giovedì 19 giugno 2014

L’ELLERA E IL MEMENTO - Fervori, insoffribilità e polemica di un protagonista che affiancò Boito e Praga

Past, una collana che ripesca petits chef-d’œuvres desolatamente isolati tra le polveri della dimenticanza, che se ahinoi è inevitabile, assume sempre il retrogusto anidro/amaro del destino ingiurioso. Dobbiamo ringraziare l’illuminata lungimiranza di due brillanti, giovani protagonisti della scena culturale nei circuiti della regione Pontina, Max Condreas e Simone Lucciola, già da anni al timone della fortunata rivista letteraria trimestrale deComporre, che ha di merito travalicato i laziali confini. “Past”, nell’elegante veste editoriale che tien conto della natura di livre de poche, ci sottopone “Disjecta”, una raccolta interessantissima di versi e di note in prosa di Igino Ugo Tarchetti (1841/1869) esponente degli strascichi neoromantici che in parte sarebbero confluiti nella Scapigliatura.
“Virtù d’eterno amore/Nell’ellera si asconde…//O padre mio, una voce mi dice/E mi suona nell’anima commossa/Che tu sei morto e non fosti felice!//Oggi di negro umor mi son svegliato/Esco di casa, e lunghesso la via/Due demoni cavalcanmi dallato/Il mal d’amore e la malinconia//Quando bacio il tuo labbro profumato,/Cara fanciulla, non posso obbliare/che un bianco teschio vi è sotto celato…” (da L’Ellera, Nel dì dei morti, Memento)
Simone Lucciola, che ritrae artisticamente l’autore di Disjecta in copertina di liquidissimo noir, è stato già l’artefice della ricostruzione, a fumetti, delle vicende sbalestrate, tristi, vibranti di libertà e di affascinante/letale anticonformismo, un po’ per scelta, un po’ per malattia, dell’imprevedibile (con)dannato Dino Campana; un’iniziativa che era certo una sfida per l’ambiente scolastico, che fa studiare poco e male il Novecento, e salta a pie’ pari Caproni, Scotellaro, Alfonso Gatto, Amelia Rosselli e una pletora di poeti e scrittori imprescindibili. Ma il libriccino è piaciuto, ha venduto, è circolato tra i banchi del liceo. Il pamphlet venne presentato da Logopea, ad Avellino, con lectio magistralis di Caterina Vesta, ordinaria di lettere illo tempore laureata con una apprezzatissima tesi sul poeta discettato.
Ugual sorte diffusiva e benaccòlta auguriamo a Disjecta (il volumetto comprende i baudelairiani Canti del cuore, poemetti in prosa atipici, acri e suggestionanti) che propone una rilettura arricchente e disvelante dell’animo turbinoso, nembaceo e marmorato del giovane Ugo, insofferente alla disciplina militare, anticonformista per eccellenza, che amò, bruciò ideali e furori, fu incompreso, subì forte l’urto della sconfitta, conobbe il riscatto, soffrì di febbri rabbiose e di lancinanti dubbi, prima di uscire di scena precocemente, allorché prevalsero i gangli del tifo. Contro la tradizione manzoniana, oppose volta per volta spennellature dal naturalismo francese, spigolature umoristiche alla Sterne, una rasposa influenza del Romanticismo tedesco.
Ma ci ha lasciato “Fosca”, romanzo di formidabile cupezza erotica, un insolito gotico dell’animo, che ci ha regalato l’atipico personaggio di una ragazza toccata dalle sfortune di un aspetto fisico respingente, di una salute in disfacimento progressivo, la quale per malìa compensativa di fascino e carisma (quasi – è stato detto –  vampirico) seduce fino alla consunzione un giovane, aitante ufficiale (Bernard Giraudeau), strappandolo a una sfolgorante rivale che (per povertà di spirito, vuotezza, banalità) giocoforza non può competere con l’altra. Afrodite sconfitta da Aracne, ripugnante maestra della tela vilupposa. “Fosca” convinse Ettore Scola a trarne un crepuscolare film (con la collaborazione alla sceneggiatura di Ruggero Maccari) che lanciò la singolare Valeria D’Obici, grandiosa nel difficoltoso ruolo (contrapposto a quello della carnale, burrosa Laura Antonelli negli anni di massimo fulgore), ribattezzandolo “Passione d’amore”.
“Disjecta” si avvale dell’incistosa, elegante firma introduttiva di Francesco Muzzioli, il quale sottolinea la problematicità dalle tinte nichilistico leopardiane dei sentimenti dell’io poetante giovanile, che si tradurrà ben presto nel dualismo degli opposti, nelle contorsioni sbilanciate del grottesco e del neurale, in una frammentazione pervasiva di non ritorno, di fronte ai cicli au contraire ripetibili di un cerchio che esclude l’uomo, nel tempo e nell’età.
                                                                                                       
Armando Saveriano


Vorrei saper quanti baci fur dati
Dal dì che i baci furono inventati:
Baci di vecchie e di guance grinzose,
Baci di dame e di volti di rose,
Baci di bocche insipide e sdentate,
Baci d’amore e di labbra infuocate,
Timidi baci e baci di fanciulla,
Baci di bimba che sanno di nulla,
Baci lunghi, colpevoli e innocenti;
E doppi baci e baci lunghi ardenti,
Baci di fiori, di frondi e di sole,
Fetidi baci e baci di viole…
Vorrei saper quanti ne fur scambiati
E a te, fanciulla, averli io tutti dati.

Iginio Ugo Tarchetti


Iginio Ugo Tarchetti  DISJECTA - deCOMPORRE Edizioni, Gaeta 2013  Pag. 90  Euro 10.00

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