Una donna straordinaria che non rassegna le dimissioni per rivendicare ed esercitare i suoi diritti, aspri e cocenti come le passioni, scabri e difficili come la sua Basilicata.
Poetessa e donna di scintillante temperamento e di spinoso orgoglio, ha inteso opporsi sino all’ultimo alle bieche tirannie del destino e alle regole blindate dei musoni benpensanti.
Poetessa e donna di scintillante temperamento e di spinoso orgoglio, ha inteso opporsi sino all’ultimo alle bieche tirannie del destino e alle regole blindate dei musoni benpensanti.
A un certo
punto ha legittimamente preteso di seguire i suoi istinti,
prevedendone le conseguenze e senza temerle, ma, anzi,
infischiandosene.
Ha
cominciato a comporre, nella sua cucina, versi che schizzavano olio
bollente da tutte le parti, soffriggendo sofferenza e rivalsa,
umiliazioni e ripicche, lividure e lasciti di un tormentato passato.
Strega
moderna, se l’intelletto e l’indipendenza sono i filtri magici
per riscattare troppi giorni bui, ha fatto circolare i suoi tesori
spesso scritti furiosamente su pezzetti di carta stropicciata, ed ha
raccolto immediatamente favori e stizzose invidie, attenzione e
scandalo, augusti consensi di critici non provinciali né bazzotti,
dentro e fuori il circuito meridionale.
Apprezzatissima
da Franco Loi, che ne ha seguito la crescita e ne ha segnalato il
passaggio tra le figure più genuine e sensazionali dei grandi della
letteratura, dalla seconda metà del novecento agli esordi del terzo
millennio, Assunta ha viaggiato –richiestissima– in tutta
Italia, acclamata anche in seno a quei consessi più rigidamente
schematici.
Lettrice e
interprete sanguigna dei suoi versi colati via dal magma puro, non
resterà nel nostro ricordo come poetessa angustamente dialettale;
ma musa per se stessa e gli altri oltre ogni confine, al di là e al
di sopra di qualsivoglia etichettatura.
Neanche gli
orrori del cancro l’hanno fiaccata. Ha lavorato fino all’estremo,
combinando nel veemente laboratorio alchemico nuove raccolte e
preparando sempre progetti, forte dell’accoglienza di Einaudi,
Mursia, Zone, Lietocolle.
Il suo
verso grida, strappa, scuote, taglia anche nel sussurro erotico e nei
sussulti di fronte ai tradimenti della vita, che l’ha voluta
infelice, costantemente sul filo dell’ansia e della rabbia.
Lascia
splendidi volumetti, veri scrigni di verità, bellezza e dolore, ove
il dialetto lucano eccezionalmente non viene frodato dalle versioni
in lingua ufficiale. Altrettanto godibili, altrettanto
indimenticabili nella sonorità e nella scossa emotiva. Tra i suoi
titoli, citiamo “Scurije”, “Solije”, “Tunnicchio”, una
gustosissima riscrittura dialettale del Pinocchio di Collodi, in
versi nervosi e sapidissimi, e “Tatemije”, il suo testamento
prima della silenziosa dipartita. Che ha gettato nello sgomento
quanti l’hanno veramente amata.
ARMANDO SAVERIANO
Nessun commento:
Posta un commento