Umoristico? Grottesco? Catastrofico? Satirico?
In quale genere rientra –se
volessimo categorizzare– l’insolito romanzo
“Il Melodramma del Baccalà”, di
Giovanni Ruggiero,
corrispondente di Avvenire?
Potremmo certamente parlare di
mainstream, e al
diavolo le etichettature.
In tema di “fine del mondo” tout
court o di fine di questo mondo
che siamo così impegnati a saccheggiare, manipolare, maledire, in
cui siamo abituati a vivere e a strappare un empito di gioia, a
frodare e a collezionare fregature, a soffrire e a morire, il libro
dà di gomito all’archetipo top della tradizione biblica (il
diluvio) e chiama in causa una sterminata letteratura del filone
cataclismico: per esempio – e lo cito perché è di recente stampa,
nonostante risalga agli ultimi fuochi della dittatura franchista (il
1973) – “Seconda origine” di Manuel De Pedrolo.
Qui non delle piogge senza fine, ma gli
effetti e le conseguenze di un’invasione aliena (catastrofe dagli
spazi profondi e non longa manus
di una natura in rivolta) hanno fatto strage dell’umanità, ridotta
a qualche superstite abbrutito da malattie e da stenti che rovista
tra rifiuti, colonne di detriti e
spaventevoli macerie, come il più misero
dei barboni nella Old London
vittoriana, per raschiare qualcosa di ancora commestibile, di ancora
utile alla primitiva sopravvivenza. Nel “melodramma” di Ruggiero,
sono i palombararcheologi,
novelle “pescatrici di perle”, a tuffarsi nella Mecca del passato
per recuperare manufatti incomprensibili,congegni astrusi, oggetti
che appaiono corbellerie, in ogni caso reperti da analizzare,
studiare, capire.
Per tornare all’acqua,
causa primaria leviatanica nei romanzi di fs cataclismica, possiamo
ignorare il celebre “Deserto d’acqua”, di Ballard, che ha
trasformato il pianeta in un gigantesco acquario? O, in quanto
ipotesi di contrasto, “Il vampiro del mare”, di Charles Eric
Maine, in cui delle titaniche crepe, aperte sul fondo dell’oceano
Pacifico a causa di esplosioni atomiche, risucchiano inesorabilmente
il liquido vitale, condannando la Terra alla desertificazione
progressiva?
Se intendessimo definire fantascienza
sociologica “Il Melodramma del Baccalà”, non andremmo affatto
fuori pista, né consegneremmo il lavoro a uno scaffale più in
basso; dovremmo però rivolgerci al filone umoristico, ben rimpolpato
da titoli cult che vanno dai classici di Fredric Brown (“What Mad
Universe”) e Henry Kuttner (“Robots Have No Tails”) a “Guida
Galattica per Autostoppisti” del britannico Douglas Adams; e via
discorrendo con Kurt Vonnegut (“Le sirene di Titano”), Eric Frank
Russell (“Galassia che vai”), Italo Calvino (“Le
cosmicomiche”), Stefano Benni (Terra!”), Bradley Denton (“Una
voce da Ganimede”)…
L’analogia (che a qualcuno potrebbe
sembrare azzardata) con il romanzo di De Pedrolo si giustifica con
l’espediente, usato anche nel “Melodramma”, del manoscritto
fortunosamente ritrovato più o meno intatto dopo migliaia d’anni.
Nel “Melodramma” si parla di una
“stele” che avrebbe consentito agli uomini della società
“bagnata” post diluvio di decifrare l’alfabeto della lingua
perduta degli Uomini Asciutti
ante diluvio: la stele di Rosetta. Nello specifico, Rosetta
(Donnarumma) è la sorella di un avvocato, alla quale fu inviata una
cartolina sentimentale da parte di uno spasimante in uggia di naia.
Un esiguo drappello di avventurosi, l’io
narrante, la paleologa Anna Quata e il buffo prof. Persico, animati
da sacro furor di ricerca, per amor di scienza e di curiosità,
partono alla volta dell’unico lembo di terra risparmiato dal
(provvidenziale) diluvio del 2012 (Maya docent), per varcare la
mitica porta di casa della famiglia Donnarumma. Ci riescono, senza
tante peripezie, ne rastrellano ricco bottino (tostapane, orologio a
cucù, rasoio, giradischi e…il prezioso, intonso diario
dell’avvocato!), ma una tempesta quasi d’origine metafisica sulla
rotta di ritorno, reclama per i flutti anche quei tesori, affinché
la quadratura del cerchio sia chiusa.
Non basta. Il protagonista, dal canto
suo, con la solidarietà dei compagni, sentenzia: “ Avviatevi
verso la barca, io intanto apro tutti i rubinetti…Voglio sommergere
questa Terra Asciutta, affinché il mondo non possa mai tornare come
prima.”
Il tono, lo vediamo, è leggero ( e
leggiadro nella sua godibilità), da commedia arguta, come non se ne
scrivono più. La vecchia RAI delle storiche, gloriose trasmissioni,
sulla falsariga di Biblioteca di Studio 1, se ne sarebbe impadronita.
La parodia è ghiotta e raffinata. Proprio qui s’attiva la corrente
magnetica della narrazione, che “adesca” con una smorfia sorniona
il lettore e lo fa accomodare nella poltrona matta di una boutique
delle meraviglie, che passa a setaccio vizi, furbizie, castronerie,
tic, malesseri, paradossi e meschinità del tempo degli Asciutti,
dalla scansione domestica quotidiana alla opulenta, rubiconda orgia
gastrica della pseudopolitica,
Diviso in scapricciati paragrafi che vanno
letti, volendo, indipendentemente dal tutto, almeno finché non si
arriva alla finale, sapida “saga” dei magnifici Donnarumma, il
libro di Ruggiero, edito per i tipi di Diana, muove di fresco le onde
del sorriso, mette di buonumore i naviganti, incuriosisce e tira di
sotto la coperta anestetica e infabulata del postmoderno franato quel
filino di seta che tesse un sostrato di colpa e di vergogna (castigat
ridendo mores) per viltà grandi e piccine
nel retrobottega della coscienza e per il lungo e il largo della
scena pupesca di una comunità nostrana restìa alla guarigione
benché “sull’orlo della voragine”.
Spassosa la sezione “Politica e buona
forchetta” (esplicita l’immediata metafora) e il cruciale
paragrafo dedicato a Folliero e Giselda, storia d’amore, di
melomania e…baccalà (profumato o olezzante, a seconda dei gusti).
Da cui il titolo.
Rimarchevole la spiritosa copertina del
volume (volutamente rétro), realizzata dall’estro di Rosario
Nocera. Per una sana scorpacciata e una migliore digestione!
ARMANDO
SAVERIANO
GIOVANNI RUGGIERO IL
MELODRAMMA DEL BACCALÀ DIANA ED. 2012 PAG.160 EURO 12.00
Booktrailer
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