sabato 12 gennaio 2013

Il mito degli uomini asciutti




Umoristico? Grottesco? Catastrofico? Satirico?
In quale genere rientra se volessimo categorizzare– l’insolito romanzo “Il Melodramma del Baccalà”, di Giovanni Ruggiero, corrispondente di Avvenire?
Potremmo certamente parlare di mainstream, e al diavolo le etichettature.
In tema di “fine del mondo” tout court o di fine di questo mondo che siamo così impegnati a saccheggiare, manipolare, maledire, in cui siamo abituati a vivere e a strappare un empito di gioia, a frodare e a collezionare fregature, a soffrire e a morire, il libro dà di gomito all’archetipo top della tradizione biblica (il diluvio) e chiama in causa una sterminata letteratura del filone cataclismico: per esempio – e lo cito perché è di recente stampa, nonostante risalga agli ultimi fuochi della dittatura franchista (il 1973) – “Seconda origine” di Manuel De Pedrolo.
Qui non delle piogge senza fine, ma gli effetti e le conseguenze di un’invasione aliena (catastrofe dagli spazi profondi e non longa manus di una natura in rivolta) hanno fatto strage dell’umanità, ridotta a qualche superstite abbrutito da malattie e da stenti che rovista tra rifiuti, colonne di detriti e
spaventevoli macerie, come il più misero dei barboni nella Old London vittoriana, per raschiare qualcosa di ancora commestibile, di ancora utile alla primitiva sopravvivenza. Nel “melodramma” di Ruggiero, sono i palombararcheologi, novelle “pescatrici di perle”, a tuffarsi nella Mecca del passato per recuperare manufatti incomprensibili,congegni astrusi, oggetti che appaiono corbellerie, in ogni caso reperti da analizzare, studiare, capire.
Per tornare all’acqua, causa primaria leviatanica nei romanzi di fs cataclismica, possiamo ignorare il celebre “Deserto d’acqua”, di Ballard, che ha trasformato il pianeta in un gigantesco acquario? O, in quanto ipotesi di contrasto, “Il vampiro del mare”, di Charles Eric Maine, in cui delle titaniche crepe, aperte sul fondo dell’oceano Pacifico a causa di esplosioni atomiche, risucchiano inesorabilmente il liquido vitale, condannando la Terra alla desertificazione progressiva?
Se intendessimo definire fantascienza sociologica “Il Melodramma del Baccalà”, non andremmo affatto fuori pista, né consegneremmo il lavoro a uno scaffale più in basso; dovremmo però rivolgerci al filone umoristico, ben rimpolpato da titoli cult che vanno dai classici di Fredric Brown (“What Mad Universe”) e Henry Kuttner (“Robots Have No Tails”) a “Guida Galattica per Autostoppisti” del britannico Douglas Adams; e via discorrendo con Kurt Vonnegut (“Le sirene di Titano”), Eric Frank Russell (“Galassia che vai”), Italo Calvino (“Le cosmicomiche”), Stefano Benni (Terra!”), Bradley Denton (“Una voce da Ganimede”)…
L’analogia (che a qualcuno potrebbe sembrare azzardata) con il romanzo di De Pedrolo si giustifica con l’espediente, usato anche nel “Melodramma”, del manoscritto fortunosamente ritrovato più o meno intatto dopo migliaia d’anni.
Nel “Melodramma” si parla di una “stele” che avrebbe consentito agli uomini della società “bagnata” post diluvio di decifrare l’alfabeto della lingua perduta degli Uomini Asciutti ante diluvio: la stele di Rosetta. Nello specifico, Rosetta (Donnarumma) è la sorella di un avvocato, alla quale fu inviata una cartolina sentimentale da parte di uno spasimante in uggia di naia.
Un esiguo drappello di avventurosi, l’io narrante, la paleologa Anna Quata e il buffo prof. Persico, animati da sacro furor di ricerca, per amor di scienza e di curiosità, partono alla volta dell’unico lembo di terra risparmiato dal (provvidenziale) diluvio del 2012 (Maya docent), per varcare la mitica porta di casa della famiglia Donnarumma. Ci riescono, senza tante peripezie, ne rastrellano ricco bottino (tostapane, orologio a cucù, rasoio, giradischi e…il prezioso, intonso diario dell’avvocato!), ma una tempesta quasi d’origine metafisica sulla rotta di ritorno, reclama per i flutti anche quei tesori, affinché la quadratura del cerchio sia chiusa.
Non basta. Il protagonista, dal canto suo, con la solidarietà dei compagni, sentenzia: “ Avviatevi verso la barca, io intanto apro tutti i rubinetti…Voglio sommergere questa Terra Asciutta, affinché il mondo non possa mai tornare come prima.”
Il tono, lo vediamo, è leggero ( e leggiadro nella sua godibilità), da commedia arguta, come non se ne scrivono più. La vecchia RAI delle storiche, gloriose trasmissioni, sulla falsariga di Biblioteca di Studio 1, se ne sarebbe impadronita. La parodia è ghiotta e raffinata. Proprio qui s’attiva la corrente magnetica della narrazione, che “adesca” con una smorfia sorniona il lettore e lo fa accomodare nella poltrona matta di una boutique delle meraviglie, che passa a setaccio vizi, furbizie, castronerie, tic, malesseri, paradossi e meschinità del tempo degli Asciutti, dalla scansione domestica quotidiana alla opulenta, rubiconda orgia gastrica della pseudopolitica,
Diviso in scapricciati paragrafi che vanno letti, volendo, indipendentemente dal tutto, almeno finché non si arriva alla finale, sapida “saga” dei magnifici Donnarumma, il libro di Ruggiero, edito per i tipi di Diana, muove di fresco le onde del sorriso, mette di buonumore i naviganti, incuriosisce e tira di sotto la coperta anestetica e infabulata del postmoderno franato quel filino di seta che tesse un sostrato di colpa e di vergogna (castigat ridendo mores) per viltà grandi e piccine nel retrobottega della coscienza e per il lungo e il largo della scena pupesca di una comunità nostrana restìa alla guarigione benché “sull’orlo della voragine”.
Spassosa la sezione “Politica e buona forchetta” (esplicita l’immediata metafora) e il cruciale paragrafo dedicato a Folliero e Giselda, storia d’amore, di melomania e…baccalà (profumato o olezzante, a seconda dei gusti). Da cui il titolo.
Rimarchevole la spiritosa copertina del volume (volutamente rétro), realizzata dall’estro di Rosario Nocera. Per una sana scorpacciata e una migliore digestione!

ARMANDO SAVERIANO


GIOVANNI RUGGIERO IL MELODRAMMA DEL BACCALÀ DIANA ED. 2012 PAG.160 EURO 12.00

Booktrailer

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