Τό
ερώτημα
Quaestio
Tre forti rappresentanti della poesia del sud,
partenopea nella fattispecie: Floriana Coppola, Mariastella Eisenberg, Ketti
Martino. A ciascuna di loro, ‘La Manticora’ di Logopea rivolge altrettante
domande:
Floriana Coppola |
Ketti Martino |
Mariastella Eisenberg |
D
1.
La
poesia ventriloqua dialoga (o monologa) in una sua precipua sospensione e tanto
può fornire chiavi interpretative quanto confondere (depistare) fra tangibile
ed invisibile, immaginabile e assurdo. Ha bisogno veramente del totem del senso
o si attesta –comunque– in una proliferazione di enigmi, di voci contraddittorie,
di intermittenze alogiche, di funambolici ardimenti metalinguistici (lo stile
che fa la grazia, l’incanto, lo sturbo e l’inquietudine, ma tutto sommato
stimola il piano emozionale)?
R. Coppola:
La poesia è un’arte
assolutamente dinamica, che gioca con una serie infinita di variabili. Ogni
ingrediente ha una sua risonanza emozionale, quando riesce a seguire un
percorso che funziona nell’ascolto, attraverso le vibrazioni della voce del
poeta. Le figure
retoriche permettono una speciale ripetizione fonica e un ritmo che durano il
tempo dell’esecuzione. Ogni assonanza e ogni allitterazione si intrecciano alle
immagini degli oggetti richiamati dalle parole e questa sinergia altamente
simbolica smuove chi scrive e chi legge, perché ogni catena verbale apre delle
porte interiori e svela cose non a tutti percepibili. Emozioni oppure
riflessioni che toccano la nostra esperienza più vera. Tale clamore interno fa
vibrare il corpo e la mente di chi declama e di chi ascolta. Le corde vocali,
la respirazione e il battito del cuore danno il ritmo corporeo alla parola. Creano
un suono che si materializza in un insieme di vibrazioni fisiche e psichiche
nel corpo. La parola poetica crea un’onda sonora/plurale che produce energia.
C’è nella poesia una concretezza emotiva indiscutibile, che si propaga quando è
letta e declamata. Non è però un esito scontato e prevedibile. Ogni parola,
quando è detta con la dovuta espressione, rimanda a una sequenza soggettiva di
immagini universali, ambigue e ambivalenti ma vere, autentiche per ognuno di
noi. In quest’eco profonda la poesia prende forza e diventa epifania umana,
ricerca di verità nascoste, desiderio incarnato di condivisione spirituale e
filosofica. “La poesia si
accontenta di vivere ai margini, da cui, esacerbata e lacera, in
rivolta perenne, urla le sue sconvenienti verità” dice Maria Zambrano. Attraverso la parola poetica si trasmette il segno di un’umanità capace di
riflettere e sentire, capace di resilienza: abitare il dolore, le ferite e le
cicatrici per trasformare ciò che si è subito in canto, in bellezza non solo
formale ma bellezza che evolve e fa evolvere. Arte performativa e
trasformativa, quindi.
Floriana
Coppola
R. Eisenberg:
La poesia si appropria del suo unico senso veritiero
in quanto attività dello spirito, continuamente mescolato (il senso) alla vita
da cui non è separabile al pari del linguaggio; il suo compito è -appunto-
incantare disturbare/perturbare inquietare stimolare, anche spaventare: è un
coachingemozionale.
Mariastella Eisenberg
R. Martino:
La
poesia è urgenza di scrivere, di trasferire il pensiero in una polifonia che è
il verso, ed è mediante i simboli, le parole, le figure, che i segni dell’anima
possono essere riconoscibili da ognuno come propri. Traslando, cioè, il reale
in una visione che non attiene solo al singolo poeta come individuo, la poesia
proclama la necessità d’instaurare un dialogo che non richiede un attingere al totem del senso tout court, bensì ad un
proprio patrimonio di sensibilità ed accoglienza.
Nell’incontro
con la poesia c’è, difatti, bisogno di ascolto, di apertura, di lasciarsi
invadere da quello che il testo provoca in noi. Tuttavia, nonostante sia
innegabile che ogni poeta possegga una sua mitologia, dei propri simboli, una
sua peculiare formazione d’immagini, la realtà della visione poetica non è mai
né soggettiva né oggettiva, ma sempre posta in essere dalla creazione stessa in
un sentire universale. Ne consegue, allora, che una poesia, molto simile a un
essere vivente, viaggi, inevitabilmente, fra il tangibile e l’invisibile,
immaginabile e l’assurdo quasi
in un dialogo caleidoscopico che può essere colto da orecchio e occhio
attenti. D’altronde, a volte, nemmeno il
poeta stesso riesce a comprendere profondamente tutti i significati della sua
poesia, non essendo affatto costruzioni razionali; ma, in fondo, la poesia è
poesia solo se non c’è possibilità di dire ciò che dice in modo diverso, tanto
che il senso della Poesia ha tanto in comune con
il misticismo, con l’inconosciuto, con ciò che può essere svelato solo in
quella modalità. Di qui le caratteristiche di una buona poesia: l’eternità e
l’universalità. “Il poeta ordina, unisce,
sceglie, inventa - e lui stesso non riesce a comprendere perché proprio così e
non altrimenti.” (Novalis)
Ketti Martino
D
2.
Un
commento a questo pensiero attribuito a Percy Bysshe Shelley: “La poesia è
l’atto che fa essere ciò che non è, e i poeti sono i misconosciuti legislatori
della realtà”.
R. Coppola:
Scrivo per cambiare rotta dentro di me. Ogni poesia è un movimento scritto
con il sangue, quando non vuole solo essere un mero esercizio masturbatorio, un
semplice gioco di parole accostate in modo originale ma vuoto e insulso. La
maggior parte dei poeti scrive degli uomini e dei loro sentimenti, dei demoni e
dei territori che li abitano. Legiferare sulla realtà mi sembra un obiettivo a
cui il buon senso ci induce a rinunciare. Sarebbe presuntuoso pensare di dichiarare
anche una sola possibile legge valida per gli altri. L’etimologia della parola
“legge” può essere riferita al significato di “lego” in greco “dire” e in
latino “ligare” cioè legare. Allora possiamo affermare che fare poesia è
inerente la costruzione originale e divergente di legami tra le parole e tra le
parole e gli uomini. Ogni parola è un laccio che unisce immagine e segno dentro
un codice condiviso.
Credo che l’unica azione possibile,
attraverso la parola detta e sottolineata con il verso (con la speciale
concatenazione ritmica della rima ormai prevalentemente interna) sia quella di
modificare un nostro stato d’animo, oppure una certa idea che si era
fossilizzata dentro.
Si tenta di modificare un’emozione, non certo l’universo. Le idee
appartengono ad una grande tela, che si miscela alle immagini e alle percezioni
sul mondo. Se è vero che esiste un immaginario collettivo che ci tiene
perennemente in contatto, allora quando un poeta cerca di trasformare un dato,
un evento, un’idea, una percezione, potrebbe avvenire un leggero microscopico
scivolamento psichico/culturale nell’altro che condivide e legge. Purtroppo
questa condivisione emotiva e valoriale può avvenire solo se la condivisione
dopo la lettura non è solo epidermica ma riflette una reale sintonia, una
capacità di stare in ascolto profondo con il nucleo più interno.
Floriana
Coppola
R. Eisenberg:
"...nella caverna
inesauribile / di miele / e / di fiele /del verbo / accantucciati / stiamo: /
che ci legga / qualcuno / speranza / di rinnovata vita." da Cantico nella
parola svelata.
Laddove non si pensa
ovviamente ad una vita individuale, ma alla "vita": i poeti vogliono
trasformare il mondo, anche se nessuno riconosce loro questo potere /
possibilità.
Secondo Breton, ed io mi
accodo, "non ci resta che dare alle nostre opere quel senso che vorremmo
che avessero le nostre azioni".
Ognuno combatte con le
armi che ha.
Mariastella Eisenberg
R. Martino:
Si
è molto dibattuto sul potere della poesia, e dell’arte tutta, di incidere sulla
realtà. Il potere dell’arte sta tutto, evidentemente, nella sua capacità di
trasmutazione, in quel viaggio nel segno, sulla carta, che ci può rendere
diversi, migliori, seppur portatori delle nostre infinite contraddizioni.
“Non
c’è altra verità che quella che si trasfigura in arte”, sosteneva Brodsky, e la
poesia, con la sua capacità di sollevarci dal quotidiano faticoso vivere, è
capace di distaccarsi dallo mero spazio mentale per presentarsi in altra forma.
Assegnando
alla poesia il ruolo, la funzione, di incunearsi nel sentire collettivo insieme
alla coscienza culturale, la si rende mezzo efficace di una rinascita, dello
sviluppo o della intensificazione di una cultura critica. La poesia non
sostituisce per questo la realtà, ma può renderla più sopportabile,
conoscibile, almeno in parte modificabile, nella misura in cui è in grado di
raggiungere la sensibilità delle persone che ne fruiscono.
Ketti Martino
D
3.
Una
dichiarazione sulla personale accensione della fiamma compositiva, il demone
angelico de l’Art poétique.
R. Coppola:
Ho altre volte parlato dello sguardo mancino della poesia, quella
necessità lirica che prende perché senti il bisogno di vivere doppiamente
un’esperienza, stressando il dato della realtà e giungendo a percepire un punto
di vista diverso, divergente e trasgressivo. La poesia, come dice Mario Luzi,
aggiunge vita alla vita. Opera una rivoluzione interiore, duplica ogni momento.
Scrivi e rivivi l’attimo, plachi scrivendo l’inquietudine che anima il giorno e
quella percezione tira con sé una catena di parole, disegna un’immagine e poi
un’altra. Non l’amore, l’odio, l’indignazione, la nostalgia, la malinconia, la
tristezza, la perdita, nessuno di questi sentimenti nella sua forma solo reale
e vissuta ma il sapore che li precede mi cattura e mi indica la direzione. Non
mi permetto di viverli solo nel qui e ora ma una parte di me esige la
mediazione della scrittura, la tentazione di metterli in forma. Il demone che
ti chiede di fermarli sulla pagina prima che scorrono via lontano, per
combattere la dimenticanza. Dare luce ad ogni crepa, riempiendo gli interstizi
con l’oro della parola.
Floriana Coppola
R. Eisenberg:
"Dolorosa euforia di
finimondo: / finalmente / cose del pensiero / e / oggetti della mente /non sono
una cosa mai / e / allora / borbotta / una lingua di meraviglia / in un
possibile altrove./ Necessaria la poesia al mondo." Inedito
Mariastella Eisenberg
R. Martino:
L’idea che il poeta sia ispirato dalle muse o da qualche demone
segreto o divinità è stata sempre presente in tutte le tradizioni culturali. La
funzione della poesia era quella di entrare in relazione con una zona
sconosciuta e oscura dell’uomo della quale il poeta poteva farsi
interprete/mediatore, e in ciò risiedeva, e ha continuato a risiedere per secoli,
gran parte del fascino e del mistero del poetare e della sua scintilla.
Personalmente
condivido questo sentimento, assumendo l’atto di scrivere quasi come
disvelamento di un “segreto”, quel segreto di cui ha parlato anche la Zambrano,
che dev’essere scritto per essere “fermato”, e che nulla ha, però, a che vedere
con l’inconscio o con il magico, bensì con il guardare la realtà oltre la realtà,
come in una costante, incessabile indagine fenomenologica.
Ciò
che muove l’attimo poetico, che accende la fiamma compositiva, implicando uno
stato di tensione e di “allerta”, urla sempre l’esigenza di essere detto, non
certo come frutto di casualità ma di un preciso intento conoscitivo,
indagatore. Questo, per garantire la permanenza di quel vasto ed inestimabile
patrimonio di vita, morte, amore, gioia, dolore, proprio dell’essere umano e di
ognuno di noi.
Ketti Martino
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