mercoledì 29 luglio 2015

LA SIGNIFICATIVA SVOLTA DI MONIA GAITA



PRESENTATO A CASTEL CARACCIOLO IL VOLUME “MADRE TERRA”





È per l’editore Passigli, nella collana fondata da Mario Luzi, che esce, fresco di stampa, il libro “Madre Terra” (di cui stiamo elaborando nostra recensione), il nuovo volume di versi firmato Monia Gaita. Un testo non semplice, con sottotracce di non immediata afferrabilità, che segna la decisa sterzata verso una cifra di alto conio da parte della poetessa nata ad Imola e da sempre irpina D.O.C. di Montefredane.
Castello Caracciolo, a Montefredane, denso di echi e di chiaroscuri rugginosi, lo storico sfondo che ha riunito, lunedi 13 luglio u.s., alle ore 18,00, scrittrice, prefatore e relatori, insieme ad un pubblico di poeti e di intellettuali (Giuseppe Vetromile, Cosimo Caputo, Raffaele Barbieri, Antonietta Gnerre,  Gennaro Iannarone, Alessandro Di Napoli, Davide Cuorvo, Melania Panico, Francesco Iannone, Vera Mocella, Marciano Casale, Vincenzo Fiore, Rosa Mannetta, il giornalista Luigi Pisano), ma anche di non addetti ai lavori, per la presentazione ufficiale della raccolta della C.E. fiorentina, con autori di rango nel catalogo.
Fiori e un provvidenziale, ossigenante venticello, hanno accolto e propiziato l’inizio dei lavori. A moderare, Gianni Festa (direttore de “Il quotidiano del sud”), decano dei migliori nostri giornalisti; relatori Davide Rondoni e Paolo Saggese, co-fondatore, con Peppino Iuliano (assente dalle scene di aggregazione poetica da un bel po’), del Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud.
Dopo i saluti del sindaco, architetto Valentino Tropeano, che ha annunciato la nomina di Monia Gaita a Presidente della locale pro loco, Davide Rondoni ha proluso, non mancando di far notare come lo spessore qualitativo di “Madre Terra” impegni la poetessa per un futuro in ascesa, che non può non mantenere e anzi superare il livello attuale raggiunto. Una luminosa eredità, dunque, da reggere su omeri tanto leggiadri quanto saldi e capaci.
Scrive Rondoni, un po’ provocatoriamente: “Dove metteranno i critici la poesia della Gaita, in quali schede del loro frastagliato, inutile dizionario? Tra le espressioni della poesia meridionale? Dell’espressionismo neo-barocco? La porranno vicino a voci di poetesse piú in voga, forse piú astute letterariamente ma meno maledette, cioè assolute? Da quelle posizioni la voce di Monia Gaita sfugge. Sta altrove, in quell’altrove che è difficile fissare e da cui, appunto, sorgono voci di donne cosí, che si mettono nelle penombre dell’alba e del vivente comune.”
Al di là di ogni ufficiale o spuria collocazione, Monia Gaita rivendica la sua legittima unicità nel linguaggio esteriore e nelle cifre e nei calibri sottotestuali. Un io, il suo, di centripeta umanità che include variabili pluridiscorsive, inclusa una innervata ‘cosalità’. Aspetto, quest’ultimo, che potrebbe, se non accostarla alla linea lombarda, renderla ad essa, per sottesa e organica disposizione, gradita.
Una fiammata di querelle tra divario, disparità e mancati riconoscimenti alla poesia del sud ha colorito la serata; del resto dimenticanze, urgenze di riscatto, gravi o veniali errori, roventi o serpeggianti denunce esplicite o mosse sotto sabbia emergono, tra frecciate salottiere o manifesto rotear di sciabole, in ogni dove intellettuale, sotto le più lontane, impensate latitudini. Ci viene in mente a tal riguardo, e citiamo hic et nunc non a sproposito l’aneddoto, risalente al 1992, che la poetessa statunitense Mona Van Duyn (71 primavere all’epoca), insignita del riconoscimento prestigioso di “poeta laureato” in quell’anno, ebbe modo di sfogarsi sostenendo: “Le donne sono state ignorate per anni nella poesia americana. Basti pensare che tradizionalmente nelle antologie vengono incluse le opere di 90 uomini contro quelle di una decina di scrittrici”.
Paolo Saggese e Davide Rondoni, ognuno fermo sulle rispettive posizioni (la damnatio memoriae a danno di grandi poeti meridionali, non inseriti nelle principali antologie, contro la negazione di codeste esclusioni) avevano già incrociato i fioretti all’epoca della presentazione del libro di Antonietta Gnerre (“I ricordi dovuti” Ediz. Progetto Cultura, 2015) presso il circolo della stampa ad Avellino; il moderatore Festa, ligio alla ‘deformazione’ professionale, non ha stornato il bisticcio (tollerato con aplomb dalla Gaita), creando occasione per una accalorata schermaglia, peraltro civile, proprio ai fini di offrire un sapido aceto al tenore dell’evento, che ha diviso gli astanti tra pro e contro.
Meglio concentrarsi sull’aggiornamento scolastico dei docenti di italiano, impreparati e svogliati (a parte le mosche bianche) nell’insegnamento bleso e claudicante della letteratura poetica del novecento, sulla messa in riga dei logori e ripetitivi programmi, come in extremis ha tentato di fare qualche mese fa (non è mai troppo tardi!) il liceo classico “Colletta”, in un rusticano approccio alle poetiche e ai versi di autori novecenteschi, non solo italiani, “altri” da Montale.
Interessante la testimonianza (non programmata in scaletta), ex abrupto, del giudice-poeta Gennaro Iannarone; intervento complementare con cui egli ha passato in rassegna stile e tendenza delle pubblicazioni della Gaita precedenti a “Madre Terra” (“Rimandi”, “Ferroluna”, “Chiave di volta”, “Puntasecca”, “Falsomagro”, “Moniaspina”). 
Ne riportiamo uno stralcio: “Ho conosciuto Monia in uno dei paesi meno poetici dell’Irpinia, una sera di dieci anni fa. Mi omaggiò del suo libro ‘Chiave di volta’. Quando lo lessi, vi trovai una lingua bella, veramente originale. Poi ci siamo consultati su un altro gruppo di poesie, ‘Falsomagro’, di cui ho curato la prefazione. Cosa voglio e posso dire di Monia Gaita? Il mio pensiero sincero è che la Monia di ora sia la Monia di ‘Chiave di volta’, rinnovata. Mi sembra che lei abbia compiuto un viaggio nelle galassie, come con l’altra sua raccolta ‘Puntasecca’, e sia quindi tornata da un viaggio negli spazi siderali, che le avevano ispirato ‘Falsomagro’. Rispetto all’astrattismo di ‘Falsomagro’, che in verità sembra una musica di parole, le sue prime sillogi di poesie ‘Ferroluna’, prima, e ‘Chiave di volta’, poi, sono diverse. C’è Montefredane in ‘Chiave di volta’, qui c’è ‘Al mio paese’. Cosí ‘a mia nonna Carmela’ di ‘Madre Terra’ fa riscontro ‘a nonno Vincenzo’ di ‘Chiave di volta’. Ma non sono venuto qui a parlare di ‘Chiave di volta’, ma dell’evoluzione poetica di Monia Gaita. Ognuno che scrive poesie ha una sua evoluzione, vedo qui tanti amici cari, miei e di Monia, non so cosa leggerò di loro in futuro, certamente bisogna cambiare, tentare sempre nuove vie di espressione, e questo Monia lo ha fatto, si è trasformata, ed anche per questo l’apprezziamo. Dopo aver compiuto il viaggio di ‘Falsomagro’, è tornata sulla terra. E come è tornata? È tornata con uno sguardo diverso, perché ora lei guarda di piú proprio la natura, osserva i fiori, le piante, gli insetti, ecco perché ‘Madre Terra’ è piú vicina ai semplici affetti terrestri, e Monia appare appunto una donna che si è rivisitata. Ha conservato un bel linguaggio, che, per quanto possa apparire un fastoso barocchismo, è rimasto soltanto in linee minime, ed ha invece calato il suo sguardo dal cielo alla terra, con una passionalità diversa da quella di dieci anni fa. Per me è anche frutto di una maturazione, questo libro di Monia, perciò si chiama ‘Madre Terra’, e non si chiama ‘Chiave di volta’. Mah, forse poteva essere quella la chiave di volta e questo è il punto di arrivo, ora, dell’umano, della sua umanità, che è molto al femminile. Con tutti i complimenti ai presenti, io credo di aver detto qualcosa di piú della tua storia di poetessa, perché la conosco piú degli altri. A conferma della mia interpretazione dei percorsi della tua poetica, intendo fare lettura di una sola poesia…‘A mio padre’…che forse dimostra piú di tutte le altre quanto tu ti sia riavvicinata, tornando dall’alto delle nuvole, con uno sguardo un po’ piú attento alla vita, al tuo paese, ai tuoi affetti, sebbene sia rimasta con un animo inquieto.”      
Sofia Santosuosso al piano ha intrattenuto gli astanti con la sua bella voce, mentre la Gaita ha letto alcuni suoi testi, tra gli applausi di un pubblico non distratto e non affogato in un atteggiamento d’occasione.

                                                                                        ARMANDO SAVERIANO




UN FRONTESPIZIO

Risali nel silenzio,
nella grafia d’arancio adolescente
del tramonto,
col dubbio
che esulcera il palato,
l’eucarestia d’un sempre
che si nega.
Un ettaro d’eterno
mi regali,
il fiero sangue
del tuo migrante fiume,
la fila di formiche forsennata
dell’attesa,
il frullo d’un abbraccio
sul ciglio del fossato.
Sei la frazione di stupore
che m’irriga,
la freccia infitta
al fianco dei secondi,
un frontespizio di menzogne
che s’irradia.

MONIA GAITA





La poetessa Monia Gaita
Intervento del poeta e scrittore
 Davide Rondoni













Intervento del Direttore de
"Il Quotidiano del Sud"
Intervento del Sindaco di Montefredane













Paolo Saggese del Centro di
Documentazione sulla Poesia del Sud
Da destra: Davide Cuorvo e
Davide Rondoni













Gennaro Iannarone con una copia
del libro
Parte del pubblico presente












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