domenica 5 luglio 2015

CIFRA TRASPARENTE, FRASEGGIO ELEGANTEMENTE EVOCATIVO PER “SORORITÀ”

 
 

LA NOVITÀ LIETOCOLLE DI CLAUDIA IANDOLO, POETESSA LUNARE

 

 

 
 
  
Mi convinco sempre di più che non siamo noi a cercare la poesia, bensì è la poesia che raggiunge noi, e lo fa quando la vita ci conduce il dolore, quello profondo, incontenibile. Esso, il dolore, ci suggerisce le parole per dire quello che altrimenti non sapremmo dire, ci fa osare per tentare di trovare risposte ai tanti perché. E la parola si fa essenziale nella sua verità. Così in “Sororità”, l’ultima raccolta di poesie, in ordine di tempo, della professoressa Claudia Iandolo, per i tipi di LietoColle. La morte prematura di un’amica, Lina, induce l’autrice a dedicarle versi di rara bellezza. “Non c’è niente di luttuoso”, però, scrive a ragione il critico Giampiero Neri nella nota in prefazione. E così è. Sostenuta dalla teoria scientifica dei quanti, Claudia immagina l’amica andare fluttuando “scanzonata e scalza per un altro viaggio” (pag.22), ora che è “onda e corpo” (pag. 24), “in spazi di energia”, fotone libero, nello spin del suo respiro (pag. 16), e corre “l’infanzia delle stelle”. Quanta eleganza e quanta efficacia in quel transitivo di “correre”! Dunque, Lina è elemento presente dell’universo. La sua vita è parallela a quella delle stelle, ora, e il suo cammino continua in un mondo altro. Uomo e cosmologia: la nuova visione della scienza moderna, che più ci avvicina al divino.
La plaquette si compone di 21 poesie, suddivise in cinque sezioni. Versi sciolti, come il pensiero, che riflette e si domanda, senza alcun vincolo se non quello dell’intelligere, “legere intus”, perché gli eventi non accadano invano, perché occorre cercare la ragione delle cose. Nella seconda sezione ( pag.22), in tre terzine ipermetri, di grande respiro poetico, Claudia interroga l’amica: ”di che luce si veste il tuo respiro/… /di che respiro è fatta la tua luce/ora che spenta è questa luce poca/ in cui ci dibattiamo come pesci di tonnara”. E ancora, nei versi di pagina 24: ”ora che sei onda e corpo/ aspettaci agli arrivi/…/ mandaci lune come perle da infilare/ e sogni che non franino al mattino/”. Sono, queste, immagini di delicata “religio”, di un legame che è per sempre.
Si respira freschezza nella rappresentazione vivida di Lina (pag.35): “non ti mancherà il vento/ in questa vita altra/ dove arriveremo affannate/ affamate/ non ti mancherà/ il vento/ spettinata come sei”. Sembra di vederla, Lina, di conoscerla anche noi, nella quotidianità, con quel vento che la spettina e che ora è diventato soffio che purifica, non più inquietudine esistenziale come in Quasimodo. Qui il vento è respiro vitale, la ruah ebraica della Bibbia, lo pneuma di tanta poesia greca classica. Il vento è la nuova energia che l’avvolge, “che porterà in odore/ la luce di questi anni/ di sorelle che ti amammo” (pag.43). È lo stesso vento che avvolge Margherita Porete, Giovanna d’Arco, Ipazia, Guglielma di Boemia: “sorelle di anima semplice/ e corpi straziati/ tu accarezzale per noi/ per questo tempo maledetto/ di paradisi rimandati” (pag.27). Quanto struggimento in queste parole! Quanta vicinanza! Non poteva mancare Claudia di fare riferimento a queste donne -sorelle le chiama- che hanno scontato amaramente la pena per il coraggio delle loro idee. Neanche Lilith, simbolo del femminile che non si assoggetta al maschile, poteva mancare della sua attenzione. La evoca in una significativa lirica della plaquette.
È qui la poetica di Claudia. L’aveva preannunciata fin dalla prima poesia (pag.15): “le nostre madri/ in gonna da cartolina/ inventano figlie per non morire/…/ sorelle di Medea.”  Si dichiara ancora a pagina 36: ”stritolate nella storia dei padri/ nutrite nelle storie di madri/ sventrate/ infilate nei sacchi di spazzatura/ spazzatura noi stesse feroci avvocati/ dei nostri aguzzini”. È la storia delle donne, in una società che le ha volute a lungo relegate, addomesticate, in ruoli standardizzati, dai quali ci si può riscattare solamente a caro prezzo, vivendo sempre, ieri come oggi, un disagio altro. E continua, ancor più esplicita, a pagina 39: ”avremmo impastato pane/ e figli maschi/ nel nome del padre/ per la pace del letto/”. Eppure, “il mondo, lo sai,/ è quello che hai in testa” ella dice (pag. 41). Una vera perla di saggezza, e di amarezza. Non vi è retorica. La poesia di Claudia è un unico respiro, dalla prima all’ultima parola del libretto: né maiuscole -tranne che per i nomi di persona- né segni di punteggiatura. È un continuum, senza interruzioni, per dire del “non luogo” e delle “separatezze”, perché soltanto la poesia può salvarci. È bellezza pura quest’opera, come nel conclusivo accorato sussurro: ”soror/ mea soror/ mea”.  
 
                                                                                                     AGOSTINA SPAGNUOLO
 
 
 CLAUDIA IANDOLO  SORORITÀ  ED. LIETOCOLLE, 2014 – VARESE –  PP 48 – EURO 13.00
 
 
sorella di respiro
e libero arbitrio
dal tuo non luogo
alle mie separatezze
il mondo, lo sai,
è quello che hai in testa
*
ma le ragazze del sessantuno
non sapevano invecchiare
dal liceo al corso impennavi sulla Vespa
come su un cavallo
come a Roncisvalle
come in piazza del mercato vecchio
a Rouen
*
avremmo impastato pane
e figli maschi
nel nome del padre
per la pace del letto
ma tu
signora del gioco
volavi
sulla gravità delle madri
CLAUDIA IANDOLO
 
 
Claudia Iandolo
Agostina Spagnuolo
 
 

 

 

 

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