LA NOVITÀ LIETOCOLLE DI CLAUDIA IANDOLO, POETESSA LUNARE
Mi convinco sempre di più che non
siamo noi a cercare la poesia, bensì è la poesia che raggiunge noi, e lo fa
quando la vita ci conduce il dolore, quello profondo, incontenibile. Esso, il
dolore, ci suggerisce le parole per dire quello che altrimenti non sapremmo
dire, ci fa osare per tentare di trovare risposte ai tanti perché. E la parola
si fa essenziale nella sua verità. Così in “Sororità”, l’ultima raccolta di
poesie, in ordine di tempo, della professoressa Claudia Iandolo, per i tipi di LietoColle.
La morte prematura di un’amica, Lina, induce l’autrice a dedicarle versi di
rara bellezza. “Non c’è niente di luttuoso”, però, scrive a ragione il critico
Giampiero Neri nella nota in prefazione. E così è. Sostenuta dalla teoria scientifica
dei quanti, Claudia immagina l’amica andare fluttuando “scanzonata e scalza per
un altro viaggio” (pag.22), ora che è “onda e corpo” (pag. 24), “in spazi di
energia”, fotone libero, nello spin del suo respiro (pag. 16), e corre
“l’infanzia delle stelle”. Quanta eleganza e quanta efficacia in quel
transitivo di “correre”! Dunque, Lina è elemento presente dell’universo. La sua
vita è parallela a quella delle stelle, ora, e il suo cammino continua in un
mondo altro. Uomo e cosmologia: la nuova visione della scienza moderna, che più
ci avvicina al divino.
La
plaquette si compone di 21 poesie, suddivise in cinque sezioni. Versi sciolti,
come il pensiero, che riflette e si domanda, senza alcun vincolo se non quello dell’intelligere,
“legere intus”, perché gli eventi non accadano invano, perché occorre cercare
la ragione delle cose. Nella seconda sezione ( pag.22), in tre terzine
ipermetri, di grande respiro poetico, Claudia interroga l’amica: ”di che luce
si veste il tuo respiro/… /di che respiro è fatta la tua luce/ora che spenta è
questa luce poca/ in cui ci dibattiamo come pesci di tonnara”. E ancora, nei
versi di pagina 24: ”ora che sei onda e corpo/ aspettaci agli arrivi/…/ mandaci
lune come perle da infilare/ e sogni che non franino al mattino/”. Sono,
queste, immagini di delicata “religio”, di un legame che è per sempre.
Si
respira freschezza nella rappresentazione vivida di Lina (pag.35): “non ti mancherà
il vento/ in questa vita altra/ dove arriveremo affannate/ affamate/ non ti
mancherà/ il vento/ spettinata come sei”. Sembra di vederla, Lina, di
conoscerla anche noi, nella quotidianità, con quel vento che la spettina e che
ora è diventato soffio che purifica, non più inquietudine esistenziale come in Quasimodo.
Qui il vento è respiro vitale, la ruah ebraica della Bibbia, lo pneuma di tanta
poesia greca classica. Il vento è la nuova energia che l’avvolge, “che porterà
in odore/ la luce di questi anni/ di sorelle che ti amammo” (pag.43). È lo
stesso vento che avvolge Margherita Porete, Giovanna d’Arco, Ipazia, Guglielma
di Boemia: “sorelle di anima semplice/ e corpi straziati/ tu accarezzale per
noi/ per questo tempo maledetto/ di paradisi rimandati” (pag.27). Quanto
struggimento in queste parole! Quanta vicinanza! Non poteva mancare Claudia di
fare riferimento a queste donne -sorelle le chiama- che hanno scontato
amaramente la pena per il coraggio delle loro idee. Neanche Lilith, simbolo
del femminile che non si assoggetta al maschile, poteva mancare della sua
attenzione. La evoca in una significativa lirica della plaquette.
È
qui la poetica di Claudia. L’aveva preannunciata fin dalla prima poesia (pag.15):
“le nostre madri/ in gonna da cartolina/ inventano figlie per non morire/…/ sorelle
di Medea.” Si dichiara ancora a pagina
36: ”stritolate nella storia dei padri/ nutrite nelle storie di madri/
sventrate/ infilate nei sacchi di spazzatura/ spazzatura noi stesse feroci
avvocati/ dei nostri aguzzini”. È la storia delle donne, in una società che le ha
volute a lungo relegate, addomesticate, in ruoli standardizzati, dai quali ci
si può riscattare solamente a caro prezzo, vivendo sempre, ieri come oggi, un
disagio altro. E continua, ancor più esplicita, a pagina 39: ”avremmo impastato
pane/ e figli maschi/ nel nome del padre/ per la pace del letto/”. Eppure, “il
mondo, lo sai,/ è quello che hai in testa” ella dice (pag. 41). Una vera perla
di saggezza, e di amarezza. Non vi è retorica. La poesia di Claudia è un unico
respiro, dalla prima all’ultima parola del libretto: né maiuscole -tranne che per
i nomi di persona- né segni di punteggiatura. È un continuum, senza
interruzioni, per dire del “non luogo” e delle “separatezze”, perché soltanto
la poesia può salvarci. È bellezza pura quest’opera, come nel conclusivo accorato
sussurro: ”soror/ mea soror/ mea”.
AGOSTINA SPAGNUOLO
CLAUDIA
IANDOLO SORORITÀ ED. LIETOCOLLE, 2014 – VARESE – PP 48 – EURO 13.00
sorella
di respiro
e libero arbitrio
dal tuo non luogo
alle mie separatezze
il mondo, lo sai,
è quello che hai in testa
e libero arbitrio
dal tuo non luogo
alle mie separatezze
il mondo, lo sai,
è quello che hai in testa
*
ma
le ragazze del sessantuno
non sapevano invecchiare
dal liceo al corso impennavi sulla Vespa
come su un cavallo
come a Roncisvalle
come in piazza del mercato vecchio
a Rouen
non sapevano invecchiare
dal liceo al corso impennavi sulla Vespa
come su un cavallo
come a Roncisvalle
come in piazza del mercato vecchio
a Rouen
*
avremmo
impastato pane
e figli maschi
nel nome del padre
per la pace del letto
ma tu
signora del gioco
volavi
sulla gravità delle madri
e figli maschi
nel nome del padre
per la pace del letto
ma tu
signora del gioco
volavi
sulla gravità delle madri
CLAUDIA
IANDOLO
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Claudia Iandolo |
Agostina Spagnuolo |
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