A cura di Armando Saveriano e Davide Cuorvo
Secondo la Teogonía
eșiodèa, Mnèmoșine, personificazione della memoria, era la progenitrice delle nove Mușe. Figlia di Urano e di
Gea, si unì con Zeus in nove notti d’amore, nel corso delle quali furono
concepite, appunto, le Arti. In Atene le si rendeva omaggio con libagioni di
acqua, latte, miele. “Logopea” intende propiziarsela, istituendo, sul blog
ufficiale dell’associazione, questa rubrica, a cura nostra e del giovane Davide
Cuorvo. Mnème, la memoria, era il
ricordo degli archètipi mitici, la cui ripetizione conferiva sacralità e
significato all’eșistenza umana. Sulla
memoria si fonda il canto dei poeti. Tuttavia la memoria rendeva duraturi i
dolori, producendo negli uomini angoscia. Per placare questo male, le Mușe offrivano all’uomo l’unico
rimedio: la Lesmòșine, cioè l’oblío. Mnèmoșine e Lesmòșine erano esperienze
considerate entrambe fondamentali e sacre, connesse alla sfèra infera.
Nell’Aldilà sgorgava la sorgente mnèstica, Mnèmòșine, che consentiva di conoscere le primordiali
esperienze dell’essere, cui era commista la morte; contemporaneamente scorreva
il fiume Lète, che apportava la Lesmòșine, l’oblío, che
coincideva, invece, con la condizione dei morti, lontani dall’eșistenza terrena.
Periodicamente Mnemòșine proporrà, ai suoi
quattro lettori (tutti gli altri, analfabèti e tamarri, sono troppo occupati ad
affollare Facebook con i loro beòti “mi
piace/non mi piace”), una vetrina
poetica di autori affermati o emergenti, senza schede critiche, lasciando
libertà interpretativa ininfluenzata.
Una nota: negli eroici anni novanta, per la precisione vent’anni fa, l’associazione Logopea organizzava, presso la Rete TV E.T. Television, una rubrica di cultura letteraria, intitolata per l’appunto Mnemòșine, durante la quale si presentavano volumi, si intervistavano scrittori, si discuteva di poesia e di teatro. L’appuntamento era settimanale, e si passò dai venti ai sessanta, agli ottanta minuti. La trasmissione contemplava anche lepidi o drammatici inserti teatrali, e si avvaleva degli allora studenti Mauro Milone, Marco Matarazzo, Fiorella Zullo, Sonja Aquino, Claudia Rossi, Dora Lombardo. Durò appena un anno, ma lasciò, a suo modo, il segno, grazie alla novità, alle orecchiabili musiche di sottofondo e alla sigla che onorava la grande Edith Piaf.
Per il nostro secondo Mnemòșine abbiamo scelto due formidabili poetesse, Annamaria Gargano e Giuseppina Luongo Bartolini: percorsi e stili differentissimi; unite dall’autoesilio e/o dalla damnatio memoriae degli irpini (critici e antologisti).
Una nota: negli eroici anni novanta, per la precisione vent’anni fa, l’associazione Logopea organizzava, presso la Rete TV E.T. Television, una rubrica di cultura letteraria, intitolata per l’appunto Mnemòșine, durante la quale si presentavano volumi, si intervistavano scrittori, si discuteva di poesia e di teatro. L’appuntamento era settimanale, e si passò dai venti ai sessanta, agli ottanta minuti. La trasmissione contemplava anche lepidi o drammatici inserti teatrali, e si avvaleva degli allora studenti Mauro Milone, Marco Matarazzo, Fiorella Zullo, Sonja Aquino, Claudia Rossi, Dora Lombardo. Durò appena un anno, ma lasciò, a suo modo, il segno, grazie alla novità, alle orecchiabili musiche di sottofondo e alla sigla che onorava la grande Edith Piaf.
Per il nostro secondo Mnemòșine abbiamo scelto due formidabili poetesse, Annamaria Gargano e Giuseppina Luongo Bartolini: percorsi e stili differentissimi; unite dall’autoesilio e/o dalla damnatio memoriae degli irpini (critici e antologisti).
ME NE ANDRÒ
Me ne andrò
senza lasciare
spazi vuoti
solo qualche graffio
sui vetri delle finestre
incrostati
di tempo
di sguardi affamati
di vita
svuotato
nella dispensa
anche
il barattolo
dei sogni
delle emozioni
delle paure
me ne andrò
in silenzio
nei rumori
del giorno appena nato
che già non mi appartiene
me ne andrò
tra sbattere di porte
voci che si chiamano
passi che vanno
verso la vita
che corre
sempre uguale
indifferente
al punto
cancellato
me ne andrò
guscio senza peso
indifferente
anch’io
al cerchio
che non mi trattiene
senza lasciare
spazi vuoti
solo qualche graffio
sui vetri delle finestre
incrostati
di tempo
di sguardi affamati
di vita
svuotato
nella dispensa
anche
il barattolo
dei sogni
delle emozioni
delle paure
me ne andrò
in silenzio
nei rumori
del giorno appena nato
che già non mi appartiene
me ne andrò
tra sbattere di porte
voci che si chiamano
passi che vanno
verso la vita
che corre
sempre uguale
indifferente
al punto
cancellato
me ne andrò
guscio senza peso
indifferente
anch’io
al cerchio
che non mi trattiene
*
AMATO DAGLI DEI CHI NEL SUO
SOGNO
Amato dagli Dei chi nel suo
sogno
profetico incontra i propri cari e
parla e ride e racconta a me senza
presente e libera dall’avvenire
che l’oscura selva la ruota celeste
fluttuante il raffinato danno nel
paradiso della solitudine nei vespri
la compagnia delle pie donne
colpite dal dolore unico dono la
misericordia del velo abbrunato la
negazione d’ogni colore o forma
menzognera del bene pendono tra
il fogliame dei ligustri i racemi
altre stagioni avranno fiori e frutta
a me la scarna nudità della visione
negli occhi senza ciglia il mero
disinganno di ogni fede in un
bicchiere ricolmo non saprò mai
d’acqua o d’assenzio.
profetico incontra i propri cari e
parla e ride e racconta a me senza
presente e libera dall’avvenire
che l’oscura selva la ruota celeste
fluttuante il raffinato danno nel
paradiso della solitudine nei vespri
la compagnia delle pie donne
colpite dal dolore unico dono la
misericordia del velo abbrunato la
negazione d’ogni colore o forma
menzognera del bene pendono tra
il fogliame dei ligustri i racemi
altre stagioni avranno fiori e frutta
a me la scarna nudità della visione
negli occhi senza ciglia il mero
disinganno di ogni fede in un
bicchiere ricolmo non saprò mai
d’acqua o d’assenzio.
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