A tutti i
miei patetici nemici
Non
riuscirete a impedire o scornacchiati
Che l’estro
creativo estraneo a voi e sconosciuto
Rapide
soluzioni escogiti e rimedi ingegnosi
Faccia
brillare avverso il complotto subdolo e sleale
Che dissemina
di mine traditrici il mio cammino
Siete
impiegatini scolastici
Timbrate il
cartellino della noia
Da anni intubate il solito coro
In soporifere
masticazioni tutte uguali
Sonate e
cantate la seborroica solfa
Che svela la
stanchezza sotto i lustrini
Col grasso e
il viziante lusso che v’avviluppa
Il nigro
core limaccioso
Infeltriti
coi sederoni molli o i sederini asfittici
Enfi o
consunti per il vostro perpetuo fallimento
dal tronetto
cattedratico
Agitate la
bacchetta del ricatto
Sugli alunni
intimoriti dal muso di scrofa
Grufolate il
controinno di Mameli
Per stuccare
le crepe personali
Inquinate il
senno delle famiglie sprovvedute
Cieche sui
figli esentati da ogni cattiveria
Fomentate il
guasto malcontento di alcuni ragazzini
Privi di
umiltà
Che frignano
per pretestuose esclusioni
Vittime di
scandalosi fraseggi
Di presunte
trivialità nei gesti
Mentre a casa
pasteggiano a poltiglia
Telematica e
audiovisiva
E fra di loro
sgarrano di bocca a profusione
Non appena
messo il becco fuori dalla scuola
Odiate chi
ama il vostro lavoro malfatto
Carabinieri
per ogni minuto in più
Pagato o
sennò contestato in presidenza
Ostili a chi
dà ai ragazzi compressi
Nel copione
quotidiano
quell’in
più di una stitica spiegazione
incespicando
nella quale vi adirate
o incappiate
il cordone intrecciato all’abulia
Siete i
distratti della vita
Che per voi
appassì ben presto
La vita in
cui vi movete da forzati
Marchiati da
insuccessi
Siete
invidiosi inetti moralmente cacagliosi
Incapaci di
strapparvi di dosso la gramigna
Siete la
confraternita dei sogni a brandelli
Dei sapori
scaduti del domani piombato
L’unica
cultura che a voi concedo o saggi ignoranti
È l’alfabeto
della sconfitta nella segreta rubrichetta stinta
Sopra binari
tragici
A defungere
in una spersa stazione di periferia
Guardatevi
Avete gli
occhi di lanterna ove il vento
Stroncò la
fiamma che mai però fu accesa
Le gengive
scotte di meschinità uterina
Ipocriti
burocrati gracule
Insugherati
in voi stessi
L’unica
festa che vi accoglie
È una lenta
affannosa bassa e grassa
Discesa
Fino alla
colata a picco nelle sabbie mobili
Di un’inanità
tonda sterile gialla
Aspetto
impaziente che al mondo
Togliate
l’incomodo
Suvvìa
Neanche
l’ombra della morte
Si attarderà
a raschiare
Vanamente
Un
improbabile esilissimo ricordo
Quale che sia
Il vostro
Infelici
ARMANDO SAVERIANO
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