Alieno
al suo stesso mondo, sempre più incomprensibile e contraddittorio.
Extraneus : fuori degli schemi, lontano dalle regole. Faber
di mille orizzonti ampliati e pedina, suo malgrado, di forze
metafisiche che lo aggiogano a quello che chiamiamo destino.
In qualche modo invano: e grazie alla curiositas atavica, allo
spirito indipendente che lo stimola e lo spinge a valicare tutte le
possibili Colonne d’Ercole, creatura creatrice dello
stesso Dio e degli stessi Demoni cui si raccomanda e che maledice.
Attento osservatore, oltre che pioniere. Ecco l’uomo di Raffaele
Stella, che stigmatizza, annota, irride, compatisce, condanna e
perdona gli effetti dell’insita sua dualità: male/bene,
sfida/rinuncia, temerarietà/pavidità, ingenuità/malizia,
innocenza/libidine, egocentrismo/martirio, avidità/morigeratezza,
amore/odio, vendetta/perdono.
Diviso
in due sezioni (poiché ripropone il corpus di “Rette e
Parallele”), il volume edito da Tracce è denso di richiami alla
coscienza, all’io collettivo, e generoso di rimandi eruditi, che lo
accostano al respiro dell’obbrobriosamente dimenticato Aristide
La Rocca, a quello di Ugo Piscopo, Antonio Spagnuolo,
Ciro Vitiello, Armando Saveriano. Ma grande è
l’amore per Montale, di cui si avverte la pregnanza
formativa nella maggior parte dei bellissimi testi. Il poeta è se
stesso più una pluralità di anime, in cui si ficca e che a loro
volta lo hanno intruso. Fra tanta (troppa) nullesia,
termine acconcio mediato da Celan, Stella emerge con grazia e
con protervia (e sembra un ossimoro!) accanto a pochi nomi – e mi
limito hic et nunc a citare i giovani di futuro – : Simone
Lucciola, geniaccio ubiquo di “deComporre”, Max
(“Saguaro”) Condreas, Ettore Pastena, i
“logopeani” Costantino Pacilio, Giovanni Nazzaro, Gerardo
Iandoli, compreso, per amor di giustizia, l’ex pupillo di
Armando Saveriano, l’ingrato transfuga anaffettivo e taciturno
Salvatore Iermano, Flavia Balsamo, Domenico Cassese,
Raffaele Liguoro, Melania Panico (da non confondere con la
nullesiante Scarpa, vittima di una Donna Prassede, una mamma
drago, capace di offuscare il mitico personaggio interpretato da Anna
Magnani nel film “Bellissima”), Ambra Simeone, Ivan
Pozzoni, l’irraggiungibile, lunare Vanina Zaccaria.
Raffaele Stella si staglia con personalità prismatica, conia un
verso poderoso eppure fluido, armonioso, che taglia, scava e
accarezza, che ricava sangue, passione e musica dallo strettissimo
connubio fra pensiero e sentimento, amalgama di concetto e ars
immaginativa. C’è tutto, in questa poesia.
L’appartenenza
a una terra difficile, ossosa eppure ubertosa, locus di sismìe,
una terra che si fa prendere, ma può brutalmente togliere,
vita compresa; l’introspezione lucida che non allevia, né si fa
reticente nel confessare; la disamina dei temi esistenziali, dalla
solitudine alla disidentità, dalla disappartenenza allo slancio
frustrato della condivisione. E molta ironia, non di rado mordace
sarcasmo, bizzarra, anticonformista, beffarda, inaspettatamente
pietosa e dunque catartica: spugna che assorbe disfunzionalità,
brutture, ma logicamente non le cancella. Non può.
L’uomo
di Stella arriva fino all’orlo del baratro; il terreno gli smotta
sotto le suole, ciò malgrado egli mantiene l’equilibrio precario,
si sporge a guardare e fissa arditamente l’occhio dell’abisso che
vortica ipnotico per reclamarne la resa. Ma è un attimo: l’homo
Stellae o (sempre in maccheronico latino) lo Stellatus homo,
trova parte di sé, l’imbriglia, ne ridiventa padrone. Riesce a
drizzare la schiena e a rieticizzare lo spirito, determinato a
proseguire un viaggio senza approdo, consapevole che i riti di
passaggio, come gli esami di Eduardo, non finiscono mai.
Sabato
29 marzo c.a. il sindaco di Montefredane, l’arch. Valentino
Tropeano, ha accolto con affabilità il poeta autore di
“Straniero nel mondo”, Raffaele Stella, che ha inaugurato
l’edizione 2014 della rassegna “LIBRAZIONI” , a cura
della ultratrentennale associazione irpina Logopea.
Le
relazioni dei critici Claudia Iandolo (la migliore poetessa
irpina in assoluto, romanziera e tellurica attrice) e di Armando
Saveriano (fondatore e presidente di Logopea) sono state –com’è
lecito aspettarsi– complementari. Il suono crudo del sax del
giovane M° Carlo Montano, iconico e perfetto nella mise
noir rouge, ha accompagnato e magnificato la prima tranche del
récital di Mena Matarazzo, Michele Amodeo, Antonio
Mazzocca e Alex Saveriano, interpreti profondi e sensibili
delle poetiche di Stella. Domande intriganti sono state rivolte, in
chiusura, al protagonista della serata, a cui ha fatto eco
l’intervento di Maria Nunzia Masullo, unica poetessa
presente nel pubblico, a parte Mona Gaita, musa sexy di
Montefredane, organizzatrice di eventi con l’inseparabile
Antonietta Gnerre, volitiva e ambiziosissima.
Latitanti
i numerosi poeti invitati ad ampissimo ventaglio da Raffaele Stella e
da Logopea, trattenuti da inderogabili impegni familiari,
strategicamente influenzati, o impegnati in rilassanti passeggiate
urbane con shopping per optional. Si sa, i poeti sono narcisisti,
egòlatri, non si leggono fra di loro, allevano con meticoloso
scrupolo un’invidia reciproca, una retrattile malevolenza,
ingannevolmente morbida come il pelo del gatto domestico o serica
seta da laccio dei Thugs. Due escamotages funzionano per
adescarli e ottenerne la preziosa (…) affluenza, l’illustre
(sic!) compiacenza: coinvolgerli in prima persona in un reading
ammorbante (leggono con la comprensibilità di un profuga da
Babele) o far scintillare lo specchietto per allodole della presenza
di un’autorità in campo nazionale/internazionale, alla quale
sottoporre all’ingrosso quintali di brutti libretti, sciacque
plaquettes, scritturacce inedite e via discorrendo. Tutt’al più
ottenere almeno un autografo da tatuare in fronte, da incorniciare
nel museo delle caccavelle premiste (diplomi, targhe,
medaglie, trofei di plastica gialla traballanti sui piedistalli di
pietra).
Poverini,
ingordi di coonestazione del relativo prodotto buono per il secchio
dell’immondizia! Ignorano che a far viaggiare nel tempo un’opera
è esclusivamente la sua validità. A nulla servono lascive servitù,
effimere alleanze, contrattini di convenienza, corse affannate,
complotti di cortile, tutti i più imprevedibili mercati.
Verlaine e Rimbaud
si attestano pietre miliari, colonne portanti nelle stanze aeree
della letteratura D.O.C., a differenza dei tanti e tanto eccitati
contemporanei loro, zelanti galoppini, inamidati manichini,
cacciottielli di status, onori e allori, tumulati in massa in
un doveroso oblio roccioso. Bolle di sapone. Supponenze candidate al
nulla. E nulla si sa più, da lungo tempo, di costoro. Eppure sono
esistiti, labili e fastidiosi come moscerini, chiassosi come cicale,
burbanzosi e goffi come porcellini di S. Antonio.
Nulla
si sa più di loro, donna Prassede. E non è affatto una perdita.
LOGOPEA
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