venerdì 27 febbraio 2015

IL VERSIPELLE 15


La memoria e la coscienza






Tocca finalmente a Mariastella Eisenberg venire accolta nell’informale salotto di lavoro de “Il Versipelle”, insieme a Floriana Coppola, che ritorna, assai gradita; entrambe affiancate da Pino Vetromile, frequentatore abituale, al pari di Rita Pacilio e di Raffaele Stella, in questa edizione assenti. 
Il sipario teatrale di apertura ripropone l’Orestea, re-interpretata da Armando Saveriano, che ha elaborato i monologhi di Agamennone, Clitemnestra e Cassandra, inseriti come premessa all’approccio di Oreste (direttamente escerpito da “Le Mosche” di Jean Paul Sartre) con il popolo di Argo; un Oreste coperto di sangue, saturo di vendetta, requisito da una spossatezza che ancora rasenta i fremiti dell’eccitazione e risente dello shock del duplice delitto. L’idea è di sdoppiare anche i personaggi di Elettra e di Cassandra, accostando ai brani epico-classici le versioni delle poetesse Pacilio e Panìco. L’inserimento di un coro e di una sequenza di danza atavico-tribale ne farebbe uno spettacolino completo e in sé conchiuso; operazione a cui sta lavorando Logopea per un eventuale futuro sbocco teatrale tout-court.
Mariastella Eisenberg è una creativa dalle sfaccettature esemplari; rivela qualità rabdomantiche in poesia, descrive ed evoca, con formicolìo di energie, fragilità, persistenza e coriaceità di fronte alle cose minime e quotidiane tanto quanto nell’opporre cuore e coscienza alle tragedie che l’hanno toccata senza intaccarne la luce greca, la lega straordinaria di un’anima che al dolore offre lo stupore di un secondo cominciamento.
Madre mutacica e sfigliata, ha incistato la memoria di Alessandra in un reticolo di attività intellettuali alle quali non sacrifica i ruoli chiave di moglie, madre, nonna. Se gli eventi sono i Proci, Penelope/Eisenberg torce il tempo attorno alla tela con cui sfida la parola e intona il canto assai vibrato della (r)esistenza. Si afferma e conferma come una delle ‘grandi signore’ della poesia mediterranea, capace di riscrivere di volta in volta confini e contatti, affreschi metalinguistici da pesare assieme ai silenzi pausati che intrecciano i bagliori quasi palpabili di strofe ora languide ora percussive, di una dolcezza che riesce lancinante laddove l’amarezza strugge. Ma la Eisenberg abbraccia e disvela contemporaneamente la sua natura per metà mitteleuropea: il suo sguardo complessivo è lucidissimo, e mai ‘algido’, come lei stessa si affretta a precisare. Molto apprezzata da Giampiero Neri, leader della scuola lombarda, la Eisenberg è una presenza di nitida fisicità e di affioramenti dell’inconscio ancestrale, che punteggiano versi da attraversare senza fretta e da assimilare con un’emozione di rovesciamento del dedotto e dell’intuìto.
Floriana Coppola ha una soglia di attenzione elevatissima, che incarta percezioni elaborate fino all’ossimorica inventiva di una analisi anatomopatologa della reificazione al di là del reale; se esiste una scienza esatta della parola che la induce nelle trasfigurazioni extra-ordinarie di un mondo (anche) attraverso il mitico specchio, ella ne è indagatrice e alchimista. Protagonista e nel contempo -paradossalmente- destinataria quasi stupefatta. Spesso nei versi si muove come regista/attrice/spettatrice; disegna sapienzialmente spazi per colori ispirati e ombre sottili che fanno da sfondo (quasi una eco subliminale) alle esattezze lessicali; parole o sequenze intere che danno brividi e magma, infinito avanzare e circolarità del passo, quindi un avanti-indietro quasi pulsionale: ed ecco ritmo e tono per una personalissima musica dalle fonìe ora trascinanti ora lievemente ipnagogiche. Questa attitudine rende interessante i passaggi e i fondali intimistico-quotidiani, quasi familiari, e al pari i movimenti ispirati all’aulico, al mito, oppure all’antieroico eroismo di una donna di ieri e di oggi, capace di ‘ricordare’ col corpo e di acciuffare una qualche proiezione coscienziale nel futuro, con tanti dilemmi, ma fuori del luogo comune, in cui inciampano anche buone poetesse. Poeticamente, è una Alcesti che non si perde d’animo, agisce e compie, una Andromaca la cui identificazione umana e societaria trascende la centralità dell’utero, pur conservando intatte le qualità e i privilegi della donna/femmina/compagna/amante/mamma. L’estro creativo è nomade, come il cuore e le sue intenzionalità. L’intelligenza schizza febbrile, eppure sa raddensarsi in una geometria etica dei valori stanziale, propositiva, meditativa e non tout-court meditabonda. Poetessa complessa, pervasiva, avvolgente, va letta secondo le diverse angolazioni di luce e di prospettiva delle sue stanze in relazione con la sensibilità di chi delle sue pagine è affezionato o episodico fruitore.
Giuseppe Vetromile venera l’evento poetico di sostanza e il conseguente accadere, che crea movimento, e a cui lo scrittore contribuisce con tutto il proprio patrimonio culturale; è trascendente e immanente nelle sue contrazioni/dilatazioni di scrittura; irradia pathos quando lo colpiscono premonizioni, eppure sa proporsi serafico e contemplativo a costo di rasentare un cauto fatalismo. I registri su cui si muove la sua opera molteplice e variegata toccano l’angoscia di una libertà condizionata, ma si spingono a guardare al di là della fabbrica di mattoni, dello smog, del ‘chaos’ metropolitano, delle nubi che assediano monsieur e madame Travet.
L’incontro quindicesimo di questo taccuino poetico-critico-teatrale è fissato per sabato 28 febbraio, alle 16,30 nei locali del Samantha Della Porta, e prevede le sceniche esibizioni (su tavole virtuali) della ‘moscardina’ Ilia Caso, del brusco e spavaldo Smirnov/ Michele Amodeo, del duale Oreste/Cuorvo- Mazzocca, delle abituali collaborazioni recitative di Mena Matarazzo, Hera Guglielmo, Christian Cioce, e di Alessandra Iannone, ispirata veggente troiana.

                                                                                                                 LOGOPEA




Davide Cuorvo
Mariastella Eisenberg














Giuseppe Vetromile
Floriana Coppola


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