domenica 14 febbraio 2016

POIEIN: L'arte della poesia







ONIROMANTE

La tenebra che qui o dove mai io sia si denuda
Esfolia spenge gli occhi aguzza sensi corsari
Senza che istante sia distolto da istante  La notte
La mandragora notte ha ammutito tutti i suoi cani
E lupi e volpi di collina cui dalle orecchie
Strane penne fioriscono rastrellate da un qualche
Sagace erborista sulle piste randagie di Pedanius Dioscorides
1
Nobilissimo precursore  Essa la notte compatta
Incubi e paura partorisce  Gli attimi recisi durante

La leggenda del giorno accade in ancestrale energia
Cre pi ta scosta i suoi velari alla terza vista
Del peregrino oniromante
S’udiva sospeso a un palmo dalla terra
Il trillo melodico d’una voce pretombale
Sferzante sanguettosa appenata come
Una pianta di giardino sul vassoio della tristezza
Una cantante astrale strecciava delicata i suoi
Sillabarȋ in lustre chiome pesanti  Narrava
Rinarrava di amori di amori travolgenti dissipati
Essi sempre travolgono consumano crudeli
La collera arpeggiava la vendetta nei vagiti
Del superfluo rimpianto  Versava flaconi di
Orrido profumo dal nome Declino
Nel morbo dell’aria flottante appiccicosa l’ombra
Nella china d’ombra si stagliava  Appena ritagliata
Sui ginocchi torceva la seta lacerante del kimono
Nostalgico lisciando le poesie smarrite nei secoli andanti
A me sconosciute  Lei tra i sei genȋ gemma del Kokinshu
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Il suo irresistibile delirio la psicòtropa malía mi attirarono
In un impensabile mulinello di spuma acetosa  Si mutarono
In farfalla di pesco sbandata e vizza  Il respiro di lei
Una lamia mi chiedevo stendeva impertinenti lenzuola
D’ardore e impudicizia nel luogo nullo di apparizione/scomparsa
Con un’arsura d’innocenza e un sibilo radente di perversità
Una corolla di sapienza rivelò in tutta quella oscurità
Il chiarore di un collo squisito il volto di magnolia che feriva
Di sua infebbrata venustà sgualcita in un lento capogiro
Costantemente desiderata diceva il verso che la cantante
Rivolgeva all’incantato testimone  Fu irreparabile il coltello
Del mio rifiuto sprezzante una volta appagata la lussuria
Trionfante ero solita incoccare l’arco e indeclinabile dea
Scagliare frecce invincibili d’esaltante uragano [ … ] dei sensi giù in nota
Verso i cancelli del sole o alla luna delle paludi nebbiacee misteriche
Sogghignanti  La maledizione del corpo complottava intanto
Sottovoce m’infatuava al riflesso degli specchi affinché non
Mi accorgessi di
cosa mi attendeva con lo sgocciare inesorabile
Dei giorni lieti con lo sciamare rissoso delle ore  Non conosco
esattore piú atroce della vecchiaia che viene a riscuotere il
Prezzo del lascito natío delle dulcedini a piene mani elargite
E largamente delibate  Non conosco abiezione maggiore
Che scoprire come dal perfetto marmo affiorino crepe
E macule oscena emorragia di bellezza  Non conto piú
I germogli di precipitata gioventú nell’ormai defunta
Primavera nella devastata vanità ma ti prego chinati
Passeggero del Caso a porgermi le labbra  Mi dirai
Poi chi sei viandante  Ti cederò tutto l’indecifrabile
Che mi resta  e nel rotante buiore diverrai polítropo
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E possente  Io brucio pellegrino come i pigri voluttuosi
Incensi nelle case da the nelle arroventate alcove dei
Samurai vinti nelle piú irriducibili virili reticenze
Brucio come a te bruciano i patagi
4 malagevoli che
Ripieghi sotto le villose ascelle che ti indemoniano
Che non sfuggono agli dei miei e tuoi o ad altri ben
Piú ostili e impazienti  Io ti sono sorella piú di quanto
Credi  Baciami voracemente e saprò dei tuoi avidi amori
Abortiti e inumati coi loro altrettanto varȋ nomi
Potrò esumarne i volti uno per uno imprestare loro
Nuovo corpo nuovo fiato e darteli in pasto per il tempo
Sufficiente a stancartene  Leggerò le illusioni che ti
Flagelleranno ancora e sempre il cuore senza mai requie
Ma assaporerai le antiche gioie mie nel talamo che
Condividerò per ringraziarti di questa sosta  Vedi quanto
Ci guadagni  Valuta quest’offerta ineguagliabile  Io sono
Ono no Komachi
5 e ti avvilupperò nel raschiante ribrezzo
Che è tua identica ripulsa per gli sfaceli della carne  Ti
Insegnerò mosse precise sulla scacchiera della desolazione
E dei disastri  Ti monderò del ricatto dei ricordi  Non
Respingere questa bocca che fu serto di piaceri e ora cloaca
Afferra nei palmi coi seni tremuli il cero di tutte le lusinghe
Che ho dipinto  Non è un tranello il mio  Scaldati dunque
Bevi da me  E dannati appresso
Passai oltre e la ignorai
Passai oltre sordo alle suppliche agli allettamenti formidabili
Non che disprezzassi la sua bocca sdendata oppiacea o i
Fetidi seni aggrinziti fino alla putrescenza liquorosa dei capezzoli
Vermicolanti  Passai oltre proprio perché credetti alle sue allettanti
Offerte  Tremavo ancora all’idea d’incappare nei fantasmi seducenti
Delle creature bramate e mai godute  Davvero troppe persino per
Quell’eternità ‘s
í fonda  Non ero stato creato per far da preda nelle
Nasse vischiose del demonio imbonitore io demone e feudatario
Della mia incessabile solitudine esigente compagna esclusiva compagna
Di questa vita pezzente né mi umiliavo a scendere in simili
Mercati
                                                                           Io
                                                                           Non
                                                                           Dovevo
                                                                           Essere
                                                                           Amato
Tutto qui 
               Basta
Eppure la tentazione armata dilagò in me
Mi si intubò e Ono No Komachi se ne avvide
Rise
E dovetti strapparla dalle viscere
                                                   A vivo
                                         [ … ]             
!             [ … ]
Mentre sguaiava la poeta la maga m’insultava
L’adescatrice copriva di laidi sputi la mia schiena
Codarda o coraggiosa
Passai oltre anche quando ella mi parò dinnanzi
Il fantasma piú avvenente su cui fantasticando abbia
Eruttato denso seme copioso dentro l’utero della mano
Compiacente  Guardami scegli per me il nome che piú
Ti ha inzuccherato l’udito il palato  Stringimi e non mi
Sottrarrò stavolta  Sentimi  E mai piú dirai che sono stato
Soltanto un sogno
un sogno evanescente
…………………………………………………………………
Passai oltre
Ignorando il turpe isodio
6 dei simulanti
La danza loro dei fianchi la profferta del pube
Tra raggianti risa superate da sghignazzi odiosi
Fradici di muco e stizza quelli della letale incantatrice
Addio poeta stregata  Addio Ono No Komachi
Se mai sei stata veramente tu o subdola emanazione
Del Primo Avversario maestro di panie di morgane
Passai oltre
E piansi
Piansi per dover piangere di quello
                 Aspettami
Il persistente appello del simulacro bello
                Aspettami
La salamandra del silenzio gli spacciò la voce

ARMANDO SAVERIANO


Note
1)      Botanico farmacista greco antico, esercitò a Roma ai tempi di Nerone. Autore dell’opera “De Materia Medica” (erbario in lingua greca, 5 libri)
2)      Raccolta di poesie giapponesi (1100 poesie in 20 libri, in forma Waka e Tanka) compilata all’inizio del X secolo nel periodo Heian
3)      Di poliedrico ingegno, versatile, scaltro
4)      Membrane che supportano il volo o che rendono possibile planare dall’alto dei rami di un albero
5)      Poeta giapponese di Waka, inserita tra i 6 “Rakkosen” (i sei saggi della Poesia: Henjō, Ariwara no Narihira, Fun’ya no Yasuhide, Ōtomo no Kuronushi, Kisen e –appunto– la bellissima Ono no Komachi









































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