Il medico ecologista
Alfonso
Attilio Faia ha da sempre conciliato la delicata professione medica
con l’amata scrittura, sottraendo al sonno e alla famiglia ore
clandestine per dedicarle a prosa e poesia.
Tanto acuto saggista quanto arguto
poeta, Faia vanta un numero considerevole di pubblicazioni, che ne
premiano l’invidiabile passione e ne attestano l’onestà
intellettuale.
Sensibile assai alle problematiche
sociali, al degrado di una natura violata e malamente sfruttata dalla
cupidigia del potere economico, egli attribuisce alle nefaste
condotte dell’animale politico e alle consapevoli o ignave
compiacenze del cittadino eterodiretto (per accidia e per progressivo
allentamento del senso morale) la primaria responsabilità del
disastro ecologico.
Con drammatica serietà, scandita e
sottolineata da una continua trafittura amaramente dissacratoria,
egli usa il flagellante verso per annunziare ciò che del resto è
sotto gli occhi di tutti, se tutti non stornassero lo sguardo e
scotomizzassero il depauperamento civile ed etico della nostra
travagliata epoca: azzeramento delle prospettive future per le
giovani generazioni. La sua poesia si muove tutta fra presagio e
monito; il suo saggio allarme vibra e si ripercuote nei fasci
dell’ortica caustico-ironica e del ferro spinato di un ghigno
sarcastico.
Durante l’esplorazione della
coerente e solida inclinazione letteraria, il poeta non ha altresì
lesinato gli sguardi dolciamari al territorio, alle origini della sua
gente, alle metamorfosi evo/involutive, tra catastrofi naturali o
provocate dall’errore umano, iscrivendosi per elezione e per
destino nel catalogo dei perturbanti protagonisti dell’ideologia
mediterranea. Un eclettismo che gli fa imboccare e percorrere piste
diversissime e confluenti, negli esiti formali più interessanti, sia
nell’adozione della crepitante assonanza, sia nell’altrettanto
deciso slittamento nell’enunciativa nient’affatto antilirica: in
entrambi i casi con proposte accese intorno all’impegno protervo e
cocciuto di salvare il salvabile nella sconfitta esistenziale e nello
strappo resettante a danno della memoria, delle ataviche radici. Ha
inaugurato con il volume “Gli acrobati - Storie di ieri e di oggi”
(ed. Laceno, AV – 2010) l’ambiziosa collana poetica “Scrimia”,
nella quale è riapparso con la seconda e la
terza parte dell’urticante raccolta.
ARMANDO SAVERIANO
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