mercoledì 30 gennaio 2013

La fine del mondo



Religione o scienza?

Messa da parte la profezia dei Maya, fallace o male interpretata, che ha alimentato morbose o ridicole speculazioni, resta sullo sfondo lo spettro della FINE, che non potrà non accadere. Tutto è movimento, tutto è provvisorio. Anche l’umanità. Anche l’Universo.
Il concetto di morte è talmente spaventoso che abbiamo avuto bisogno delle religioni, delle credenze nella rinascita, nella metempsicosi, per evitare il panico, la follia.
Altrettanto agghiacciante è la prospettiva di essere soli nell’universo, il che ci ha indotti a creare miti di creature aliene, alleate o aggressive e nemiche, di cui rigurgitano la fantascienza e il cinema da essa ispirato.
Ma la paura somma è l’idea insostenibile dell’estinzione dell’umanità, della sua civiltà, della sua storia, del suo ricordo, del suo pianeta, del suo sistema solare. Ad un tal fato, si ribella con foga la mente, che non vuol rischiare di spiaccicarsi contro la verità granitica del Terminal, dell’End definitivo.
Cosa fare per sfuggire alla catastrofe ultima, per debellare la minaccia dell’apocalisse?
Preparare fin da adesso un colossale piano di evacuazione su altri mondi galattici? Mi rammento di un film del 1951, messo un po’ da parte, ma ancora suggestionante alla nostra smaliziata visione: When Worlds Collide, di Rudolph Maté, prodotto da George Pal.
Il lungometraggio trattava però solo della distruzione della Terra in collisione con un altro corpo celeste (come scordarsi, tra parentesi, del recente Melancholia di Lars Von Trier, con Kirsten Dunst?): la catastrofe finale riguarda, oltre che la cancellazione della storia dell’uomo sulla Terra, il collasso dell’intero universo.
Per la cristianità si tratta dell’avvento di Cristo che separerà i buoni dai cattivi. I testi sacri, dal Libro di Daniele (V sec.a.C.) all’Apocalisse di Giovanni (I sec. D.C.) hanno via via fornito varie date, avvalendosi spesso dell’argomentazione che il mondo di Dio, proprio perché creato in sei giorni lavorativi (tenendo conto che ogni giorno di creazione divina corrisponde a mille anni di estensione temporale), sarebbe durato non più di seimila anni. Così, la fine del mondo venne prevista per l’anno 350 d.C., per il 450, per l’800. Il monaco spagnolo Beato di Liebana calcolava che a partire da Adamo, il primo uomo, sino al 785 d.C., erano trascorsi 5986 anni, pertanto all’umanità ne sarebbero restati almeno 15 (800 – 785).
Più tardi il frate spagnolo Alvaro, basandosi sull’affermazione (nei libri di Giovanni e di Daniele) che il Regno di Dio sarebbe stato preceduto dall’avvento dell’Anticristo, vide nell’espansione islamica e in Maometto tale minaccia; dedusse, dagli studi dei libri profetici, che la fine del mondo dovesse compiersi nell’anno 870. Quando questa previsione fu sfatata, si parlò dell’anno 1000 (nascita di Gesù Cristo) o 1033 (data della sua morte). La concezione del millenarismo perdurò dal XVI al XX secolo, sostenuta dagli Anabattisti, dagli Avventisti, dai Testimoni di Geova. Il pastore avventista Nelson H. Barbour prevedeva la fine del mondo entro il 1874, mentre Charles Taze Russell, fondatore del movimento dei Testimoni di Geova, lo preconizzava per lo scoccare del 1914.
Veniamo adesso alla moderna cosmologia scientifica.
Duecento milioni di anni fa esisteva Pangea, un unico continente composto da tutte le terre emerse, circondato dal mega-oceano Panthalassa. Pangea si frantumò in due enormi blocchi: Laurasia e Gondwana. Da essi, per successiva frantumazione, si originarono rispettivamente Europa/Asia/America del Nord, Africa/America del Sud. Dal momento che i continenti si muovono ancora, causano i terremoti e i maremoti che devastano il pianeta. Questo spostamento continuo genererà, secondo gli scienziati, un nuovo Unico continente, una seconda Pangea, all’incirca fra duecentocinquanta milioni di anni. Anche la rotazione della Terra intorno al proprio asse rallenta, benché lentissimamente; questo fenomeno, alla lunga, porterebbe all’indebolimento e allo spegnimento del campo magnetico terrestre, pertanto la nostra Terra verrebbe inevitabilmente investita dal vento solare, che è un’irradiazione di particelle cariche nocive per la vita.
Se ciò non bastasse, tra cinque miliardi di anni si prefigura che il Sole avrà esaurito la riserva di carburante-idrogeno, pertanto innescherà una potente reazione nucleare che porterà alla sua macroscopica espansione. Il Sole diverrà una Gigante Rossa, che investirà e brucerà Mercurio e Venere, e certo non risparmierà la Terra. Dopo di ciò, il Sole si contrarrà e si espanderà, si espanderà e si contrarrà fino a trasformarsi in una Nana Bianca (stellina della grandezza della Terra) e, raffreddandosi, in una Nana Nera: morrà, sarà un cosiddetto cadavere stellare.
Il nostro sistema solare, poi, che fa parte della Galassia Via Lattea, ne seguirà la sorte, quando, fra tre miliardi di anni, essa si scontrerà con la ben più vasta “collega” Andromeda. Si dice che dallo scontro cosmico delle due galassie il Sistema Solare verrebbe scagliato nella fossa dello spazio intergalattico.
Dalla fusione di Via Lattea con Andromeda scaturirà la supergalassia Milkomeda.
Milkomeda e altre supergalassie saranno immerse nello Spazio Cosmico in espansione, il quale, in virtù di tale dilatazione, le allontanerà le une dalle altre. L’espansione dello spazio è iniziata quattordici miliardi di anni fa, con il famoso Big Bang: dobbiamo pensare che inizialmente le dimensioni dell’universo erano infime (il così nominato Granello di Planck): dieci miliardi di volte più piccolo di un singolo nucleo di idrogeno, mentre attualmente l’universo conoscibile è pari a centomila miliardi di miliardi di chilometri (!).
Secondo la relatività generale di Einstein, il futuro dell’universo conoscerebbe questa alternativa: se la densità di materia ed energia fosse bassa, l’universo continuerebbe ad espandersi all’infinito; diverrebbe un universo aperto. Se al contrario la densità di materia ed energia fosse alta, l’universo si comprimerebbe, diverrebbe un universo chiuso e, nel giro di un trilione di anni, si arriverebbe al collasso, il Big Crunch.
I cosmologi, sulla scorta di ricerche rigorosissime, ritengono che il nostro universo sia aperto, dunque infinito nello spazio e nel tempo, e che la sua geometria valida sia euclidea (nell’universo chiuso la geometria valevole sarebbe quella sferica, scoperta, nel secolo XIX, da G.F.B. Riemann).
Constatiamo come la religione e la scienza, nei termini di “Fine del mondo”, parlino di tempi e date di enorme differenza; la prima commisura tempo e date all’uomo e alla sua storia (parla di migliaia di anni); la seconda si rapporta a ben altri criteri, quelli dei processi naturali, quindi si riferisce a miliardi di anni e più.
L’altra differenza è che la religione afferma e asserisce, assolutizza senza prove a sostegno, se non invocando (al solito!) la…Fede.
La scienza acquisisce e afferma via via, non può considerare definitivi tali conseguimenti, tali affermazioni, ma perfettibili e ampliabili, proprio perché il pensiero scientifico delle generazioni umane è pronto ad approfondire, criticare, allargare, aumentare e rettificare le conoscenze raggiunte dalle generazioni che le hanno precedute.

ARMANDO SAVERIANO

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