sabato 30 agosto 2014

NUOVI SCENARI APOCALITTICI - Biblici diluvi, creature abissali, umanità inerme

Una pioggia senza fine, che nel giro di pochi giorni devasta il pianeta, cancellando le aree costiere sotto l’imperversare di venti superiori alle duecento miglia orarie e allagando, sommergendo le zone interne, con la decimazione dell’umanità. In breve, la Terra è un mondo sommerso, precipitato nella barbarie, dove i sopravvissuti, nella scomparsa di ogni tecnologia e nel declino della civiltà, debbono arrangiarsi con risorse minime e devono vedersela con cannibali e satanisti, folli e profeti. Come se non bastasse, voragini su quel che resta della terraferma consentono il varco a colossali creature cieche e spietate, pronte a ingoiare uomini, animali e case. In più, la pioggia provoca la proliferazione di un fungo malvagio che si attacca alla materia inanimata e alla carne, per infettare, invadere, corrompere e divorare implacabilmente.
Dio, nauseato da un’umanità sempre più avida e perversa, atea e guerrafondaia, ha forse rinnegato il patto di non scatenare una seconda volta il Diluvio Universale? È tornato al Vecchio Testamento? L’indifferenza dei potenti nei confronti di una ecologia irreversibilmente sconvolta e compromessa ha collassato il nostro mondo? O non la magia nera? O non l’avvento di titaniche divinità ancestrali che ci restituiscono agli incubi e ai deliri di Howard Phillips Lovecraft?
Lo scrittore americano Brian Keene, vincitore del Premio Bram Stoker per ben due volte, regala alle nostre paure più ataviche e inconsce un romanzo d’impatto cataclismico, “I Vermi Conquistatori”, che parte con una ipotesi alla “Deserto d’acqua” di Ballard, presto innestata in un impianto di invasione endogena di mostri per eoni esiliati nel cuore della Terra, per colorarsi subito di implicazioni fantasy (sirene e incantamenti) e sfociare infine nelle atmosfere insostenibili dei Miti di Cthulhu.                                                                                                                            
Il romanzo si legge tutto d’un fiato per l’ottima traduzione di Luigi Musolino e Daniele Bonfanti; si snoda in tre parti che amministrano in crescendo gli sviluppi di azione e psicologia del gruppo di protagonisti (due uomini anziani, di scorza dura, un sociopatico con la fissazione del complotto globale, una lesbica e un giovane commesso in un negozio di video a Cockeysville, Baltimora). I colpi di scena non sono mai fini a se stessi e le possibili rivelazioni, soltanto intelligentemente suggerite, sono opzionabili, vanno interpretate dal lettore. Giuseppe Lippi di Urania mette a segno un successo nella linea “horror”, che prima ha avuto la designazione “Epix”. Ci chiediamo se non sarebbe stato meglio proseguire la politica dello storico duo che curava la mitica Urania, Fruttero & Lucentini. La vecchia guardia accontentava tutti i gusti, alternando, sotto l’unica testata, la fantascienza hard, il ventaglio esteso delle sue propaggini (SF d’invasione, space-opera, SF sociologica, teratologica, cataclismica), il genere fantasy e l’horror tout-court.
La veste grafica era passata dagli epici sensazionalismi coloratissimi a copertina intera, ad un raffinato cerchio ornato di rosso in campo bianco, le cui illustrazioni erano affidate a uno dei più grandi artisti all’epoca viventi: Karel Thole. Bastavano i “cerchi di Thole” per eccitarci e farci sognare, per predisporci ad assaporare i racconti, i romanzi, le ristampe nel formato tra volumetto e rivista. La rotazione sapiente di generi era gradita a tutti, anzi favoriva l’accostarsi del lettore “fissato” con un determinato filone ad altre sfere narrative parallele, ai generi che magari non erano al top dei suoi gusti personali. Poi, con il passaggio di gestione, fu decisa una “rivoluzione” estetico-contenutistica: la scomparsa dell’horror e della fantascienza ad ampio raggio e una massiccia, noiosa somministrazione di sf cyber-punk, ipertecnologica, spaziale; il formato divenne tascabile e il prezzo - val la pena di dirlo? - lievitò. Ci allontanammo da questo nuovo Urania con il forte rimpianto dei trascorsi anni dell’adolescenza e della giovinezza (e non si trattò del classico singhiozzo generazionale del laudator temporis acti), fino a che, oggi, non si è rinsaviti e tornati, più o meno, ad una formula di compromesso, che rimedia agli errori di valutazione commessi. C’è persino da sperare che cessi al più presto la scomparsa inopinata (assolutamente imperdonabile!) dai titoli della collana di un autore eccellente e per immaginazione e per stile, come Serge Brussolo, liquidato perché scarsamente desiderato dalla maggioranza dei lettori della testata: questa, la motivazione ufficiale; fosse vera la ragione, vorrebbe dire che il lettore medio italiano è un imbecille e un incompetente; siamo fermamente convinti che, al contrario, Brussolo non andasse giù (chissà perché) ai curatori “dèi ex machina”, supremi giudici e amministratori dei gusti dei compratori. O forse non ci si era accordati sui diritti di traduzione e stampa. A chi si attestasse in una posizione di incredulità, suggerisco senza mezzi termini di procurarsi qualche opera di Brussolo (“La notte del bombardiere”, Urania 1119; “La collera delle tenebre”, U. 1040, “I seminatori di abissi”, U. 1061; “I soldati di catrame” U. 1081; “Terra di uragani”, U. 1094; “Sonno di sangue”, U. 1104).
Tornando alla tematica horror, essa si è intanto accentrata su quattro temi e sfondi: la casa infestata; il serial killer; i fantasmi coreani-nippo-thailandesi, gli zombi. E non se ne può più. Siamo nauseati da carrettate di romanzi e fumetti sui morti viventi cannibali, sulle case possedute da demoni e dagli assassini seriali a buon mercato, da bambine e donne spettro dai chilometrici nastri di capelli, occupate a sbucare dai tubi catodici, a strisciare giù da scale e su per pareti (altra cosa – vogliamo ricordarlo – il classico “La carta da parati gialla” di Charlotte Perkins Gilman).  
Ad essere onesti, sia il cinema sia la letteratura hanno rivolto la loro attenzione all’universo fanta-orrorifico di Lovecraft, ai suoi miti di Chtulhu; tuttavia in maniera discontinua ( e certamente è un bene che ci ha risparmiato l’assuefazione di cui soffrono vampiri adolescenti da soap opera, licantropi digitali e –gli insopportabili– zombi). Il cinema ha prodotto pellicole interessanti, cominciando ad investire budget ingenti – e ci riserviamo di parlarne, recensendo lo straordinario The Cabin in the woods (Drew Goddard, USA 2012), che nella parte finale ha notevolissime aderenze con il romanzo di Keene “The Conqueror Worms”, “I Vermi Conquistatori”. La sottovalutata associazione da noi gestita, Logopea, si è tolta un sassolino dalla scarpa, producendo (ovviamente con scarsissimi mezzi) un lungometraggio lovecraftiano sui “Grandi Antichi”, interpretato da Mena Matarazzo, Chiara Mazza, Fiorella Zullo e Salvatore Iermano, per la regia nostra e dell’ex allievo Roberto Flammia: “Dark Madness” (su You Tube sono disponibili trailer e promo).

Urania “Epix” ha proposto nel 2010 la prima parte di una antologia di racconti lovecraftiani sui Miti del dormiente Cthulhu: “I Miti di Lovecraft”, appunto. Curatore, Robert M. Price (Tales of the Lovecraft Mythos, 1992). Gli autori sono colleghi e contemporanei del Solitario di Providence, o suoi immediati prosecutori (E. Hoffman Price, Richard F. Searight, Henry Hasse, Robert W. Lowndes, Duane W. Rimel).  Il genere ha conosciuto un buon successo ed ha mietuto epigoni, discepoli, fan, simpatizzanti. Da August Derleth a Henry Kuttner, da Fritz Leiber e Robert Bloch a Don A.Wollheim. A sua volta, Lovecraft fu epigono di Edgar Allan Poe, assieme a Robert E. Howard e a Clark Ashton Smith. Ma ne riparleremo su questo blog.
Intanto, Dio o Cthulhu o Dagon o Azathot o il Verminoso, osceno Behemoth ci scampino dal velato annuncio di stampa, nella testata Urania horror, dello zombistico The Rising (2003), che sempre dalla “penna” di Brian Keene avrebbe dato linfa al genere dei morti a banchetto dei vivi. Vogliamo continuare ad amare questo autore! Meglio puntare su Koontz, Campbell, Barker, Lansdale (purché non zombizzanti!!).  Ben venga, dunque, come  Lippi promette, “The Face That Must Die” di Ramsey Campbell.
                                                                                                                Armando Saveriano


I VERMI CONQUISTATORI  BRIAN KEENE (URANIA H. 6) Pag. 252 – MONDADORI, SEGRATE (MI)  € 5.90

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