Indagatrice
del Cosmo
nell’attimo
di un atomo
Nessuna
scrittrice irpina è prolifica, profonda, delicata ed inquietante
quanto Annamaria Gargano, il cui esplosivo e rigoglioso eclettismo
sembra cozzare contro una natura talmente riservata da rasentare un
silenzioso, persistente isolamento. Un isolamento garbato e pudìco,
che non implica chiusure e incapacità d’ascolto, o altezzoso
egoismo: tutt’altro. Giacché la Gargano è creatura d’amore,
d’inchiostro e di empatia.
Non soltanto lo testimoniano le
pagine dei corposi libri di narrativa e di poesia, ma la
frequentazione amicale, sempre ricompensata e soddisfatta dalla sua
acutissima (e arguta) sensibilità. Sembra trovare sempre le parole
giuste per rimettere sulle grucce chi scivola e magari si dispera,
accantonando i problemi personali e chiedendo alle proprie ferite di
saper attendere per ricevere il sollievo di un batuffolo di cotone.
Non si tratta di generosità che
luccica di sé per concorrere al Premio, ma di semplice attitudine.
Del resto l’attenzione che
riserva al prossimo e l’osservazione che dedica al microcosmo degli
“atti minimi” e delle piccole/grandi cose vengono mirabilmente
ingaggiate in qualità di ausilio ideale e perfetto nell’operazione
quasi medianica della scrittura.
C’è tanta psicologia nei
racconti di Annamaria, e una sagace e malinconica filosofia nei versi
del dolore e della gioia inaspettata, che possono insorgere da una
mancanza, da un ricordo, da una sensazione, dall’ala di un colombo,
dal foglio di carta rapito dal vento che va a perdersi impigliato nei
rami di una pianta spoglia sopra un lontano balcone.
La Gargano ha il seno ospitale e
nutriente della madre, il polso fermo per ogni circostanza in
famiglia, il braccio da offrire a un conoscente in difficoltà. E la
sorprendente fratellanza con Franz Kafka nelle prose e con la
sconcertante “reclusa” di Amherst in poesia. Come la Dickinson è
partecipe della vita senza che la vita la mastichi, la deglutisca,
l’inglobi nella sua pragmaticità desolante. Soprattutto ha la
percezione, Annamaria, del visibile invisibile agli occhi rozzi e ai
cuori impermeabilizzati: arriva dove gli altri dubitano di poter
partire; coglie ciò che i più si sono dimenticati di sentire,
smarriti nei rovelli quotidiani, afferrati alle proprie cupidigie,
infebbrati di amaurotico egoismo. Impossibile citare i suoi
capolavori poetici senza far torto a tutti gli altri.
Ricordiamo la pubblicazione, per i tipi di
Laceno/Mephite, “Nel tempo degli anni, leggera”, da cui
escerpiamo esemplare morceau.
ARMANDO SAVERIANO
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