato, un giorno, a reclamare quanto aveva deposto nelle mani frolle del seduttore di donne fedifraghe…
Quegli occhi! 
Mi trapassavano il cranio, mi cuocevano il cervello! Erodevano il cuore… Tu non capisci!
Vedevo il padre mio a stento conosciuto piegarsi, squassato dagli spasmi, piombare giù soffocato dal suo stesso sangue zampillante… Egisto, in disparte… a gongolare… Tu, sorella, muta dal terrore… E lei… la sposa assassina… Clitennestra… gloriarsi dell’ignobile omicidio… esibire efferata sulla fronte, sul petto, gli schizzi di sangue come se fossero rari rubini corinzi. Ha lasciato su di sé per giorni quel sangue, senza lavarlo via, finché non si è disseccato e s’è staccato in macabre, friabili croste…
All’istante le mie mani hanno stretto quella gola, Elettra.
M. Bernardino, Oreste uccide la madre Clitennestra ed Egisto
Stretto. 
Stretto. 
Stretto… 
…sempre più forte. 
Sempre. 
Più. 
Forte.



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Quando ho disserrato la morsa… ella s’è accasciata. Come una stoffa zuppa di pece.
Non dimenticherò mai quell’effetto di pesante tessuto bagnato… sopra i gradini del soglio reale.
E i suoi occhi! Gli occhi! Quegli occhi di topazio…
                                                                          
PAUSA

Dammi la mano. Ecco, ti tendo la mia. Prendila.
Prendila, ti dico.
Vieni. Mi sarai compagna nel mio vagare ramingo… Esuli. Tu ed io.
Siamo maledetti, Elettra! Non c’è rimedio. Non vale indulgenza.
Già le Erinni affilano gli artigli, digrignando le zanne e addestrando i veloci polpacci..
Non abbiamo più niente da fare, qui.
Andiamo.
C’è un prezzo da pagare.
                                                                                                  ARMANDO SAVERIANO

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