Religione o scienza?
Messa da
parte la profezia dei Maya, fallace o male interpretata, che ha
alimentato morbose o ridicole speculazioni, resta sullo sfondo lo
spettro della FINE,
che non potrà non accadere. Tutto è movimento, tutto è
provvisorio. Anche l’umanità. Anche l’Universo.
Il
concetto di morte è talmente spaventoso che abbiamo avuto bisogno
delle religioni, delle credenze nella rinascita, nella metempsicosi,
per evitare il panico, la follia.
Altrettanto
agghiacciante è la prospettiva di essere soli
nell’universo, il che ci ha indotti a
creare miti di creature aliene, alleate o aggressive e nemiche, di
cui rigurgitano la fantascienza e il cinema da essa ispirato.
Ma la
paura somma è l’idea
insostenibile dell’estinzione dell’umanità, della sua civiltà,
della sua storia, del suo ricordo, del suo pianeta, del suo sistema
solare. Ad un tal fato, si ribella con foga la mente, che non vuol
rischiare di spiaccicarsi contro la verità granitica del Terminal,
dell’End definitivo.
Cosa fare
per sfuggire alla catastrofe ultima, per debellare la minaccia
dell’apocalisse?
Preparare
fin da adesso un colossale piano di evacuazione su altri mondi
galattici? Mi rammento di un film del 1951, messo un po’ da parte,
ma ancora suggestionante alla nostra smaliziata visione: When
Worlds Collide, di Rudolph
Maté, prodotto da George
Pal.
Il
lungometraggio trattava però solo della
distruzione della Terra in collisione con un altro corpo celeste
(come scordarsi, tra parentesi, del recente Melancholia
di Lars Von Trier, con
Kirsten Dunst?):
la catastrofe finale riguarda, oltre che la cancellazione della
storia dell’uomo sulla Terra, il collasso dell’intero universo.
Per la
cristianità si tratta dell’avvento di Cristo che separerà i buoni
dai cattivi. I testi sacri, dal Libro di
Daniele (V sec.a.C.) all’Apocalisse
di Giovanni (I sec. D.C.) hanno via via
fornito varie date, avvalendosi spesso dell’argomentazione che il
mondo di Dio, proprio perché creato in sei giorni lavorativi
(tenendo conto che ogni giorno di creazione divina corrisponde a
mille anni di estensione temporale), sarebbe durato non più di
seimila anni. Così, la fine del mondo venne prevista per l’anno
350 d.C., per il 450, per l’800. Il monaco spagnolo Beato
di Liebana calcolava che a partire da Adamo,
il primo uomo, sino al 785 d.C., erano trascorsi 5986 anni, pertanto
all’umanità ne sarebbero restati almeno 15 (800 – 785).
Più tardi
il frate spagnolo Alvaro,
basandosi sull’affermazione (nei libri di Giovanni e di Daniele)
che il Regno di Dio sarebbe stato preceduto dall’avvento
dell’Anticristo,
vide nell’espansione islamica e in Maometto
tale minaccia; dedusse, dagli studi dei libri profetici, che la fine
del mondo dovesse compiersi nell’anno 870. Quando questa previsione
fu sfatata, si parlò dell’anno 1000 (nascita di Gesù Cristo) o
1033 (data della sua morte). La concezione del millenarismo
perdurò dal XVI al XX secolo, sostenuta dagli Anabattisti, dagli
Avventisti, dai Testimoni di Geova. Il pastore avventista Nelson
H. Barbour prevedeva la fine del mondo entro
il 1874, mentre Charles Taze Russell,
fondatore del movimento dei Testimoni di Geova, lo preconizzava per
lo scoccare del 1914.
Veniamo
adesso alla moderna cosmologia scientifica.
Duecento
milioni di anni fa esisteva Pangea,
un unico continente composto da tutte le terre emerse, circondato dal
mega-oceano Panthalassa.
Pangea si frantumò in due enormi blocchi: Laurasia
e Gondwana. Da essi, per successiva
frantumazione, si originarono rispettivamente Europa/Asia/America del
Nord, Africa/America del Sud. Dal momento che i continenti si muovono
ancora, causano i terremoti e i maremoti che devastano il pianeta.
Questo spostamento continuo genererà, secondo gli scienziati, un
nuovo Unico continente, una seconda Pangea, all’incirca fra
duecentocinquanta milioni di anni.
Anche la rotazione della Terra intorno al proprio asse rallenta,
benché lentissimamente; questo fenomeno, alla lunga, porterebbe
all’indebolimento e allo spegnimento del campo magnetico terrestre,
pertanto la nostra Terra verrebbe inevitabilmente investita dal vento
solare, che è un’irradiazione di
particelle cariche nocive per la vita.
Se ciò
non bastasse, tra cinque miliardi di anni
si prefigura che il Sole avrà esaurito la riserva di
carburante-idrogeno, pertanto innescherà una potente reazione
nucleare che porterà alla sua macroscopica espansione. Il Sole
diverrà una Gigante Rossa,
che investirà e brucerà Mercurio e Venere, e certo non risparmierà
la Terra. Dopo di ciò, il Sole si contrarrà e si espanderà, si
espanderà e si contrarrà fino a trasformarsi in una Nana
Bianca (stellina della grandezza della Terra)
e, raffreddandosi, in una Nana Nera:
morrà, sarà un cosiddetto cadavere stellare.
Il nostro
sistema solare, poi, che fa parte della Galassia Via
Lattea, ne seguirà la sorte, quando, fra tre
miliardi di anni, essa si scontrerà con la
ben più vasta “collega” Andromeda.
Si dice che dallo scontro cosmico delle due galassie il Sistema
Solare verrebbe scagliato nella fossa dello spazio intergalattico.
Dalla
fusione di Via Lattea con Andromeda scaturirà la supergalassia
Milkomeda.
Milkomeda
e altre supergalassie saranno immerse nello Spazio Cosmico in
espansione, il quale, in virtù di tale dilatazione, le allontanerà
le une dalle altre. L’espansione dello spazio è iniziata
quattordici miliardi di anni fa,
con il famoso Big Bang:
dobbiamo pensare che inizialmente le dimensioni dell’universo erano
infime (il così nominato Granello di Planck):
dieci miliardi di
volte più piccolo di
un singolo nucleo di
idrogeno, mentre attualmente l’universo conoscibile è pari a
centomila miliardi di miliardi
di chilometri (!).
Secondo la
relatività generale di Einstein,
il futuro dell’universo conoscerebbe questa alternativa: se la
densità di materia ed energia fosse bassa, l’universo
continuerebbe ad espandersi all’infinito; diverrebbe un universo
aperto. Se al contrario la densità di
materia ed energia fosse alta, l’universo si comprimerebbe,
diverrebbe un universo chiuso
e, nel giro di un trilione di anni,
si arriverebbe al collasso, il Big Crunch.
I
cosmologi, sulla scorta di ricerche rigorosissime, ritengono che il
nostro universo sia aperto, dunque infinito nello spazio e nel tempo,
e che la sua geometria valida sia euclidea
(nell’universo chiuso la geometria valevole
sarebbe quella sferica,
scoperta, nel secolo XIX, da G.F.B.
Riemann).
Constatiamo
come la religione e la scienza, nei termini di “Fine del mondo”,
parlino di tempi e date di enorme differenza; la prima commisura
tempo e date all’uomo e alla sua storia (parla di migliaia
di anni); la seconda si rapporta a ben altri
criteri, quelli dei processi naturali, quindi si riferisce a miliardi
di anni
e più.
L’altra
differenza è che la religione afferma
e
asserisce, assolutizza
senza prove a sostegno, se non invocando (al
solito!) la…Fede.
La scienza
acquisisce e afferma
via via, non può considerare definitivi
tali conseguimenti, tali affermazioni, ma
perfettibili e
ampliabili, proprio
perché il pensiero scientifico delle generazioni umane è pronto ad
approfondire, criticare, allargare, aumentare e rettificare le
conoscenze raggiunte dalle generazioni che le hanno precedute.
ARMANDO SAVERIANO
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