venerdì 28 novembre 2014

POIEIN : L'arte della poesia





DAVIDE


Non si sa quando 
entrò il giovane
nel sonetto
estrapolato da un giocoliere
che masticava basilico
e luce filava dalle dita
Entrò 
attraversando ignaro
una tenue tremante barriera
d’aria calda come murmure acqua
in un faggeto
sulle rive del giorno
trapezoidale
dove luna e sole
s’aggiustavano in cielo 
senza competere in fertilità e splendore
senza cancellarsi a vicenda
Il ragazzo portava un nome
sul suo corpo di angelo
e se lo pronunciava
ecco che volteggiavano
i colori guizzanti di un 
cuore indipendente
ma anche scaturivano precisi
i serpenti buiastri 1) dei dolori
d’infanzia
le delusioni di promesse sfregiate
la clessidra che fiele gli aveva mescolato 
alla sabbia nel tempo più bello
Il giovane reggeva sulle spalle
un mantello screziato di pesanti ricordi
ma le mani impugnavano un rotolo
di poesie più affilate di cesoie
più seducenti del fianco d’una vergine
senza la malizia 
lo sciabordìo mielato 
lo sfracellante prezzo 
delle sirene
Figlio lo chiamavano alberi in tondo
severi e gentili  
Figlio lo salutavano i ruscelli
passo a passo trascinando ghiaia corrusca
Figlio un’aquila vegliava trafiggendo le nubi
Figlio gli contava un elfo impalpabile i segni addosso
Fermati gli ordinava perentoria sua madre 
bella e sottile
la ferula pronta fra le mani dolci e crudeli
Ed egli si fermò 
solo per lasciarle il dono
d’una benedizione e una coppa di margherite
sbocciate presso la fonte di Lesmòșine 2)
dopo aver respinto la tentazione di Oreste 
Respìrale le raccomandò Màsticale
Il vento lo ribattezzò
una foglia gli solleticò dolce una spalla
il desiderio Figlio gli depose un bacio indelebile
Scalzi i suoi piedi avevano superato leghe
di solitudine urticante ma adesso esplodevano
fiori carnali tra dormienti distese 
di papaveri appassionati che solo lo scompiglio
delle ninfe arboree potevano ridestare
tra risate come ali d’oro sorte dal profondo
d’una foresta vicina alle pupille 
lontana una vertigine
Al ragazzo fu chiesto d’indossare una tunica
di coraggio gli fu posto tra le braccia
uno scudo di parole moltiplicanti
mostrato un guardaroba di anime da rivivificare
tragiche melanconiche ilari portentose
ed egli oliò le ruote di Tespi 3)
Crebbe in potere e in bontà
Superò nelle albe a venire
aspre o morbide che fossero
il baratro sopra fili tesi
sicuro del suo equilibrio
puro in un canto che mai più
mai più mai più
da allora
fu pianto


ARMANDO SAVERIANO




NOTE
  • Buiastri: neologismo da buio/bui, in cui il suffisso astro/astri sottolinea il carattere maligno e ambiguo delle memorie dolorose.
  • Lesmòșine: l’oblìo che cancella i ricordi del male fatto o subìto, grazie alle acque della fonte del fiume Lete.
  • Tespi: drammaturgo greco, itinerante secondo Orazio (che su di lui scrive 500 anni dopo), che nel 534 a.C. creò il dramma primigenio, il quale si sarebbe sviluppato interamente solo intorno al 500 a. C. grazie all’introduzione del secondo attore, ad opera di Eschilo.



Davide Cuorvo






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