Past, una collana che ripesca petits
chef-d’œuvres desolatamente isolati tra le polveri della dimenticanza, che
se ahinoi è inevitabile, assume sempre il retrogusto anidro/amaro del destino
ingiurioso. Dobbiamo ringraziare l’illuminata lungimiranza di due brillanti,
giovani protagonisti della scena culturale nei circuiti della regione Pontina, Max Condreas e Simone Lucciola, già da anni al timone della fortunata rivista
letteraria trimestrale deComporre, che ha di merito
travalicato i laziali confini. “Past”, nell’elegante veste editoriale che tien
conto della natura di livre de poche,
ci sottopone “Disjecta”, una
raccolta interessantissima di versi e di note in prosa di Igino Ugo Tarchetti
(1841/1869) esponente degli strascichi neoromantici che in parte sarebbero
confluiti nella Scapigliatura.
“Virtù d’eterno amore/Nell’ellera si asconde…//O padre mio, una voce mi
dice/E mi suona nell’anima commossa/Che tu sei morto e non fosti felice!//Oggi
di negro umor mi son svegliato/Esco di casa, e lunghesso la via/Due demoni
cavalcanmi dallato/Il mal d’amore e la malinconia//Quando bacio il tuo labbro
profumato,/Cara fanciulla, non posso obbliare/che un bianco teschio vi è sotto
celato…” (da L’Ellera, Nel dì dei morti, Memento)
Simone Lucciola, che ritrae
artisticamente l’autore di Disjecta in copertina di liquidissimo noir, è stato
già l’artefice della ricostruzione, a fumetti, delle vicende sbalestrate,
tristi, vibranti di libertà e di affascinante/letale anticonformismo, un po’
per scelta, un po’ per malattia, dell’imprevedibile (con)dannato Dino Campana;
un’iniziativa che era certo una sfida per l’ambiente scolastico, che fa
studiare poco e male il Novecento, e salta a pie’ pari Caproni, Scotellaro,
Alfonso Gatto, Amelia Rosselli e una pletora di poeti e scrittori
imprescindibili. Ma il libriccino è piaciuto, ha venduto, è circolato tra i
banchi del liceo. Il pamphlet venne presentato da Logopea, ad Avellino, con lectio
magistralis di Caterina Vesta, ordinaria di lettere illo tempore laureata con una apprezzatissima tesi sul poeta
discettato.
Ugual sorte diffusiva e
benaccòlta auguriamo a Disjecta (il volumetto comprende i baudelairiani Canti del cuore, poemetti in prosa
atipici, acri e suggestionanti) che propone una rilettura arricchente e
disvelante dell’animo turbinoso, nembaceo e marmorato del giovane Ugo,
insofferente alla disciplina militare, anticonformista per eccellenza, che amò,
bruciò ideali e furori, fu incompreso, subì forte l’urto della sconfitta,
conobbe il riscatto, soffrì di febbri rabbiose e di lancinanti dubbi, prima di
uscire di scena precocemente, allorché prevalsero i gangli del tifo. Contro la
tradizione manzoniana, oppose volta per volta spennellature dal naturalismo
francese, spigolature umoristiche alla Sterne, una rasposa influenza del
Romanticismo tedesco.
Ma ci ha lasciato “Fosca”, romanzo di formidabile cupezza
erotica, un insolito gotico dell’animo, che ci ha regalato l’atipico personaggio
di una ragazza toccata dalle sfortune di un aspetto fisico respingente, di una
salute in disfacimento progressivo, la quale per malìa compensativa di fascino
e carisma (quasi – è stato detto – vampirico) seduce fino alla consunzione
un giovane, aitante ufficiale (Bernard Giraudeau), strappandolo a una
sfolgorante rivale che (per povertà di spirito, vuotezza, banalità) giocoforza
non può competere con l’altra. Afrodite sconfitta da Aracne, ripugnante maestra
della tela vilupposa. “Fosca” convinse Ettore
Scola a trarne un crepuscolare film (con la collaborazione alla
sceneggiatura di Ruggero Maccari) che lanciò la singolare Valeria D’Obici,
grandiosa nel difficoltoso ruolo (contrapposto a quello della carnale, burrosa
Laura Antonelli negli anni di massimo fulgore), ribattezzandolo “Passione
d’amore”.
“Disjecta” si avvale
dell’incistosa, elegante firma introduttiva di Francesco Muzzioli, il
quale sottolinea la problematicità dalle tinte nichilistico leopardiane dei
sentimenti dell’io poetante giovanile, che si tradurrà ben presto nel dualismo
degli opposti, nelle contorsioni sbilanciate del grottesco e del neurale, in
una frammentazione pervasiva di non ritorno, di fronte ai cicli au contraire ripetibili di un cerchio
che esclude l’uomo, nel tempo e nell’età.
Armando Saveriano
Vorrei saper quanti baci fur dati
Dal dì che i baci furono inventati:
Baci di vecchie e di guance grinzose,
Baci di dame e di volti di rose,
Baci di bocche insipide e sdentate,
Baci d’amore e di labbra infuocate,
Timidi baci e baci di fanciulla,
Baci di bimba che sanno di nulla,
Baci lunghi, colpevoli e innocenti;
E doppi baci e baci lunghi ardenti,
Baci di fiori, di frondi e di sole,
Fetidi baci e baci di viole…
Vorrei saper quanti ne fur scambiati
E a te, fanciulla, averli io tutti dati.
Iginio Ugo Tarchetti
Iginio
Ugo Tarchetti DISJECTA - deCOMPORRE
Edizioni, Gaeta 2013 Pag. 90 Euro 10.00
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